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Hamas denuncia spari sulla folla in attesa di aiuti e 20 morti

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Nella cronologia della guerra di Gaza, condotta senza esclusione di colpi, entra un nuovo episodio buio, anche se ancora controverso. La denuncia è arrivata da Hamas, secondo cui Israele avrebbe sparato sulla folla in attesa di aiuti umanitari a Gaza City provocando una strage, almeno 20 morti e 150 feriti. “Stiamo verificando”, è stata la prima cauta risposta fatta filtrare dall’esercito, che più volte in questo conflitto è stato accusato di non fare abbastanza per proteggere i civili. Critiche dure, anche degli Stati Uniti, che allo stesso tempo non rinunciano alla speranza di una tregua. Nei prossimi giorni ci proverà il capo della Cia William Burns, inviato sul campo da Joe Biden per facilitare il rilascio di tutti gli ostaggi ancora detenuti.

“L’occupazione israeliana ha commesso un nuovo massacro contro migliaia di bocche affamate che aspettavano aiuti umanitari alla rotonda del Kuwait”, alla periferia di Gaza City, “provocando 20 martiri e 150 feriti”, ha affermato il portavoce del ministero della Sanità controllato da Hamas. Che in una dichiarazione successiva ha parlato di attacco “deliberato” su un “raduno di cittadini”. Testimoni ascoltati dai giornalisti stranieri sul posto hanno assicurato di essere stati presi di mira dagli israeliani, mentre numerose vittime sono state portate negli ospedali di Al Shifa e Al Ahli.

La Cnn ha anche fatto riferimento ad un video in cui si vedono decine di persone in fuga, con il rumore di spari in lontananza, nella stessa area dove si sarebbe verificato l’attacco israeliano. Israele non ha confermato né smentito, salvo l’indicazione dell’esercito che si stavano verificando le accuse. Le notizie arrivate da Gaza City hanno riportato comunque ad un altro episodio che mercoledì aveva visto coinvolti civili: un rifugio dell’Unhcr a Khan Yunis colpito da due colpi di carro armato, con un bilancio aggiornato di 12 morti e 75 feriti. Un attacco su cui ha espresso “preoccupazione” la Casa Bianca. Ricordando a Israele che “mantiene la responsabilità di proteggere i civili, compreso il personale e i siti umanitari”.

Lo Stato ebraico invece è tornato a scagliarsi contro l’Onu, in particolare l’Oms. Accusata di “ignorare le prove” che i miliziani utilizzino gli ospedali della Striscia “per fini terroristici”. Un altro effetto del protrarsi della guerra è l’aumento delle proteste della popolazione, sia israeliana che palestinese. A Khan Yunis centinaia di persone hanno marciato con bandiere bianche chiedendo la pace e mostrando taniche d’acque vuote. Anche Hamas è nel mirino, perché lucrerebbe sugli aiuti internazionali.

Sul lato israeliano, al valico di Kerem Shalom, il transito dei convogli umanitari è stato bloccato per il secondo giorno consecutivo dai familiari degli ostaggi, che chiedono il rilascio dei loro familiari. Proprio per sbloccare questa impasse Joe Biden ha deciso di affidare il dossier nelle mani di William Burns. Il capo della Cia, secondo fonti del Washington Post, andrà in Europa nei prossimi giorni per incontrare i capi dell’intelligence israeliano e egiziano e il primo ministro del Qatar. L’obiettivo, arrivare ad un accordo tra Hamas e Israele che includerebbe il rilascio di tutti i restanti ostaggi e due mesi di cessate il fuoco: la più lunga pausa delle ostilità da quando è iniziata la guerra a Gaza. Per il capo dell’intelligence americana la strada si annuncia in salita, perché i rapporti tra Israele e i Paesi arabi più impegnati nella mediazione appaiono gelidi. Come dimostrano le recenti tensioni tra Benyamin Netanyahu e il governo di Doha.

Per il premier israeliano si prospetta poi un’altra giornata sulla graticola. Domani infatti si attende un primo pronunciamento della Corte internazionale di giustizia dopo la causa per genocidio intentata dal Sudafrica. L’Aja non si esprimerà ancora su questo ma potrebbe ingiungere un cessate il fuoco, da sottoporre in seguito al voto del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Hamas ha già fatto sapere che rispetterà un’eventuale tregua, ma solo se lo farà anche Israele. Lo Stato ebraico, nel frattempo, ha ostentato sicurezza: “Ci aspettiamo che la Corte respinga le false accuse”.

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Il premier Robert Fico colpito da più proiettili in un attentato è in fin di vita

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Un responsabile del partito Smer del premier slovacco Robert Fico ha confermato al Guardian che il primo ministro è stato colpito da più proiettili  all’addome ed è ora sottoposto ad un intervento chirurgico. Quali siano le sue condizioni cliniche è difficile da dire. C’è molta confusione ancora su dinamica e su identità dell’uomo arrestato.

In un aggiornamento postato sulla pagina Facebook del premier slovacco Robert Fico e rilanciato dai media slovacchi, c’è scritto che “Fico è stato vittima di un attentato. Gli hanno sparato più volte ed è attualmente in pericolo di vita. E’ stato trasportato in elicottero a Banská Bystrica, perché il trasporto a Bratislava richiederebbe troppo tempo a causa della necessità di un intervento urgente. A decidere saranno le prossime ore”.

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Il premier slovacco Robert Fico ferito a colpi di pistola dopo una riunione di Governo: è in fin di vita

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Il premier slovacco Robert Fico è stato ferito a colpi di arma da fuoco subito dopo la riunione di governo a Handlova, vicino Bratislava. Lo riferisce la Bbc. Fico è stato colpito davanti a un centro culturale della città di Handlova, dove si era tenuta una riunione di governo. Secondo i giornalisti presenti sul posto, sono stati uditi diversi spari.

Il premier slovacco Fico sarebbe stato colpito all’addome, al petto e ad un arto da almeno 3-4 colpi d’arma da fuoco e sarebbe stato trasportato in eliambulanza in ospedale. Lo riferiscono le prime ricostruzioni dei media sottolineando che l’attentatore, che si nascondeva tra la folla radunata davanti all’edificio dove stava parlando il primo ministro, è stato fermato da alcuni passanti e dalle forze di sicurezza.

Il leader slovacco è stato portato in ospedale, ma non sono emersi dettagli sulle sue condizioni.

Il Parlamento slovacco ha sospeso la seduta alla luce del ferimento del premier Robert Fico in un’aggressione a colpi d’arma da fuoco ad Handlova. Lo ha annunciato il vice speaker del Parlamento, Lubos Blaha, citato dal sito di informazioni locale Dennikn.

Il premiero Robert Fico colpito da più proiettili in un attentato è in fin di vita

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Algeria, uomo rapito da un vicino di casa ritrovato dopo 30 anni

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Le autorità giudiziarie di Djelfa, 300 km a sud di Algeri, capitale dell’Algeria, hanno arrestato oggi un uomo accusato di aver sequestrato per circa trent’anni un vicino di casa, trovato ieri sera sano e salvo, seppure in stato di grave abbandono, in una buca coperta di fieno in un allevamento di pecore. Lo riferisce il tribunale di Djelfa in una nota. La Procura ha ricevuto due giorni fa, il 12 maggio 2024, tramite la divisione regionale della gendarmeria nazionale di El Guedid, una denuncia contro uno sconosciuto secondo cui il fratello del denunciante, Omar Ben Amrane, scomparso da circa 30 anni, si trovava nella casa di un loro vicino, all’interno di un recinto per le pecore”.

https://x.com/Belhassine_Bey/status/1790483411179601969

“In seguito a questa segnalazione, il pubblico ministero del tribunale di Idrissia (provincia di Djelfa) ha ordinato alla gendarmeria nazionale di aprire un’indagine approfondita e gli ufficiali di giustizia si sono recati nella casa in questione. La persona scomparsa (B.A.) è stata ritrovata e il sospetto, di 61 anni, proprietario della casa, è stato arrestato”, aggiunge la nota. “La Procura ha ordinato un trattamento medico e psicologico per la vittima e il sospetto sarà portato davanti alla Procura non appena l’indagine sarà completata”, ha precisato il tribunale.

La nota conclude sottolineando che “l’autore di questo efferato crimine sarà perseguito con tutta la severità richiesta dalle leggi della Repubblica”. Sui social algerini è diventato virale il video del ritrovamento dell’uomo, ritrovato in uno stato pietoso, con abiti trasandati e una lunga barba. Secondo quanto riportato dai media locali algerini, la famiglia della vittima riteneva in precedenza che fosse stata rapita e uccisa da gruppi terroristici islamici armati attivi in Algeria negli anni ’90, quando aveva solo 16 anni.

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