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Cronache

De Angelis si dimette dalla Regione Lazio dopo polemiche

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Marcello De Angelis non è più il responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio. Il dirigente, con un passato nell’estrema destra e da settimane al centro di polemiche, ha rassegnato le dimissioni al governatore di centrodestra Francesco Rocca, che l’ha ringraziato “per aver messo al riparo l’istituzione che presiedo dalle inaccettabili strumentalizzazioni di queste settimane”. Esulta il centrosinistra che da giorni ne chiedeva l’allontanamento, a partire da Elly Schlein: “Finalmente – ha commentato la segretaria Pd – Non essere in grado di riconoscere la matrice fascista della strage di Bologna non è compatibile con un ruolo istituzionale”. “Una ottima notizia, ha aspettato anche troppo” ha aggiunto l’associazione dei familiari delle vittime. Ai primi di agosto De Angelis era finito sulle cronache proprio per un post sull’attentato, in cui dichiarava innocenti Mambro, Fioravanti e Ciavardini. In quell’occasione, dopo un chiarimento, Rocca aveva deciso di lasciarlo al suo posto. Ma solo pochi giorni dopo era scoppiato un secondo caso, stavolta attorno al testo della canzone ‘Settembre nero’ scritta anni prima in qualità di frontman del gruppo di rock identitario 270 bis.

Un brano in cui gli ebrei sono definiti “razza di mercanti”, e che ha suscitato l’indignazione della Comunità Ebraica della Capitale e le cui note erano arrivate anche in Israele, sulle colonne di Haaretz. Il giornalista si era scusato, dicendo di essere profondamente cambiato rispetto al passato. Ventiquattr’ore dopo, però, una nuova bufera: un suo post su Instagram, solo dello scorso dicembre, nel quale si vedeva un candelabro in terracotta riconducibile ai riti amati dal criminale nazista Himmler e dalle sue SS. Oggi De Angelis, che avrebbe anche assunto un cognato nello staff della comunicazione, ha parlato nella sua lettera di dimissioni di “gogna” e di “mostruosa macchina del fango” che “può stritolare chiunque e mi ha preso di mira mettendomi alla gogna rovistando nella mia vita”. “Ho scatenato dure pressioni politiche contro l’Istituzione che oggi rappresenti – ha scritto a Rocca – e, pur nella consapevolezza che i tuoi avversari non hanno argomenti, la mia stessa coscienza è più legittimata di loro a chiedermi di fare un passo indietro”. Non tanto per le sue tesi su Bologna, per cui oggi, pur scusandosi per i modi, ha rivendicato “il diritto al dubbio e al dissenso”, quanto per la canzone: “Non posso affrancarmi dall’unica cosa di cui mi sento vergognosamente responsabile – ha scritto – aver composto in passato un testo di una canzone che considero un messaggio di odio insensato”.

Canzone, ha voluto ricordare anche Rocca nel comunicato congiunto delle dimissioni, “scritta 45 anni fa e rispetto alla quale ha manifestato pubblicamente tutto il suo imbarazzo e orrore”. Le dimissioni di De Angelis arrivano a soli tre giorni da un Consiglio regionale straordinario chiesto settimane fa dalle opposizioni per chiedere l’allontanamento del dirigente, seduta fissata per venerdì che al momento non risulta sconvocata. Ma nel frattempo il pressing partito dal Lazio era cresciuto a livello nazionale, arrivando a chiamare in causa anche la premier Giorgia Meloni, referente politica di Rocca. Lo ricorda oggi Marta Bonafoni, consigliera del Lazio e braccio destro di Schlein, che ha ricordato infatti “il silenzio ininterrotto della presidente del Consiglio, durato 24 giorni. La nostra denuncia, la nostra battaglia, la voce dei familiari delle vittime, dell’Anpi, della Comunità ebraica hanno pagato – ha scritto – Una nomina che aveva imbarazzato troppi in questi mesi”. Anche, a quanto pare, alcuni alleati della coalizione che sostiene Rocca.

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‘Ndrangheta e droga, sospeso finanziere

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C’é anche un appartenente alla Guardia di finanza tra le 142 persone indagate nell’inchiesta “Recovery”, su ‘ndrangheta e traffico di sostanze stupefacenti a Cosenza, condotta dalla Dda di Catanzaro. Il finanziere coinvolto é E. D.. A suo carico é stata applicata la misura interdittiva della sospensione dal servizio . La gran parte delle persone coinvolte nell’operazione scaturita dall’inchiesta sono state condotte in carcere. Per 20 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per altre 12 l’obbligo di dimora e di firma.

Ovviamente la sospensione del finanziere non è una sentenza di condanna ma una misura cautelare che nulla toglie alla presunzione innocenza.

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Intrighi e accuse di corruzione a Genova, Spinelli dice: pagavo tutti i partiti, Toti mi ha preso in giro

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Gli interrogatori di garanzia di Roberto Spinelli e di suo padre Aldo hanno rivelato dettagli intriganti su una storia di presunta corruzione che intreccia politica, affari familiari e lotta per il potere nelle dinamiche portuali di Genova. Durante gli interrogatori, che hanno durato poco più di un’ora ciascuno, si è delineata una difesa incentrata sulla vulnerabilità personale di Aldo Spinelli, nonostante l’apparenza di un uomo in salute e determinato all’età di 84 anni.

