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Economia

Toh, Tavares dice che senza sussidi Stellantis a rischio in Italia

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Arriva l’atteso piano di incentivi alla domanda di auto elettriche, ma tra Stellantis e il governo i toni rimangono accesi dopo le polemiche delle ultime settimane. L’attacco questa volta arriva dall’amministratore delegato Carlos Tavares: l”Italia – dice il manager all’agenzia Bloomberg – dovrebbe fare di più per proteggere i suoi posti di lavoro nel settore automobilistico anziché attaccare Stellantis per il fatto che produce meno nel nostro Paese. “Si tratta di un capro espiatorio nel tentativo di evitare di assumersi la responsabilità per il fatto che se non si danno sussidi per l’acquisto di veicoli elettrici, si mettono a rischio gli impianti in l’Italia”, osserva Tavares. Le dichiarazioni colgono di sorpresa il governo.

La replica arriva dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. “Se Tavares o altri ritengono che l’Italia debba fare come la Francia, che recentemente ha aumentato il proprio capitale sociale all’interno dell’azionariato di Stellantis, ce lo chiedano”, afferma il ministro dopo il tavolo automotive convocato per illustrare il nuovo piano di incentivi da 950 milioni di euro. Una provocazione quella del ministro perché il governo non avrebbe alcuna intenzione di entrare davvero nell’azionariato di Stellantis, ma, d’altra parte, neppure da parte di Exor è stata mai ventilata l’ipotesi di cedere quote (oggi la holding degli Agnelli è il principale azionista della casa italo francese con il 14,2%). L’ipotesi piace però alla segretaria del Pd Elly Schlein. “Tavares ha lanciato una sfida, il governo la raccolga e non faccia cadere la provocazione dell’ad di Stellantis. Si prenda sul serio l’ipotesi di una partecipazione italiana a Stellantis che bilanci quella francese”.

Anche il leader del M5S Giuseppe Conte l’apprezza e chiede al ministro Urso di “non fare solo chiacchiere e di trattare l’ingresso dello Stato in Stellantis”. Le parole di Tavares, che indica in Mirafiori dove viene prodotta la 500 elettrica e Pomigliano le fabbriche italiane i cui posti di lavoro sono più a rischio, preoccupano i sindacati. “Non si possono dare soldi pubblici senza garanzie: ora risposte al Paese. Chiediamo alla presidente del Consiglio un incontro urgente con l’amministratore delegato e le organizzazioni sindacali per garantire la produzione e l’occupazione nel nostro Paese” afferma l segretario generale Fiom-Cgil, Michele De Palma. Anche per il segretario generale della Uil Campania, Giovanni Sgambati, “le dichiarazioni di Tavares non rassicurano le realtà del Mezzogiorno, e soprattutto Pomigliano.

Urso spiega che il 2024 sarà un anno sperimentale per gli incentivi: si dovrà verificare il funzionamento ed eventualmente procedere con una loro revisione. Se l’obiettivo dell’aumento della produzione di auto nel nostro Paese non verrà raggiunto – dice il ministro – dal prossimo anno le risorse del fondo automotive saranno indirizzate non più a incentivare i consumi, ma a sviluppare nuovi investimenti produttivi nel nostro Paese, anche di riconversione produttiva, e una seconda casa automobilistica in Italia”. Il mercato italiano ha iniziato il 2024 con un dato positivo: a gennaio sono state immatricolate 141.946 auto, il 10,61% in più dello stesso mese del 2023. Tutta la filiera chiede che si faccia in fretta a renderli operativi perché l’attesa potrebbe creare un blocco del mercato.

