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Il cda Rai vara le nomine e si spacca, Annunziata lascia

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Il nuovo vertice Rai mette a segno il primo cambiamento organizzativo della propria gestione, ma il pacchetto di nomine passa con il minimo sindacale in cda, sul quale si abbatte anche la notizia a sorpresa delle dimissioni di Lucia Annunziata. Le scelte dei direttori di testata, comprese quelle di Gian Marco Chiocci al Tg1 e Antonio Preziosi al Tg2, che il cda avrebbe potuto bloccare con cinque voti contrari, hanno registrato tre sì, quelli dell’Ad Roberto Sergio, di Simona Agnes (Fi) e Igor De Biasio (Lega) e tre no, quello della presidente Marinella Soldi, di Francesca Bria (Pd) e Riccardo Laganà (eletto dai dipendenti), insieme all’astensione di Alessandro Di Majo (M5S), accusato dal resto dell’opposizione di voler fare da stampella al governo nella gestione della tv pubblica. A rinfocolare la polemica il nuovo clamoroso addio alla tv pubblica, dopo quello di Fabio Fazio passato a Discovery.

“Non condivido nulla dell’operato dell’attuale governo, né sui contenuti, né sui metodi”, ha scritto la conduttrice di In mezz’ora su Rai3 in una lettera ai vertici aziendali nella quale ha annunciato le sue dimissioni irrevocabili. “In particolare non condivido le modalità dell’intervento sulla Rai – ha spiegato ancora -. Riconoscere questa distanza è da parte mia un atto di serietà nei confronti dell’azienda”.

Alla giornalista, che ha un contratto in scadenza nel 2024, l’Ad ha risposto ricordandole che aveva confermato la sua trasmissione già nel cda d’insediamento e augurandosi che, oltre a finire la stagione, ci possano essere nuove occasioni d’incontro. L’uscita di Annunziata ha provocato la reazione della presidente della commissione di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, esponente del M5s, che ha parlato di “una grave perdita per il servizio pubblico”, ma anche di molti esponenti del Pd, che hanno denunciato l’assenza di pluralismo e il clima di epurazione presente in azienda. Dem, Italia Viva e Azione hanno attaccato però anche il Movimento 5 Stelle per la scelta di astenersi.

“È un brutto segnale, si è avallato qualcosa di più di una semplice occupazione del servizio pubblico”, ha affermato Sandro Ruotolo, responsabile Informazione del partito. “Anche se avesse votato no, non sarebbe cambiato nulla perché per bloccare le nomine sarebbero serviti almeno cinque voti contrari”, hanno replicato dal Movimento, precisando di “voler evitare uno scontro a priori pregiudizievole per l’azienda” e voler valutare le prossime mosse della governance volta per volta. Più duri Fnsi, Usigrai e Laganà, secondo cui “uno dei primi atti dei nuovi vertici è soddisfare la fame di poltrone che da sempre alimenta il potere”. Le nomine “puntano a consentire una ripartenza efficace di tutte le attività aziendali”, ha sottolineato Sergio in una lettera ai dipendenti, precisando che “nessuna delle persone che ha cambiato ruolo è stata collocata in una posizione che non sia equivalente e coerente”.

L’Ad in cda è intervenuto anche sulla parità di genere, dopo che la Soldi aveva denunciato la scarsa presenza di donne nelle direzioni. “Ci sarà una forte inversione di tendenza – ha assicurato – e un giudizio complessivo si potrà dare solo quando il quadro complessivo sarà definito”. Il quadro vede, al momento, l’arrivo del direttore dell’Adnkronos Gian Marco Chiocci, sponsorizzato dalla premier Giorgia Meloni, al Tg1, lasciato da Monica Maggioni che passa alla direzione per l’Offerta informativa. A Rainews confermato Paolo Petrecca, sempre in quota Fdi, che fa suo anche l’Intrattenimento Day Time per Angelo Mellone e l’Approfondimento per Paolo Corsini, mentre Nicola Rao dal Tg2 passa alla direzione Comunicazione.

