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Iran, fino a 10 anni di carcere per le donne senza velo

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Hijab e castità oppure la prigione. L’Iran ha inasprito le punizioni per le donne che non portano il velo, obbligatorio in pubblico fin dalla fondazione della Repubblica islamica, con l’approvazione in parlamento di una nuova legge per “sostenere la cultura della castità e dell’hijab” che prevede pene molto severe in caso di trasgressione. Chiunque non osservi i nuovi regolamenti, con l’aggravante della “collaborazione con governi, reti, agenti e media stranieri”, riceverà punizioni che possono arrivare fino a 10 anni di reclusione mentre il regolamento sul velo in vigore precedentemente prevedeva una detenzione da 10 giorni a 2 mesi. Il disegno di legge non si limita a punire le donne che non portano il velo in pubblico, o non lo indossano in modo “corretto”, ma riguarda anche norme per promuovere l’hijab e la castità a scuola, nei media e nel settore del turismo.

Il provvedimento prevede per le trasgressioni multe fino all’equivalente di 6.000 dollari, il licenziamento, periodi di detenzione di varia durata, la confisca delle automobili, la chiusura di esercizi commerciali, il sequestro del passaporto e il divieto di lasciare il Paese dai sei mesi ai due anni. Oltre alla mancanza del velo, vestirsi con “un abbigliamento improprio”, e quindi punibile, per le donne “significa indossare abiti succinti o attillati o che mostrino una parte del corpo più in basso del collo o più in alto delle caviglie o più in alto degli avambracci”, si legge nel provvedimento.

Saranno puniti con delle multe, o con il sequestro del passaporto fino a due anni, anche coloro che “insultano o deridono l’hijab nello spazio virtuale o non virtuale, promuovono la nudità e l’indecenza”. La nuova legge impartisce anche direzioni precise a vari ministeri, come quello della Pubblica Istruzione, che è tenuto a “promuovere lo stile di vita islamico, orientato alla famiglia, e la cultura della castità e dell’hijab a tutti i livelli educativi”. Anche i media sono tenuti a “introdurre e promuovere i simboli e i modelli dello stile di vita islamico, evitando la promozione della sessualità immorale, di relazioni malsane e di modelli individualistici e contro la famiglia”. Il ministero dell’Economia e delle Finanze poi dovrà “vietare l’importazione di indumenti proibiti, statue, bambole, manichini, dipinti e altri prodotti che promuovono la nudità e l’indecenza” e saranno fermati alla dogana libri o le immagini che promuovono “immoralità”.

Mentre il dicastero del Turismo dovrà progettare gite e tour basati sul “modello islamico dell’Iran”. Saranno le forze di polizia e il Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica ad assicurare che i nuovi regolamenti vengano rispettati, anche attraverso i filmati a circuito chiuso delle telecamere di sorveglianza e l’intelligenza artificiale. Il testo del provvedimento, che dovrà essere convalidato dal Consiglio dei Guardiani della Costituzione, prevede un periodo sperimentale di tre anni prima di diventare definitivo ed è stato approvato dal parlamento iraniano con 152 voti favorevoli, mentre 34 deputati hanno votato contro e 7 si sono astenuti. Il voto parlamentare coincide quasi con il primo anniversario della morte di Mahsa Amini, la ventenne curda che ha perso la vita il 16 settembre del 2022 a Teheran dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava l’hijab in modo corretto.

La morte delle giovane, secondo molti iraniani dovuta a percosse ricevute mentre si trovava in custodia, provocò un’ondata di proteste anti governative in molte città del Paese, dove i manifestanti hanno duramente contestato l’obbligo di indossare il velo in pubblico e si sono viste molte dimostranti marciare coi capelli al vento, sfidando la legge, o bruciando in pubblico il proprio hijab. La Repubblica islamica non ha fatto alcun passo indietro rispetto all’obbligo sul velo e oggi ha anzi inasprito le pene mentre il presidente Ebrahim Raisi è tornato a negare le accuse secondo cui Mahsa avrebbe perso la vita a causa di violenze durante l’arresto. “Riguardo all’incidente dello scorso anno dove una ragazza ha avuto una disgrazia, tutte le inchieste mediche mostrano che non è stata colpita dalla polizia”, ha detto ieri Raisi a New York in occasione dell’Assemblea generale dell’Onu.

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Blinken in visita a sorpresa in Ucraina

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Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato in visita a sorpresa in Ucraina. Il capo della diplomazia Usa è giunto stamattina a Kiev con un treno notturno dalla Polonia. E’ previsto un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, secondo i giornalisti al seguito di Blinken. Si tratta del quarto viaggio in Ucraina del segretario di stato americano dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022. La visita è intesa a rassicurare Kiev sul continuo sostegno degli Stati Uniti e a promettere un flusso di armi in un momento in cui Mosca sta conducendo una pesante offensiva nella regione nordorientale ucraina di Kharkiv.

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‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Kiev, più di 30 località sotto il fuoco russo nel Kharkiv

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Sono ancora in corso i combattimenti nella regione di Kharkiv, nel nord-est dell’Ucraina, dove più di 30 località sono sotto il fuoco russo e quasi 6.000 residenti sono stati evacuati, secondo il governatore regionale. “Più di 30 località nella regione di Kharkiv sono state colpite dall’artiglieria nemica e dai colpi di mortaio”, ha scritto Oleg Synegoubov sui social network.

Il governatore ha aggiunto che dall’inizio dei combattimenti sono stati evacuati da queste zone un totale di 5.762 residenti. Le forze russe hanno attraversato il confine da venerdì per condurre un’offensiva in direzione di Lyptsi e Vovchansk, due città situate rispettivamente a circa venti e cinquanta chilometri a nord-est di Kharkiv, la seconda città del Paese.

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