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Economia

Confindustria al passaggio di consegne Bonomi-Orsini

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Passaggio di consegne in Confindustria. Giovedì, con il voto in assemblea, gli industriali sono chiamati ad eleggere Emanuele Orsini presidente di Confindustria per i prossimi quattro anni. Ha di fronte sfide esterne, in uno scenario dell’economia e delle relazioni industriali con molti fronti aperti, ed interne nel sistema di rappresentanza degli industriali dove sembra prospettarsi una nuova stagione di forti cambiamenti. E’ stata letta in questo senso l’accelerazione nell’indicare la scelta per il prossimo direttore generale, Maurizio Tarquini: arriva da Unindustria ed è considerato un profondo conoscitore della ‘macchina’, un sistema complesso. Dopo polemiche e veleni nei mesi della campagna elettorale, per Orsini la prima prova è stata quella di lasciarsi subito alle spalle quel clima, ricomporre le fratture anche con un segnale chiaro nel nominare la squadra dei vicepresidenti lo scorso 18 aprile: gli è stato riconosciuto di aver guardato a competenze e qualità. A ripercorrere gli ultimi quattro anni il dossier del passaggio di consegne è ampio.

Carlo Bonomi lascia via dell’Astronomia dopo sfide di cui resterà traccia nei libri di storia. E’ stato designato il 4 aprile 2020, in videoconferenza: quel giorno alla riunione in via dell’Astronomia erano fisicamente presenti solo il presidente uscente Vincenzo Boccia, l’allora direttrice generale Marcella Panucci, i due candidati. L’Italia era nel buio di una incognita che faceva paura, il Covid: una sfide dura e inedita anche per le imprese, come per il protocollo per la sicurezza, che ha poi fatto scuola in altri Paesi, ma anche per garantire il traffico delle merci, e più avanti per superare il blocco dei licenziamenti con l’impegno degli industriali a sostenere una fase di rilancio anche per l’occupazione. Arrivano anche la crisi dell’approvvigionamento di materie prime, l’emergenza dell’energia, le guerre.

C’era il rischio che le continue emergenze soffocassero ogni prospettiva di più ampio respiro. Sono stati invece cercati anche momenti ‘alti’, come per le ultime due assemblee pubbliche degli industriali: una in udienza dal Papa, l’altra incentrata sull’intervento dal palco del Presidente della Repubblica, non era mai accaduto prima. Se chi lo conosce bene dovesse pensare ad un rammarico, al termine di questi quattro anni, probabilmente bisogna ricordare il 29 settembre del 2020, la sua prima assemblea pubblica da leader di Confindustria: Carlo Bonomi chiede una “visione alta e lungimirante”, un “nuovo grande patto per l’Italia”. Trova la sponda in Mario Draghi ma il confronto tra parti sociali resta arenato sulle divisioni tra sindacati. Le condizioni c’erano. Sul fronte delle relazioni industriali è una stagione in cui, per esempio, Confindustria ha garantito puntualmente il rinnovo dei contratti. Intanto al Governo si sono avvicendati tre interlocutori molto diversi: Giuseppe Conte, Mario Draghi, Giorgia Meloni.

E’ stato il terreno di confronto per battaglie come il taglio dell’Irap e del cuneo fiscale. Dietro le quinte, un ampio lavoro interno di riorganizzazione e di riequilibrio della gestione economica di Confindustria, anche per le partecipate: ne è un esempio il percorso di rilancio del gruppo 24 ore. Dopo lo scoppio della guerra Carlo Bonomi arriva a Kiev, apre una sede, uno sportello per le imprese. E’ un tassello del percorso di spinta all’internazionalizzazione fortemente voluto da Bonomi che chiama in via dell’Astronomia l’Ambasciatore Raffaele Langella, attuale dg. Si rafforza il rapporto con le altre ‘confindustrie’, in particolare con i tedeschi di Bdi e i francesi di Medef: riconoscono all’Italia un ruolo guida nel confronto sulle politiche industriali europee. Apre la sede di Singapore, poi anche la sede di Washington e con un evento d’eccezione: l’esposizione negli Stati Uniti di dodici fogli del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, “il miglior ambasciatore per l’industria italiana ed il genio italiano”.

