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Cronache

Migranti, ancora sbarchi e trasferimenti a Lampedusa

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Dopo una giornata relativamente tranquilla, con un numero di arrivi abbastanza contenuto, il caos è tornato in serata a Lampedusa, quando in meno di un’ora sul molo Favarolo si sono succeduti tredici sbarchi con centinaia di migranti. Molti sono stati trasbordati dai barchini alle motovedette della guardia di finanza, una carretta stracolma di profughi è stata trainata e almeno un’altra è riuscita ad arrivare da sola. Le barche, approfittando delle buone condizioni del mare, avrebbero viaggiato, procedendo parallelamente a gruppi di quattro o cinque. Fino a poche ore prima gli approdi erano stati dieci con un totale di 402 migranti. Dietro a questi arrivi (di bengalesi, egiziani, pakistani, siriani e tunisini) non c’è soltanto – e questo accade da alcuni giorni – il fronte tunisino aperto, ma anche quello libico. Nelle ultime ore sono sempre di più coloro, giovanissimi per la maggior parte, che riferiscono di essere salpati da Zuwara. La spola dei pullman della Croce rossa continua, da molo Favarolo verso l’hotspot dove, all’ora di pranzo, c’erano 1.136 persone.

Nel pomeriggio, la polizia, ha scortato 180 migranti all’aeroporto da dove, su volo Oim, sono partiti per Bergamo. Tutti, scendendo dal bus della Cri e camminando verso la pista, avevano lo sguardo stranito, forse anche preoccupato. Per molti di loro, se non tutti, è stato il battesimo dell’aria: hanno attraversato il deserto, camminato per giorni a piedi e hanno fatto un viaggio di due o quattro giorni in mare. Ma l’aereo non l’avevano mai preso. Volontari e medici della Croce Rosse hanno anche cercato di supportarli psicologicamente per evitare che andassero in panico. In mattinata, su disposizione della prefettura di Agrigento, 450 sono stati, invece, imbarcati sul traghetto di linea Galaxy che è arrivato a Porto Empedocle in serata. I trasferimenti sono ripresi a pieno ritmo. Sul molo di Porto Empedocle, all’alba, c’era anche il prefetto di Agrigento, Filippo Romano. Ha voluto vedere con i suoi occhi che, dopo l’attracco del traghetto Cossyra proveniente da Lampedusa e lo sbarco dei 190 migranti, tutto fosse in ordine. All’arrivo della motonave, nella tensostruttura c’erano poco meno di 300 persone, tutte erano all’interno delle tende e il piazzale era vuoto. Il sindaco di Porto Empedocle, Calogero Martello ha ricevuto la telefonata del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che gli ha manifestato la vicinanza del governo. Piantedosi lo ha rassicurato in merito alla conclusione dei lavori per la creazione, nell’area finale del porto, dell’hotspot. Un centro che sarà raggiungibile, lungo vie interne, dai migranti trasferiti da Lampedusa, che non verranno visti dalla popolazione.

“I lavori per la creazione dell’hotspot di Porto Empedocle stanno proseguendo alla massima velocità possibile. Contiamo in una sostanziale anticipazione rispetto al termine di fine lavori che è fissato per novembre – ha spiegato il prefetto Romano – . L’hotspot sarà collegato a quello di Lampedusa dalla stessa gestione, la Croce Rossa. I due hotspot devono essere visti come una sorta di ponte: quello di Lampedusa accoglie in prima battuta e quello di Porto Empedocle instrada, il più velocemente possibile, verso i pullman. Sarà strutturato come una sorta di stazione dei bus, con una corsia protetta di entrata e uscita e con lettini in numero sufficiente per ospitare diverse centinaia di persone per una o, al massimo, due notti”. Sul fronte opposto, quello di Lampedusa, per domani pomeriggio è stata convocata una nuova assemblea cittadina. Verrà ribadito “il no alla realizzazione della tendopoli a Capo Ponente e il no a qualsiasi struttura legata alla gestione dei migranti o ad attività militari”. “Se a Lampedusa avessimo messo mani e pensieri 25-30 anni fa, forse non saremmo arrivati a questo”, dice il cantautore romano Claudio Baglioni che, dal 2003 al 2012 con il festival O’ Scià, si è impegnato in prima persona per sensibilizzare sul problema dei migranti. E domani arriverà a Lampedusa il leader del M5s, Giuseppe Conte.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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