Collegati con noi

Esteri

In Libano è guerra, raid di Israele e oltre 350 morti

Pubblicato

del

La temuta escalation sul fronte nord di Israele è arrivata, accompagnata da massicci bombardamenti, forse preludio di un’incursione terrestre. L’Idf ha aumentato la pressione su Hezbollah colpendo almeno “1.100 obiettivi” della milizia filoiraniana tra la valle della Bekaa e il sud del Libano e, stando al governo libanese, uccidendo oltre 350 persone, tra cui 24 bambini.

Lo Stato ebraico ha condotto anche un nuovo “raid mirato” sulla periferia sud di Beirut, il quarto dall’inizio della parallela guerra a Gaza e il secondo in appena tre giorni: questa volta l’obiettivo era Ali Karaki, comandante del fronte meridionale – appena nominato – e numero 3 di Hezbollah, la cui sorte non è ancora chiara. Dal canto loro, i miliziani filoiraniani hanno lanciato sul nord di Israele circa 180 razzi, alcuni dei quali a lungo raggio arrivati fino in Cisgiordania, a oltre 100 km dal confine libanese, caduti anche su villaggi palestinesi. Per tutto il giorno le sirene hanno risuonato ad Haifa e dintorni, dove le scuole rimarranno chiuse almeno nella giornata di domani.

In un inedito video messaggio ai cittadini libanesi, il premier Benyamin Netanyahu ha esortato la popolazione civile ad “allontanarsi dalle zone degli attacchi”: “Questa guerra non è contro di voi ma contro Hezbollah”, ha assicurato, mentre i media internazionali già mostravano le immagini di lunghe file di auto e centinaia di famiglia in fuga dalle aree colpite. “Per troppo tempo Hezbollah vi ha usato come scudi umani – ha aggiunto -, ha piazzato razzi nei vostri salotti e missili nei vostri garage. Queste armi sono dirette verso le nostre città. Per difendere il nostro popolo dagli attacchi di Hezbollah, dobbiamo neutralizzarle”. Poco prima, dal bunker di Kirya, il quartier generale della Difesa a Tel Aviv, aveva avvertito: “Non aspettiamo la minaccia, la preveniamo”.

L’obiettivo dichiarato di Israele è eliminare le basi di lancio, le infrastrutture e le scorte di razzi e missili di Hezbollah, riducendo gli attacchi dal Libano e consentire il ritorno degli sfollati nel nord del Paese. Ma per il premier libanese Najib Mikati quella di Israele è “una guerra di sterminio” contro il suo popolo. Secondo il ministero della Sanità di Beirut, oltre alle centinaia di vittime, in meno di una settimana si contano circa 5.000 feriti dagli attacchi israeliani, comprese le esplosioni simultanee dei dispositivi wireless in dotazione ai miliziani. “Stiamo lavorando per fermare la nuova guerra israeliana ed evitare il più possibile di cadere nell’ignoto”, ha detto Mikati, invocando “sforzi internazionali collettivi per fare pressione su Israele”. Il presidente americano Joe Biden ha riferito di essere “in contatto con le controparti” per “lavorare a una de-escalation”, che però a questo punto appare sempre più lontana.

L’Iran, che sostiene e arma Hezbollah, ha bollato come “folli” i raid israeliani in Libano, minacciando “conseguenze pericolose della nuova avventura dei sionisti”. Dal Palazzo di Vetro, dove si trova per l’Assemblea generale dell’Onu, il presidente Masoud Pezeshkian ha negato che Teheran voglia destabilizzare la regione e ha puntato il dito contro Israele che, al contrario, “vuole allargare il conflitto”. “Sappiamo meglio di chiunque altro che se scoppiasse una guerra più grande in Medio Oriente, non gioverebbe a nessuno nel mondo”, ha ammonito. L’Iraq ha chiesto una riunione urgente dei Paesi arabi a margine dell’Assemblea per “fermare” lo Stato ebraico, mentre l’Egitto ha sollecitato un intervento del Consiglio di Sicurezza. Intanto Israele continua a decimare la leadership di Hezbollah. “Hassan Nasrallah è rimasto solo al vertice”, ha esultato il ministro della Difesa Yoav Gallant, lasciando intendere di ritenere Ali Karaki morto nell’attacco mirato a Beirut (mentre secondo fonti saudite sarebbe rimasto solo ferito): “Intere unità della Forza Radwan sono state messe fuori servizio e decine di migliaia di razzi sono stati distrutti”, ha rivendicato Gallant. Appena venerdì scorso, in un altro raid sulla periferia meridionale della capitale libanese, l’Idf aveva infatti eliminato il capo militare della forza d’élite di Hezbollah, Ibrahim Aqil, dopo l’uccisione a luglio di Fuad Shukr. Come questi ultimi due anche Karaki, faceva già parte del Consiglio della Jihad, il massimo organo militare del Partito di Dio.

Advertisement

Esteri

Pakistan, uccisi almeno 15 militanti talebani nel nord-ovest

Pubblicato

del

Le forze della sicurezza pachistane hanno ucciso 15 combattenti appartenenti al Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp) in tre distinte operazioni nella provincia nord-occidentale del Khyber Pakhtunkhwa (Kp). Lo rendono noto i militari, precisando che le operazioni sono state condotte nel distretto di Karak, nel Waziristan settentrionale ed in quello meridionale. Armi e munizioni sono state recuperate dai combattenti uccisi, che, secondo le stesse fonti, erano coinvolti in numerose attività terroristiche.

Continua a leggere

Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

Pubblicato

del

Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

Continua a leggere

Esteri

L’Estonia dissequestra una petroliera della flotta ombra russa

Pubblicato

del

Le autorità portuali estoni hanno rilasciato oggi la petroliera Kiwala appartenente alla cosiddetta flotta ombra russa sequestrata due settimane fa nel golfo di Finlandia dopo aver constatato la presenza di oltre 40 infrazioni alla normativa sulla navigazione dell’Estonia. Lo comunica il ministero dei Trasporti estone. Secondo quanto comunicato dalle autorità estoni, la nave è stata dissequestrata in seguito alla risoluzione di tutte le infrazioni rilevate. La petroliera era già stata sottoposta a sanzioni da parte dell’Unione europea, del Canada, della Svizzera e del Regno unito.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto