Sembrava pace fatta, ma le nuove parole di Guido Crosetto alla Camera riaccendono il dibattito su rapporti e ruoli di magistratura e politica. Dopo l’incontro “chiarificatore” di venerdì scorso al ministero con il presidente dell’Anm, il titolare della Difesa è tornato inevitabilmente sul tema della Giustizia nell’informativa urgente alla Camera: al centro della questione c’è ancora l’intervista al Corriere della Sera dello scorso 26 novembre, la stessa che ha scatenato polemiche tutt’altro che assopite. “Mi era stato riferito che in varie riunioni ufficiali della magistratura e congressi venivano dette delle cose che dovevano sollevare preoccupazioni istituzionali, un dibattito. Il mio non è stato un attacco alla magistratura, le mie sono state riflessioni e preoccupazioni riguardo ad alcune tendenze che vedo emergere non in modo carbonaro ma in modo molto evidente”, dice Crosetto in un’Aula decisamente poco affollata, mentre accanto a lui c’è il Guardasigilli, Carlo Nordio.
Poi legge una serie di passaggi emersi da convegni di magistrati – dichiarazioni che sono frutto dei suoi timori – per poi chiarire la sua linea di confine: “Penso sia legittimo che noi ci chiediamo e definiamo, con questo Parlamento e non con il governo, le regole entro le quali si confrontano, interagiscono, lavorano i poteri dello Stato. La rappresentanza appartiene alla politica, non appartiene alla magistratura e neppure all’Esecutivo: per la Costituzione appartiene al Parlamento”, prosegue il ministro prima di annunciare la volontà di aprire a Montecitorio una discussione anche in vista delle future riforme: “Sarebbe l’ora di costruire un tavolo di pace nel quale si definiscono le regole per la convivenza nei prossimi anni. Non è possibile che ci sia uno scontro dal ’94 a oggi”. Nessuno sconto dunque alle dichiarazioni già rese nell’intervista di tre settimane fa, dove il ministro della Difesa citava correnti della magistratura “in cui si parla di come fare a fermare la deriva antidemocratica a cui ci porta la Meloni”, paventando i rischio di una “opposizione giudiziaria”.
Stesse paure confermate in un’interpellanza in Parlamento lo scorso primo di dicembre e temi che il ministro ha affrontato anche in Procura a Roma, dove era stato ascoltato il 6 dicembre come persona informata sui fatti. In Aula il Pd, con Debora Serracchiani, commenta l’informativa parlando di una “narrazione che trova fondamento in vent’anni di berlusconismo. Le vicende giudiziarie di questi mesi – prosegue – dimostrano che non c’è complotto delle toghe rosse ma un tendente indirizzo delle procure ad allinearsi alla maggioranza, una certa ritrosia a mandare a giudizio i potenti. Non ci piace. Per noi la legge è uguale per tutti”. Critiche anche dal M5S – “il governo attacca i poteri indipendenti” dice la deputata Valentina D’Orso, mentre la maggioranza fa quadrato attorno al ministro. Fuori dal Parlamento interviene anche il segretario generale di Magistratura democratica, Stefano Musolino: “la logica amico-nemico non ci appartiene – dice – È necessario però che sia chiaro quale sia il piano di confronto disegnato dalla Costituzione ed il ruolo in questo della magistratura. Per questo sarei onorato di incontrare il ministro, anche pubblicamente, per chiarire questi profili preliminari”.