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Corona Virus

Covid: non si torna indietro, niente isolamento positivi

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Curve Covid stabili. Verso l'estate senza mascherine

Nessun ritorno al passato. Sul Covid-19 si è aperta una pagina nuova e, almeno al momento, un ripristino della misura dell’isolamento per i soggetti positivi non è in agenda. Il direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute, Francesco Vaia, esclude la possibilità che la norma restrittiva venga riconsiderata. Questo in virtù del fatto che la malattia da Covid è cambiata, nonostante il nuovo aumento dei casi delle ultime settimane. Ma se la tenuta degli ospedali non desta preoccupazione, con i ricoveri che sono sotto il livello di allerta, in discussione resta tuttavia in questi giorni la questione spinosa della definizione dei casi Covid ai fini delle eventuali certificazioni mediche.

Procede dunque serrato, in queste ore, il confronto tra ministero della Salute, gli altri ministeri interessati e le Regioni per arrivare a sciogliere i vari nodi sul tavolo, a partire dai certificati di malattia. E indicazioni ulteriori sono attese anche rispetto alla scuola. In merito all’attività didattica, il ministro Orazio Schillaci si è già pronunciato chiaramente nei giorni scorsi: “I ragazzi sono quelli che hanno sofferto di più durante il lockdown. È giusto che continuino ad andare a scuola”, ha detto, ricordando il tavolo istituito al ministero della Salute insieme al ministero dell’Istruzione per definire i modelli di comportamento per questa categoria. La priorità, dunque, è assicurare la frequenza in presenza. A creare perplessità è però la questione degli eventuali positivi asintomatici, per i quali attualmente non è prevista la malattia retribuita. Su questo punto, l’orientamento indicato da Vaia è che “oggi non possiamo reintrodurre l’isolamento, ma insieme agli altri ministeri si deve stabilire che tipo di malattia Covid abbiamo davanti ora e serve un percorso interdisciplinare”.

C’è, ha sottolineato, “un problema medico legale che va risolto, al di là delle competenze del ministero della Salute”. Dopo la fine dell’isolamento per decreto, ed in seguito alla fine della emergenza pandemica determinata dall’Oms, ha chiarito, “abbiamo bisogno di definire anche da un punto di vista medico legale cos’è oggi il Covid: lo parametriamo all’influenza e alle altre malattie infettive? Bene, ma su questo c’è bisogno di un dialogo interdisciplinare tra più ministeri”. La questione dei certificati di malattia per l’assenza dal lavoro per i pazienti asintomatici, ha rilevato anche la Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), è legata a come debba essere valutata ai fini dell’assenza sul lavoro la semplice positività.

A tal proposito, secondo la Fnomceo, in ospedale e nelle Rsa sarebbe opportuno adottare delle procedure chiare sull’isolamento dei pazienti positivi e sulla opportunità di far lavorare gli operatori sanitari risultati positivi. Infatti, è la posizione dei medici di famiglia Fimmg, con l’aumento dei contagi, l’impossibilità di assentarsi dal lavoro anche in presenza di una positività al tampone rischia di fare da volano alla pandemia, soprattutto per alcune categorie di lavoratori. Invita a non sottovalutare la situazione anche il sindacato degli infermieri Nursing-up e gli ultimi dati del monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe indicano come in 4 settimane i contagi in Italia siano saliti da 5.889 a 30.777, i ricoveri in area medica siano più che triplicati, da 697 a 2.378, e ci sia un incremento dei decessi, da 44 a 99.

Il virus ha insomma rialzato la testa, pur non facendo registrare valori assoluti elevati. Schillaci, da parte sua, ha di recente ribadito che non c’è alcun allarme: “I numeri sono aumentati, ma è un dato in linea con le nostre aspettative. Siamo tranquilli, non c’è allarme. I dati che più ci interessano sono quelli delle persone che si ricoverano e, ancora di più, quelli delle persone che finiscono in terapia intensiva. Questi dati sono trascurabili, quindi siamo sereni e fiduciosi”.

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Covid: indicatori in salita, Rt sopra soglia epidemica

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Il Covid rialza la testa. Nell’ultima settimana, secondo i dati del monitoraggio della Cabina di regia del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità, tutti gli indicatori sono in salita. Crescono i casi, che raggiungono il 44.953 settimanali, con un’incidenza di 76 nuovi casi per 100 mila abitanti, con un aumento di circa il 30% rispetto alla settimana precedente, quando erano 58 per 100 mila. In salita anche l’indice di trasmissibilità Rt che è pari a 1,12 (era a 0,93 sette giorni fa) e ha superato la soglia epidemica.

