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Cronache

Salvatore Calleri: verso gli Stati Uniti d’Europa col 33° vertice antimafia della Fondazione Caponnetto

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Il 18 novembre, presso la Biblioteca delle Oblate a Firenze, prenderà il via il 33° Vertice Antimafia, un evento di grande rilevanza dedicato alla memoria di “nonna” Betta Caponnetto, moglie del giudice Caponnetto scomparsa nel luglio scorso. L’incontro inizierà con i saluti istituzionali e sarà aperto alle 10.15 dal summit “Verso gli Stati Uniti d’Europa”, organizzato dai Tulipani Rossi. Nel pomeriggio, dalle 15.00 alle 18.30, si terrà il Vertice Antimafia sul tema “Cosa serve alla lotta alla mafia”.

Uno degli argomenti principali sarà la discussione sulla cosiddetta “mafia 4.0”. Si analizzerà come i clan mafiosi abbiano subito un’evoluzione, interagendo tra loro e talvolta federandosi quando si spostano da un territorio all’altro. La dinamica della mafia moderna, definita 4.0, si adatta ai tempi e alle sfide del contesto attuale.

Un altro aspetto cruciale affrontato nel vertice sarà l’importanza dell’analisi del “giorno prima” nella lotta alla mafia moderna. Gli esperti sottolineeranno come questa analisi sia fondamentale per anticipare le azioni delle organizzazioni criminali, comprendendone i comportamenti e agendo in maniera preventiva.

Durante l’evento, si dedicherà spazio anche alla difesa della normativa antimafia. Si sottolineerà l’importanza di non dimenticare il lavoro del pool di Caponnetto e di spiegare e difendere la normativa attuale dagli attacchi che essa potrebbe subire.

In conclusione, il Vertice Antimafia rappresenterà un momento cruciale per delineare strategie di lotta contro la mafia moderna. Affronterà le sfide della contemporaneità con un approccio pratico e moderno, mirando a mantenere alta l’attenzione e l’impegno nella battaglia contro il crimine organizzato. Per capire quale sarà il filo conduttore di questo vertice abbiamo intervistato Salvatore Calleri, presidente della Fondazione Caponnetto.

La mafia oggi come si combatte presidente Calleri?

La mafia si presenta oggi come una realtà in continua evoluzione, un mix di elementi moderni e arcaici. I clan più potenti e sofisticati collaborano tra loro in modo paritario, comportandosi quasi come una federazione tra Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Possiamo definirla una mafia 4.0. Per contrastarla efficacemente, è necessario cambiare prospettiva e agire colpendola anticipatamente, il cosiddetto “giorno prima”. Attualmente, spesso agiamo dopo che la mafia ha compiuto le sue azioni, ma dobbiamo invertire questa tendenza.

Lei parla di una mafia 4.0 ma non è prematuro visto che ancora non vi sono sentenze sul punto?

Per affrontare la mafia 4.0, è essenziale condurre un’analisi coraggiosa del “giorno prima”. La lotta alla mafia progredisce quando ci impegniamo nella battaglia del “giorno prima”. Va notato che l’analisi sull’esistenza della mafia è emersa molto prima del maxi processo di Caponnetto, sfidando lo Stato e la magistratura che inizialmente negavano la sua esistenza.

A livello di normativa, l’Italia come è messa?

L’Italia dispone, a mio parere, della migliore normativa al mondo. Il concetto del “doppio binario” è centrale, riconoscendo che per colpire efficacemente la mafia, è necessario adottare norme specifiche. Un esempio è l’art. 41bis, comunemente chiamato carcere duro, che nasce dalla legge garantista Gozzini. Questa legge prevede restrizioni per impedire la comunicazione interna ed esterna della prigione con l’organizzazione mafiosa. È importante rafforzare il “doppio binario” anziché indebolirlo.

E con la Cedu come la mettiamo?

Alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo dico che la mafia cancella i diritti umani. È auspicabile che riconosca questa realtà. Se ciò non avverrà, potremmo considerare l’opzione di uscire dalla Cedu, che non rappresenta l’Unione Europea ma è un organo separato, spesso confuso con essa.

Riusciremo a battere la mafia?

Se forniremo le giuste risorse e le aumenteremo a chi combatte la mafia, e se avremo la volontà politica di affrontarla, allora sì, riusciremo a batterla.

