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Cronache

Nove anni dopo la tragedia, i genitori di Salvatore Giordano ancora in attesa di giustizia per l’omicidio in Galleria

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Nove anni dopo la tragica morte del giovane Salvatore Giordano, il dolore dei genitori rimane intenso e l’amarezza per la lenta giustizia diventa sempre più profonda. Il 5 luglio, giorno in cui si è verificata la tragedia, è diventato un giorno di ricordo e preghiera per la famiglia Giordano, ma anche un giorno di dolore per non aver ancora ottenuto giustizia.

Il frammento di marmo proveniente da uno dei frontoni della Galleria Umberto I che colpì mortalmente il ragazzo ha lasciato una ferita profonda nei cuori dei genitori. Non solo devono affrontare l’immensa tristezza della perdita del loro figlio, ma devono anche far fronte all’amarezza di una giustizia che sembra allontanarsi sempre di più.

Nove anni sono trascorsi nell’indifferenza della precedente amministrazione comunale e dell’attuale, lamentano i genitori Umberto e Margherita Giordano. La loro voce di sconforto è stata affidata all’agenzia Ansa, nella speranza che finalmente sia fatta giustizia per il loro figlio, a cui è stato negato il diritto di crescere e vivere a causa della negligenza.

Grazie all’assistenza legale dell’avvocato Sergio Pisani, la famiglia è riuscita a ottenere una condanna per cinque imputati, tra cui alcuni dipendenti comunali, e un’assoluzione da parte del giudice monocratico di Napoli Barbara Mendia il 19 settembre 2022. Tuttavia, nonostante le condanne penali, la famiglia dovrà affrontare un lungo processo civile senza ancora ricevere un risarcimento.

L’avvocato Pisani denuncia la mancanza di responsabilità da parte del Comune di Napoli e di altre parti coinvolte nel caso. Le richieste di mettere in sicurezza l’area e prevenire simili tragedie sono state ignorate, lasciando una ferita aperta che sembra non interessare nessuno. È inaccettabile che nessuno si assuma la responsabilità di una vicenda così grave.

Oltre al dolore e all’amarezza dei genitori Giordano, è importante sottolineare quanto sia frequente assistere a simili disastri nella città di Napoli. Alberi che crollano, pali della luce pericolanti e altre tragedie come il crollo di un cornicione che ha causato la morte di Rosario Padolino in via Duomo. Quante altre tragedie ancora dovranno accadere prima che vengano prese misure adeguate di prevenzione?

Il dolore di chi ha perso un figlio non può essere accettato né tanto meno dimenticato. È necessario che le istituzioni si assumano la responsabilità di garantire la sicurezza dei cittadini e adottino misure concrete per prevenire queste tragedie. Il tempo non può essere un alleato della lenta giustizia, ma deve servire a portare risposte e soluzioni per evitare che altre famiglie debbano vivere un dolore così immenso.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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Truffa con ecobonus, la Finanza sequestra 1 miliardo di euro

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I finanzieri del Comando Provinciale di Savona hanno condotto una complessa attività di indagine nel settore dei crediti d’imposta, riconducibili a bonus in materia edilizia ed energetica, con particolare riferimento all’ Ecobonus e al Bonus facciate che ha portato al sequestro preventivo disposto dal gip di un miliardo di euro da eseguire sul cassetto fiscale di 311 soggetti economici coinvolti, detentori dei crediti d’imposta. Durante le indagini Finanza e agenzia delle Entrate hanno accertato come i crediti d’imposta fossero del tutto inesistenti perché con false fatture per lavori ancora da eseguire su immobili di proprietà di residenti nel savonese.

Una truffa replicata su scala nazionale da altre aziende del settore, in molti casi vere e proprie società fantasma oltreché evasori totali o con volumi d’affari inconsistenti, prive di immobili a cui poter associare le lavorazioni edilizie finalizzate all’agevolazione fiscale così come di fatture che comprovassero l’esecuzione dei lavori.

Alcuni dei soggetti coinvolti sono anche risultati percettori del reddito di cittadinanza, altri sono gravati da precedenti penali specifici, tra i quali si annoverano anche reati nel settore della spesa pubblica, altri ancora avevano generato e/o accettato crediti con soggetti con cui avevano un legame di parentela.

Una parte delle persone coinvolte aveva già effettuato la compensazione, conseguendo illeciti e consistenti vantaggi fiscali, mentre un’altra aveva acquistato blocchi di crediti fittizi dal valore nominale di centinaia di milioni di euro a fronte di un corrispettivo irrisorio effettivamente versato. La Gdf ha eseguito 85 perquisizioni nei confronti delle società che dei relativi rappresentanti legali, con l’impiego di oltre 250 militari in Liguria, Piemonte, Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia.

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