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Ambiente

Risorse 2024 esaurite, è l’overshoot day dell’Italia: stiamo già consumando le risorse del 2025

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“ESAURITO”: il lampeggiante che segnala il consumo delle risorse naturali prodotte dall’Italia in un anno ha superato oggi, 19 maggio, la soglia di allarme. E’ questa la data – l’overshoot day – nella quale, secondo i calcoli stilati dalla Global Footprint Network, gli abitanti del nostro Paese hanno esaurito le risorse naturali prodotte in un anno, cominciando a consumare quelle dell’anno successivo. L’indice per il Belpaese è appesantito dai parametri legati ai trasporti e al cibo. Se tutta l’umanità consumasse come gli italiani l’allarme rosso sarebbe scattato e il mondo avrebbe esaurito tutte le risorse naturali dell’anno e iniziato a ‘intaccare’ quelle del 2025.

“Siamo in deficit ecologico – è l’allarme lanciato dal Wwf – in altre parole spendiamo più delle risorse che abbiamo e immettiamo in atmosfera più CO2 della capacità che hanno gli ecosistemi di assorbirla. Oggi per soddisfare i consumi annui degli italiani sarebbero necessarie più di 4 Italie”. Per misurare l’impronta ecologica del Paese si valuta il consumo di carne, pesce e derivati animali; se il cibo che mangiamo è fresco, di stagione e locale; quanti alimenti buttiamo a settimana (in Italia quasi 30 kg a testa l’anno); se stiamo attenti ai consumi energetici; se usiamo fonti rinnovabili; quanto percorriamo per andare a lavoro: se usiamo l’auto da soli o con altri; quanti voli facciamo ogni anno. Tutti parametri che, basta poco per capirlo, dipendono dai comportamenti di ogni cittadino e quindi dipendono anche dalle scelte quotidiani che ciascuno fa. La data dell’Overshoot day varia a seconda del Paese, e anche di anno in anno, poiché i comportamenti e le politiche di sfruttamento delle risorse naturali non sono uguali per tutti. In Italia non siamo ai livelli di Qatar e Lussemburgo – che già a febbraio facevano toccare il fondo alle risorse del Pianeta – né di Emirati arabi, Stati Uniti e Canada (seguiti anche da paesi europei come Danimarca e Belgio) che hanno esaurito le risorse già a marzo. Siamo comunque molto alti nella classifica dei Paesi che consumano più rapidamente le proprie risorse”.

Con 4 ettari globali (gha) pro capite, l’impronta ecologica di ciascuno dei 60 milioni di abitanti dell’Italia è notevolmente superiore alla biocapacità che ha disponibile (pari a 1 gha). L’Italia ha in generale una impronta più bassa della media europea (4,5 gha procapite) e leggermente inferiore a quella di Francia e Germania (rispettivamente 4,3 e 4,5 gha pro capite) ma superiore all’impronta della Spagna (3,9 gha pro capite). A pesare sono principalmente i trasporti e il consumo alimentare. “Concentrarsi su questi due ambiti legati alle attività quotidiane – afferma il Wwf – offrirebbe quindi le maggiori possibilità di invertire la tendenza e ridurre l’impronta degli italiani”. Rimodellare le nostre abitudini quotidiane serve proprio per salvare il benessere che abbiamo conquistato. “Investire in energie rinnovabili, adottare pratiche di produzione e consumo responsabili e promuovere la conservazione ambientale – afferma la responsabile Sostenibilità del Wwf Italia Eva Alessi – sono alcune delle vie che possiamo intraprendere per ridurre la nostra impronta ecologica e garantire un futuro sostenibile alla nostra e alle future generazioni. Agire troppo lentamente e lasciare che il cambiamento climatico prenda il sopravvento, distruggerà buona parte delle capacità rigenerative del Pianeta. Serve agire rapidamente, invece, lasciando così all’umanità più opzioni, più biocapacità e una porzione maggiore di risorse naturali, prima che il Pianeta ci chieda il conto in maniera estrema”.