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Cronache

‘Ndrangheta, maxi operazione a Cosenza con 137 indagati

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Maxi operazione interforze contro la ‘ndrangheta a Cosenza ed in altri centri del territorio nazionale: i Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, la Polizia di Stato, attraverso il personale delle Squadre Mobili di Cosenza e Catanzaro, della SISCO di Catanzaro e dello SCO, i Finanzieri del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza, con il GICO del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e lo SCICO di Roma, con il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, hanno dato esecuzione all’ordinanza cautelare, emessa dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, nei confronti di 137 indagati, ed in via di evoluzione , sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai delitti, a vario titolo ipotizzati, nei loro confronti, tra cui, rispettivamente, associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dalle modalità e finalità mafiose, nonché in ordine ad altri numerosi delitti, anche aggravati dalle modalità e finalità mafiose.

Il procedimento per le fattispecie di reato ipotizzate è attualmente nella fase delle indagini preliminari. I dettagli saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa

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Assolto Fabio Furlan, un verdetto che non chiude il caso: il mistero irrisolto dell’omicidio di Cristofer Oliva

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Dopo quindici lunghi anni di attesa e indagini, il caso di Cristofer Oliva, lo studente scomparso di Chiaiano, continua a essere un enigma irrisolto, segnato da un nuovo capitolo giudiziario che lascia più domande che risposte. Il recente verdetto pronunciato dall’Aula 318 della prima assise d’appello ha visto l’assoluzione di Fabio Furlan, l’unico imputato, per non aver commesso il fatto, un’espressione che sottolinea la mancanza di prove sufficienti per una condanna.

Il giudice Abbamonte, che ha letto il verdetto con visibile esitazione, ha respinto la richiesta di condanna a 22 anni, accogliendo invece le argomentazioni della difesa, rappresentata dagli avvocati Luigi Petrillo e Dario Vannetiello. Questa decisione non solo solleva Furlan da ogni colpa, ma intensifica il dolore di una famiglia che ancora cerca risposte. La famiglia di Cristofer, assistita dagli avvocati Valerio De Maio e Paolo Stravino, continua a chiedere che le indagini proseguano per rompere il “muro di silenzio, reticenza e omertà” che ha sempre circondato questo caso.

Il processo, che si è trascinato per anni tra Napoli e Roma, ha visto momenti di svolta significativi, incluso il ritorno degli atti a Napoli dalla Cassazione, prima per una carenza di gravi indizi e poi per garantire a Furlan la possibilità di difendersi adeguatamente. Nonostante l’assoluzione, Furlan è stato condannato a sei anni per reati legati alla droga, una pena minore rispetto alla possibile condanna a 22 anni per omicidio.

Il cuore del mistero risiede nel giorno della scomparsa di Cristofer, il 17 novembre 2009. L’ultima persona a invitarlo fu proprio Furlan, che usò una cabina telefonica per fissare l’appuntamento. Tuttavia, non ci sono prove concrete che i due si siano effettivamente incontrati quel pomeriggio. Circa un’ora e mezza dopo, Furlan è stato visto in pubblico con l’ex ragazza di Cristofer, suscitando sorpresa tra gli amici per l’apparente inopportunità dell’incontro.

Gli avvocati di Furlan hanno sottolineato l’improbabilità che un ragazzo di 19 anni potesse commettere un omicidio, far sparire il corpo, e poi presentarsi pulito e composto in così breve tempo. Questo punto, insieme ai motivi ipotizzati dell’omicidio – gestione di piantine di canapa e gelosia – rimangono deboli e non sufficienti per attribuire colpe.

Questo verdetto non solo lascia la famiglia Oliva senza giustizia, ma anche senza un luogo di sepoltura per Cristofer, privandoli del conforto di un addio. La loro speranza è che la verità emerga nonostante l’assoluzione, e che nuovi elementi possano finalmente fornire le risposte tanto attese. Mentre la giustizia sembra aver raggiunto un vicolo cieco, la ricerca della verità deve continuare, per Cristofer e per tutti coloro che ancora sperano nella giustizia.

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Berlinguer, atto ignobile sulla tomba di mio padre

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“Un atto vigliacco e ignobile”. Sono le parole della figlia, la giornalista Bianca Berlinguer che sul proprio profilo Instagram ha denunciato gli atti vandalici sulla tomba di suo padre Enrico Berlinguer, nel cimitero Flaminio di Roma. “Nei quarant’anni dalla morte di papà la sua tomba è sempre stata piena di fiori portati da tante persone che si sono fermate per un pensiero e un omaggio. E questo – scrive – sempre stato per noi figli un grande conforto. Nell’ultimo mese la tomba è stata per due volte vandalizzata da qualcuno (una o più persone): vasi distrutti, fiori buttati e aiuole calpestate. Un atto vigliacco e ignobile”.

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