La vicenda giudiziaria ha preso una svolta significativa quando Aldo Spinelli ha accusato apertamente il governatore Giovanni Toti di averlo ingannato, affermando di essere stato “preso in giro” in relazione alla concessione demaniale del terminal Rinfuse, per il quale avrebbe pagato tangenti per ottenere favori. Questa concessione ha permesso alla sua azienda, Spinelli srl, di aumentare notevolmente il proprio valore di mercato.

Inoltre, Aldo ha messo in luce promesse non mantenute riguardanti la privatizzazione di un tratto di spiaggia a Varazze, una situazione complicata dalla direttiva europea Bolkestein sulla gestione delle coste, che ha impedito qualsiasi sviluppo immobiliare in quell’area. Questo ha sollevato questioni su come le politiche e le regolamentazioni possano influenzare significativamente gli investimenti e le decisioni aziendali.

I legami tra Aldo Spinelli e Paolo Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale e unico detenuto in questa vicenda, emergono come particolarmente intensi. Spinelli sostiene di aver aiutato Signorini, considerato amico, in momenti di difficoltà economica, fino a pagare il catering per il matrimonio della figlia di Signorini, con un totale di regali e benefit promessi per quasi 400 mila euro.

Queste accuse si estendono oltre il contesto familiare, mostrando come Aldo Spinelli abbia cercato di mantenere un’influenza nel porto che ha plasmato gran parte della sua carriera e vita. L’imprenditore genovese afferma di aver finanziato legalmente diverse figure politiche, inclusa Emma Bonino, nonostante non la conoscesse personalmente, il che solleva domande sulla natura dei finanziamenti politici e delle relazioni imprenditoriali.

Roberto Spinelli, difeso anch’esso dall’avvocato Andrea Vernazza e coinvolto nelle vicende giudiziarie del padre, ha espresso rispetto e difesa nei confronti di Aldo, evidenziando come il padre sia stato “tirato per la giacchetta” da molti, inclusi Toti e Signorini, in un momento di particolare vulnerabilità emotiva dopo la morte della moglie.

Al termine dell’interrogatorio, Aldo Spinelli ha lasciato l’aula con un’energia inalterata, dichiarando di meritare la libertà e di non essere preoccupato per i futuri sviluppi dell’inchiesta. Questa affermazione sottolinea una fiducia forse incrollabile o una sfiducia nel sistema che lo ha visto protagonista per decenni.

Questo caso solleva questioni profonde sulla corruzione, la solitudine e la lotta per il potere in un contesto dove la legge e le relazioni personali si intrecciano in modi spesso indistinguibili, lasciando una scia di domande senza risposta sulla legalità e l’etica nelle più alte sfere del potere economico e politico italiano.

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Camorra e riciclaggio, sequestrata la pizzeria “dal Presidente” in via dei Tribunali a Napoli

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Anche la società che gestisce la notissima pizzeria del centro storico di Napoli “dal Presidente”, che si trova in via dei Tribunali, sarebbe riconducibile al clan Contini: è quanto emerge dalle indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli che hanno portato all’arresto di cinque persone (tre in carcere e due ai domiciliari). La Dda partenopea (pm Alessandra Converso e Daniela Varone) contesta il trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, aggravato dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare la camorra. La pizzeria è stata sequestrata dai finanzieri insieme con altri beni.

La pizzeria “Dal presidente”, chiamata così perché aperta dal pizzaiolo che preparò la pizza all’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, si trova in uno dei due decumani del capoluogo partenopeo, meta turistica tra le più frequentate in città. Il valore dei beni sequestrati oggi dai finanzieri ammonta a circa 3,5 milioni di euro. L’impresa di ristorazione sarebbe stata acquistata grazie all’apporto economico e alla “protezione” fornita da un esponente di spicco del clan, alla cui famiglia sarebbe stata destinata una parte dei relativi proventi anche dopo la sua detenzione conseguente a una condanna per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Le risultanze investigative e dei social network avrebbero permesso di stabilire che la società era gestita, di fatto, dal cognato del detenuto, anch’egli gravato da numerosi precedenti penali, il quale si sarebbe poi affrancato dalla joint venture criminale avviando una nuova attività nel campo della vendita di prodotti da forno. Le indagini, corroborate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avrebbero consentito di appurare anche la fittizia intestazione di un’impresa individuale operante nel settore dei servizi turistici, che il precedente titolare sarebbe stato costretto a dismettere con minacce, percosse e intimidazioni, e di sette immobili di pregio siti nel capoluogo partenopeo. Gli indagati avrebbero reimpiegato nelle società di ristorazione e panificazione e nell’acquisto di beni immobili ben 412.435 euro versati in contanti con reiterate operazioni sui conti societari e personali. Il denaro è stato sequestrato oggi insieme con le quote delle società, l’impresa individuale e gli immobili intestati a prestanome: il valore complessivo è stato stimato in oltre 3,5 milioni di euro.

Come sempre facciamo, ribadiamo che tutte le persone citate in questo articolo e a vario titolo indagate perchè coinvolte nell’inchiesta sono da considerare innocenti, come prevede la nostra Costituzione.

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