La Lega può contare sul Gr Radio, dove si insedia Francesco Pionati, con lo spostamento di Andrea Vianello alla guida della Tv di San Marino, sulla conferma alla Tgr di Alessandro Casarin, oltre che sull’arrivo di Marcello Ciannamea al timone dell’Intrattenimento Prime Time in una staffetta con Stefano Coletta, vicino al Pd, che passa alla direzione Distribuzione. Forza Italia, oltre al Tg2, la spunta anche a Raisport con Jacopo Volpi e a Rai Com con la nomina di Sergio Santo ad amministratore delegato. I dem vedono la conferma di Mario Orfeo al Tg3 e di Andrea Montanari a Radio 3, oltre che di Maria Pia Ammirati alla Fiction, Silvia Calandrelli alla Cultura, Elena Capparelli a Rai Play e di Paolo Del Brocco, che resta Ad di Rai Cinema. Il Movimento Cinque Stelle ottiene Rai Parlamento per Giuseppe Carboni, la direzione Cinema e Serie tv per Adriano De Maio, Radio 2 per Simona Sala e la presidenza di Rai Com per Claudia Mazzola, che lascia l’Ufficio studi a Francesco Giorgino. Ai Contenuti Digitali arriva Maurizio Imbriale e Marco Lanzarone assume la responsabilità della nuova direzione Radio digitali specializzate e podcast.

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Carente in Italia un farmaco chemioterapico molto usato

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Si chiama fluorouracile ed è un farmaco chemioterapico molto utilizzato dai pazienti oncologici. Al momento, è però “carente o disponibile in quantità ridotta” in Italia. A dare notizia dell’ultima carenza registrata sul nostro territorio è l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) insieme all’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), che rassicura tuttavia i pazienti che si stanno mettendo in atto tutte le procedure necessarie per ripristinarne la disponibilità e fornisce indicazioni precise ai medici oncologi su come gestire la situazione. “Le confezioni disponibili non saranno in grado di soddisfare le richieste del mercato per i prossimi mesi”, afferma l’Aifa sul proprio sito. L’Agenzia assicura però di essere “in costante contatto con i titolari delle Autorizzazioni alle Immissioni in Commercio dei medicinali a base di Fluorouracile per avere aggiornamenti su eventuali prossime forniture aggiuntive”.

L’Aifa si è inoltre detta disponibili a rilasciare alle strutture sanitarie che ne faranno richiesta l’autorizzazione a importare il farmaco dall’estero. A preoccupare è però proprio il largo utilizzo di questo chemioterapico. Il fluorouracile, spiegano gli oncologi, è un farmaco che rientra in numerosi schemi di trattamento per neoplasie dell’apparato gastroenterico, della mammella e del distretto testa-collo e la sua carenza, sia pur transitoria, “rappresenta un reale problema per la pratica clinica oncologica anche a causa della impossibilità di sostituirlo con altri farmaci per uso parenterale”. “Stimiamo – sottolinea il presidente Aiom, Francesco Perrone – che circa il 20% dei nuovi pazienti oncologici ogni anno potrebbe avere potenzialmente bisogno del fluorouracile, si tratta di 70-75mila pazienti l’anno”.

Proprio per contribuire al superamento della carenza, spiega, “daremo indicazioni ai clinici affinchè considerino schemi terapeutici alternativi con farmaci orali, come la capecitabina, per i pazienti che inizieranno un nuovo trattamento nelle prossime settimane, se previsti nelle linee guida disponibili e clinicamente indicati. Cercheremo di dare la priorità ai pazienti già in trattamento e ci auguriamo che questa allerta possa presto rientrare”. Ribadendo che Aifa “sta già mettendo in moto anche tutte le procedure inerenti l’import del farmaco per superare il momento di criticità”, il presidente degli oncologi sottolinea anche “l’importanza di questa rinnovata collaborazione con l’Agenzia: questo metodo di collaborazione, e la condivisione dei contenuti, tra società scientifiche ed un ente regolatorio come Aifa – afferma – è fondamentale ed è a tutto vantaggio dei pazienti”.