L’incidenza è in aumento in quasi tutte le Regioni con il Veneto che registra i tassi più alti, più che doppi rispetto alla media nazionale (176 per 100 mila). La fascia di età più interessata è quella degli ultranovantenni. Non ci sono, invece, variazioni di rilievo nella mortalità. Anche se l’occupazione dei posti letto in area medica resta limitata (al 7,7% con 4.811 ricoverati), è cresciuta di 1 punto percentuale rispetto alla settimana precedente. In lieve aumento anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva: è pari al’1,5% (137 ricoverati) rispetto all’1,4% della scorsa settimana. Tra le varianti, resta confermato il ruolo predominante di EG.5 (Eris).

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Voci sul riassetto di Aspi con l’ingresso di Gavio

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Tornano le voci di una riorganizzazione dell’assetto azionario di Autostrade per l’Italia (Aspi), ma i due colossi dell’asset management Blackstone e Macquarie smentiscono le indiscrezioni. Non commenta Cdp. A riportare al centro dell’attenzione il tema è stato il quotidiano La Stampa: sul tavolo del governo ci sarebbe un progetto firmato Jp Morgan e datato ottobre, che prevede il conferimento degli asset di Astm all’interno di Autostrade per l’Italia in modo da dare vita a un unico grande soggetto autostradale italiano”. Aspi non commenta. L’ipotesi allo studio sarebbe quella di “un azionariato tripartito con quote paritetiche tra il gruppo della famiglia Gavio, Cdp e Blackstone”.

“In base alla simulazione – si legge – Macquarie e Ardian (socio di Astm) potrebbero entrambi uscire dalla partita delle autostrade. La nuova società avrebbe un nocciolo duro italiano che controllerebbe il 67% delle quote. La considerazione non è secondaria visto che è chiaro che un’operazione del genere potrebbe vedere la luce solo con il via libero definitivo della premier Giorgia Meloni e più in generale di Palazzo Chigi.” conclude il quotidiano. Il fondo Blackstone chiarisce di non avere intenzione di uscire nè di diluirsi in Aspi e riafferma il suo impegno. “Ogni speculazione relativa al coinvolgimento di Blackstone in una potenziale riorganizzazione dell’assetto azionario di Aspi o dei relativi asset e’ destituita di ogni fondamento. Blackstone è fortemente impegnata come investitore di lungo periodo in Aspi insieme ai suoi partner, ed è entusiasta di supportarne la crescita futura” dichiara un portavoce di Blackstone.

“Tale impegno e’ stato dimostrato dagli oltre 7 miliardi di euro investiti sulla rete autostradale dal 2020, con molti altri in programma per il futuro. Blackstone è profondamente impegnata nel continuare ad investire in Italia e nel suo sistema infrastrutturale per le prossime decadi”. Anche il colosso australiano Macquaire nega. “Le recenti notizie diffuse dai media che speculano sul nostro coinvolgimento in una potenziale vendita o riorganizzazione di Aspi – spiega un portavoce – sono completamente false. Siamo impegnati a portare avanti il programma di investimenti multimiliardario di Aspi, che è fondamentale per lo sviluppo e il rafforzamento a lungo termine della rete autostradale italiana”. Sulla vicenda del riassetto Aspi nelle scorse settimane si è parlato di un coinvolgimento della famiglia Dogliani che si è aggiudicata alcune concessioni autostradali del gruppo Gavio e gestirà 350 chilometri di rete autostradale.

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Covid: vaccino aggiornato riduce del 75% rischio di ricovero

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Il vaccino contro Covid-19 aggiornato a XBB.1.5 riduce di circa il 75% il rischio di ricovero nelle settimane immediatamente successive alla vaccinazione. È il dato che arriva da uno studio condotto dallo Statens Serum Institut di Copenhagen. La ricerca è stata pubblicata sulla piattaforma Social Science Research Network (Ssrn), che rende disponibili gli studi prima della revisione da parte della comunità scientifica. La ricerca si riferisce a circa 400 mila ultrasessantacinquenni vaccinati in Danimarca nelle prime settimane di ottobre e seguiti per quasi 3 settimane dalla somministrazione del vaccino. Dal confronto con un campione della popolazione con caratteristiche analoghe, ma non vaccinato, è emerso che chi aveva fatto il vaccino aggiornato aveva un rischio del 75% più basso di ricovero per Covid. Tra i vaccinati anche un rischio inferiore del 14% di ricoveri per cause diverse da Covid. “Nel complesso, i nostri primi risultati indicano un livello elevato di protezione con i vaccini XBB.1.5”, scrivono i ricercatori. Non ci sono però indicazioni sulla durata della protezione.

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