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Economia

L’economia digitale supera quella reale, Italia indietro

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La crescita dell’economia digitale ha ormai superato l’economia tradizionale nel suo insieme, con tutte le opportunità di sviluppo che questa situazione comporta, anche se bisogna fare attenzione ai rischi legati all’utilizzo di queste nuove tecnologie virtuali, a cominciare dal rispetto della privacy e dai potenziali danni per la salute mentale: questo il fondamentale messaggio contenuto nelle ‘Prospettive dell’economia digitale 2024′, pubblicate dall’Ocse, che vedono l’Italia fanalino di coda, terz’ultima in graduatoria, meglio solo di Grecia e Repubblica slovacca. In particolare, secondo lo studio, il settore delle Tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni (TIC/ICT) si è mediamente sviluppato nell’ultimo decennio, tra il 2013 e il 2023, del 6,3%, quasi tre volte più velocemente che l’insieme dell’attività economica dei 27 Paesi Ocse presi in esame.

Il primo volume dell”Oecd Digital Economic Outlook’ – questo il titolo inglese del documento disponibile sul sito web dell’Ocse – mostra inoltre che la crescita del settore delle Ict è rimasto sostenuto nel 2023, con un tasso medio del 7,6% al livello Ocse. In numerosi Stati aderenti all’organizzazione internazionale con sede a Parigi, il 2023 è stato l’anno dei record. Cinque Paesi realizzano addirittura una crescita a due cifre, superiore al 10%. Sul podio: Regno Unito (11,96%), seguito da Belgio (11,52%) e Germania (10,98%).

L’Italia è invece terzultima in classifica, al 4,05%, meglio solo di Grecia (3,98%) e Repubblica slovacca (3,15%), almeno per quanto riguarda questo particolare settore in espansione al livello mondiale. Per quanto concerne l’Intelligenza artificiale (Ia), le Prospettive Ocse confermano un aumento degli investimenti e anche dei rischi ad essa connessi. Per esempio, l’investimento nell’IA generativa è passato da 1,3 miliardi di dollari nel 2022 a 17,8 miliardi nel 2023, mentre il numero di incidenti e pericoli connessi menzionati dai grandi media, su scala mondiale, è cresciuto di 53 volte da fine 2023. Oggi, l’uso dell’IA si concentra nel settore delle tecnologie dell’Informazione e delle Comunicazioni (Ict) e secondo gli esperti dell’Ocse andrebbe ora esteso anche ad altri settori della vita. “Il settore delle Tecnologie dell’informazione e delle Comunicazioni è un motore essenziale della crescita globale. Tuttavia, si osservano forti disparità tra Paesi, con uno scarto del tasso di crescita medio di oltre 10 punti tra le economie di testa e quelle di coda”, avverte il segretario generale dell’Ocse, Mathias Corman, sottolineando che questo primo volume del rapporto sull’economia digitale “fornisce nuove spiegazioni e dati inediti destinati ad aiutare i governanti a concepire politiche efficaci per sfruttare lo straordinario potenziale delle tecnologie digitali, ma gestendo al tempo stesso rischi e problemi da esse generati”.

Lo studio non fa mistero delle parti d’ombra legate a queste nuove tecnologie, come i nodi sulla tutela della privacy, in particolare, nell’ambito delle tecnologie immersive, tipo realtà virtuale, l’avvenire della connettività senza fili e il moltiplicarsi di comportamenti negativi che nuocciono alla salute mentale. Dal rapporto emerge, tra l’altro, che la percentuale di giovani vittime di difficoltà esistenziali e malessere a causa dell’uso dei social media è schizzata del 49% dal 2017. Un numero crescente di giovani è inoltre vittima di cyberbullismo, mediamente le femmine più dei maschi. Appena due settimane fa, un rapporto di esperti consegnato al presidente francese, Emmanuel Macron, ha suggerito una radicale regolamentazione dell’uso degli schermi. Tra l’altro, vietandoli per i bimbi di un’età inferiore ai 3 anni e limitandoli fortemente tra i 3 e i 6 anni.

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