Il problema della periodica carenza di farmaci non è una novità in Italia, ma si è da qualche anno acuito a seguito del conflitto in Ucraina e della difficoltà di produzione di alcuni principi attivi in vari paesi. Un problema che il nuovo presidente Aifa, Robert Nisticò, ha indicato come una priorità nel suo discorso di insediamento all’Agenzia, lo scorso 22 aprile: “Sarà nostro compito fondamentale assicurare che non ci siano carenze nel mercato di farmaci indispensabili. In questo particolare momento in cui purtroppo ci sono conflitti alle nostre porte che pesano sulla filiera del farmaco anche in Italia, l’Agenzia insieme con le industrie, dovrà assicurare la massima disponibilità per un approvvigionamento continuo dei farmaci essenziali sia nel nostro Paese che nei paesi più in difficoltà”. Presso il ministero della Salute è inoltre attualmente attivo un Tavolo tecnico di lavoro nel settore dell’approvvigionamento dei farmaci sul territorio italiano.

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Economia

Il clima affonda la produzione di vino in Italia (-23%)

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Piogge frequenti e malattie delle viti fanno crollare la produzione di vino in Italia. Tra agosto 2023 e luglio 2024 l’Unione europea vedrà un calo della produzione annua di vino del 10% (stimata in circa 143 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2017-18) a causa “delle condizioni meteorologiche avverse”: un dato trainato da una “diminuzione significativa” osservata tanto in Italia (-23%) quanto in Spagna (-21%) nei dodici mesi. A rilevarlo è l’ultimo rapporto sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli dell’Ue pubblicato dalla Commissione europea. Intanto oggi è stato presentato alle associazioni di settore il nuovo avviso Ocm vino ‘Promozione sui mercati dei paesi terzi’.

Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, mette a disposizione degli operatori 22 milioni di euro a cui vanno aggiunti 71 milioni di euro per bandi regionali e multiregionali per un investimento complessivo che supera i 90 milioni di euro. “L’avevamo detto e l’abbiamo fatto anche prima del previsto”, ha segnalato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Ci stiamo muovendo per una più grande valorizzazione dell’export del vino”. Da subito per il Governo “è stata una priorità”, ha sottolineato. Il rapporto della Commissione Ue sulla produzione attesa a luglio 2024 sottolinea che il settore continua a essere influenzato da numerosi eventi “fuori dal controllo” degli agricoltori, come le crisi climatiche e geopolitiche, che esercitano pressioni in termini di prezzi, domanda e reddito.

Il “calo senza precedenti” che si osserverà in Italia, spiega l’Ue, è “determinato da frequenti piogge nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, e le conseguenti malattie fungine delle viti”. Visto il crollo della produzione in Spagna e Italia, la Francia tornerà a essere il primo produttore di vino in Ue. Non solo produzione, Bruxelles stima che a diminuire sarà anche il consumo (-1,5%) fino a 96 milioni di ettolitri, in particolare dei vini rossi, dovuto anche al fatto che più giovani preferiscono altri alcolici, soprattutto birre e cocktail. Considerata “l’imprevedibilità degli eventi meteorologici estremi e dei bruschi cambiamenti osservati nell’ultimo anno”, il rapporto mette in guardia sulla necessità di trattare “con cautela” i segnali attuali. Nel 2023-2024 a crollare saranno inoltre i volumi delle esportazioni di circa l’11%, a 28 milioni di ettolitri. Non solo sul vino, le condizioni meteorologiche avverse peseranno anche sulla produzione europea di mele e arance, le esportazioni delle quali diminuiranno drasticamente. Quanto alla produzione di olio d’oliva, la Commissione stima “una leggera ripresa” tra ottobre 2023 e settembre 2024 dopo un raccolto record lo scorso anno. Quanto ai cereali, si prevede che nel 2024/25 la produzione aumenterà fino a circa 278,5 milioni di tonnellate (+ 3% su base annua), principalmente grazie a rese migliori. Le importazioni tra luglio 2023 e giugno 2024 potrebbero rimanere superiori del 17% rispetto alla media quinquennale.

