Dio, Patria e Famiglia contro Libertà, Eguaglianza e Fraternità? Sbagliato porla in questi termini. Anche il cattolico, “popolare e mai populista”, Alessandro Manzoni non rinnegò la rivoluzione francese. E soprattutto scrisse che “non bisogna provare alcuna nostalgia per “la barbarie degli antichi”. Sergio Mattarella celebra nella sua città, Milano, il grande Alessandro Manzoni a 150 anni dalla sua morte e tramite lui elabora un’analisi fortemente critica che illumina mali e ritardi della politica. Come il cercare i facili consensi piuttosto che impostare politiche di ampio respiro. Ma non solo, il presidente della Repubblica rimette la chiesa al centro del villaggio spiegando che è l’uomo, la persona al di là di razze, etnie e nazionalità a godere dei diritti universali, a partire da quello della protezione. Il capo dello Stato riassume il pensiero del Manzoni, ne sceglie le parti più politiche e le attualizza in un continuo incrocio tra passato e presente. Un discorso denso che Mattarella sviluppa da Casa Manzoni, la dimora dove visse dal 1813 e fino alla morte, il 22 maggio 1873, esattamente 150 anni fa. Mattarella premette che lo scrittore è senza dubbio “un padre della Patria” e che, pur non avendo mai voluto essere un politico, di politica è intrisa ogni sua opera.
Conferma ne sono gli spunti che il presidente fa suoi e rilancia per il dibattito politico di questi mesi. Punto primo: Manzoni “ambiva a un’Italia unita, che non fosse una mera espressione geografica, una addizione a freddo di diversi Stati e staterelli”. Semi da coltivare per quanti stanno lavorando al progetto di riforma delle Autonomie. Punto secondo: la Costituzione sbarra “espressamente la strada a nefaste concezioni di supremazia basate su razza e appartenenza”. Da qui ne consegue, e Mattarella lo sottolinea sempre citando lo scrittore, che “la persona, in quanto figlia di Dio, e non la stirpe, l’appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione. E’ l’uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, a essere portatore di dignità e di diritti”. Anche qui un allaccio attualissimo ad un dibattito sull'”etnia italiana” – aperto dalle parole del ministro Lollobrigida – che si è acceso tra maggioranza ed opposizione. “Il presidente si rispetta e non si commenta”, replica senza sbilanciarsi Lollobrigida.
Punto terzo (e qui anche non si può sbagliare, è rivolto ai partiti): “la “Storia della Colonna infame” ci ammonisce di quanto siano perniciosi gli umori delle folle anonime, i pregiudizi, gli stereotipi; e di quali rischi si corrano quando i detentori del potere – politico, legislativo o giudiziario – si adoperino per compiacerli a ogni costo, cercando solo un effimero consenso. Un combinato micidiale, che invece di generare giustizia, ordine e prosperità – che è il compito precipuo di chi è chiamato a dirigere – produce tragedie, lutti e rovine”. E allora basta “assecondare la propria base elettorale o di consenso e i suoi mutevoli umori, registrati di giorno in giorno attraverso i sondaggi”. Ben più utile sarebbe, argomenta il presidente, “dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire il futuro”. Insomma, sembra quasi che per Mattarella sarebbe utile avere un Manzoni anche oggi ma più nella veste di politico che di scrittore. “Manzoni ci parla ancora oggi con voce autorevole”, chiosa infatti chiudendo il cerchio. Questa infine la lettura scelta dalla premier Giorgia Meloni per celebrare l’immenso scrittore: “Manzoni è un grande esempio di amore per l’Italia, per la sua storia e per la sua produzione letteraria. I suoi scritti hanno contribuito, e continueranno a contribuire, alla formazione dell’identità nazionale e alla crescita culturale e civile del nostro popolo”.