Il caos sul Pnrr, con la trattativa delicatissima con Bruxelles che si intreccia con i ritardi nella messa a terra dei progetti, la lite tra i sindaci sulle risorse e le opposizioni che chiedono a gran voce che il governo venga in Aula a fare una operazione “trasparenza” sullo stato di attuazione del Piano. Uno scenario di fibrillazioni cui si aggiunge lo scontro sui reati fiscali, una misura spuntata all’ultimo nel Consiglio dei ministri che ha varato il decreto bollette. Ostacoli, certo. Che Giorgia Meloni ha messo in conto, come ribadisce parlando in generale del programma “ambizioso” del governo in un messaggio a Confapi. “Gli ostacoli non mancheranno ma non ci manca il coraggio”, dice, senza entrare nel merito di nessuna delle polemiche di giornata. Rimane a Palazzo Chigi per tutto il giorno, interviene al Summit for Democracy organizzato da Joe Biden e rilancia il presidenzialismo come riforma che può rafforzare la democrazia.
E in serata sente Volodymyr Zelensky in una telefonata di una quarantina di minuti. La premier lascia invece ai suoi ministri, Raffale Fitto e Giancarlo Giorgetti, a difendere pubblicamente la bontà dell’azione del governo. In Parlamento infuria la polemica, non solo sul Pnrr ma anche sul nuovo decreto omnibus: il provvedimento contiene oltre agli aiuti contro il caro energia anche diverse misure per la sanità e un pacchetto fisco che proroga le sanatorie della pace fiscale e introduce anche delle “cause speciali di non punibilità” per chi ha dichiarato ma non pagato, a patto che si metta in regola con i versamenti. Un film già visto, attaccano le opposizioni salite sugli scudi a dicembre con la manovra proprio per sventare l’introduzione di quello che anche oggi definiscono “un condono” (il Pd), un “favore agli evasori” (i 5S), “una vergogna” (Avs).
Per il governo non si tratta affatto, invece, di un condono: “Si tratta di evasione dichiarata”, di non far finire nel penale chi non ha potuto pagare ma poi ha saldato e si è rimesso in regola, difende la scelta il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, sottolineando peraltro che “le parti discutibili sono rimaste fuori”. Il governo interviene infatti – è la spiegazione perché la norma nelle bozze non c’era e il testo non è ancora arrivato in Gazzetta ufficiale – solamente sugli omessi versamenti Iva e ritenute e sull’indebita compensazione, lasciando fuori cioè quei reati su cui è chiaro il dolo, come l’infedele o l’omessa dichiarazione che tanto avevano fatto discutere prima di Natale. Peraltro, spiegano dall’esecutivo, non si introduce nemmeno una misura nuova ma si estende una norma esistente, allineando i casi di depenalizzazione al percorso della pace fiscale. Lo stesso intento dichiarato dall’esecutivo nella sessione di bilancio, quello di cambiare il rapporto con i contribuenti, tendendo la mano a chi “non ce la fa”, non a chi intenzionalmente vuole frodare il fisco.
E mentre le opposizioni vanno all’attacco anche sul Pnrr, chiedendo al governo di riferire in Aula, parte una rincorsa tra i sindaci a chi sia più capace di spendere i fondi del Pnrr, dopo la fotografia impietosa scattata dalla Corte dei Conti. Napoli “sta rispettando i tempi”, assicura Gaetano Manfredi. Roberto Gualtieri scrive a Fitto per proporre di dare a Roma le eventuali risorse avanzate da altre amministrazioni, per la messa in sicurezza delle scuole. E se ci sono ritardi, la provocazione di Giuseppe Sala, i fondi si diano “a chi sa investirli”, come Milano appunto. “Sarebbe una secessione”, gli risponde a stretto giro il governatore della Calabria Roberto Occhiuto, mentre il coordinamento “Recovery Sud”, centinaia di sindaci del Mezzogiorno, lamenta invece di non essere stato ascoltato e che i primi cittadini non sono messi nelle condizioni di poter spendere.