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Economia

Polemica su sgravi al Sud, il governo lavora al rinnovo

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Scoppia la polemica sullo stop agli sgravi contributivi per le imprese del Mezzogiorno, una misura introdotta dal governo Conte II nel 2021, autorizzata dalla Ue in quanto aiuto di Stato straordinario in tempi di Covid, prorogata diverse volte ed ora arrivata al capolinea del 30 giugno, quando si tornerà al vecchio regime Ue sugli aiuti di Stato. L’opposizione accusa il governo di mandare a morire la misura che sta sostenendo le imprese al Sud ma il ministro degli Affari europei, Sud, Politiche di Coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, respinge al mittente le ricostruzioni “false e pretestuose” e assicura che il governo negozierà con la Ue “nuove modalità possibili di applicazione della misura”.

‘Decontribuzione Sud’ aveva fin dall’inizio una scadenza naturale, essendo figlia dell’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato varato dalla Commissione europea durante la pandemia per sostenere le imprese. Con il ritorno alle normali regole europee, il prossimo 30 giugno, verranno meno tutti gli aiuti straordinari che i governi misero in campo negli anni del Covid. Ma per l’opposizione non ci sono motivazioni che tengano e il governo dovrebbe fare di tutto per non lasciar scadere l’aiuto alle imprese del meridione. “Questo governo sta schiaffeggiando il Sud”, attacca il presidente del M5s Giuseppe Conte, spiegando come gli aiuti hanno consentito assunzioni tra il 2021 e il 2023, in aree svantaggiate, di circa 3,7 milioni di persone. Anche il Pd insorge contro “l’ennesimo taglio” che avrà “effetti devastanti”, perché “sono a rischio tre milioni di contratti. In allarme anche i sindacati, che hanno avuto la notizia dello stop proprio da Fitto.

“Non confermare il taglio del costo del lavoro per oltre tre milioni di lavoratori dipendenti, aggiunge ulteriori rischi sul fronte occupazionale per quelle regioni”, ha detto il segretario confederale della Uil, Santo Biondo. Ma l’esecutivo si difende e rivendica non solo l’attenzione per il Sud ma anche per la vecchia misura del governo Conte II, di cui il governo Meloni ha chiesto due rinnovi, ottenendo anche un aumento dei massimali. Fitto spiega che il governo aveva già chiesto alla Ue “la massima estensione temporale compatibile con la scadenza del Quadro temporaneo” sugli aiuti di Stato, una tagliola da cui però non è più possibile scappare. Per questo ora “il governo avvierà un negoziato con la Commissione europea per verificare nuove modalità possibili di applicazione della misura, in coerenza con la disciplina europea ed al di fuori delle misure straordinarie del temporary framework sugli aiuti di Stato”. Il ministro ribadisce poi che l’impegno “per tutelare gli interessi del Sud e per garantirne lo sviluppo”. E ricorda che il decreto Coesione, che il governo ha ribattezzato decreto Primo maggio, prevede proprio una serie di misure per il lavoro tra cui diversi bonus che incentivano le assunzioni di donne, giovani e disoccupati soprattutto al Sud, attraverso sgravi contributivi del 100% per due anni. Stando alla nuova bozza del decreto, però, partiranno non più da luglio come annunciato nella prima versione ma scatteranno sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato dal primo settembre 2024 al 31 dicembre 2025.

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