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Sfida di Schlein sull’unità, sciogliamo insieme i nodi

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Due nomi nell’aria, ma nessuno li ha fatti. Alla sua prima riunione da segretaria con i gruppi parlamentari, Elly Schlein ha dato per scontato che “un novo assetto ci sarà”. Ma non ne ha parlato. Si è concentrata sulle sfide del Pd – migranti, diritti, rapporto con le opposizioni – senza ufficializzare chi ha individuato per le cariche di capogruppo al Senato e alla Camera. I candidati sono però noti: Francesco Boccia per Palazzo Madama e Chiara Braga per Montecitorio. Il voto è domani: non sono attesi sfidanti, non ci sarà la conta, nessuno si aspetta soprese. L’obiettivo è costruire “sempre di più di una sintonia tra quello che il Pd fa nelle piazze e rappresenta nel Paese e quello che fa nelle istituzioni – ha spiegato il senatore Michele Fina, neo tesoriere del Pd – cioè mettere insieme il lavoro che facciamo in Parlamento, legge per legge, proposta per proposta, con quello che diciamo e rappresentiamo nel Paese”. Malgrado mal di pancia, ultimatum e qualche riassetto interno, il partito continua sulla via dell’unità imboccata con l’elezione di Stefano Bonaccini alla presidenza. “Abbiamo dei nodi politici importanti davanti a noi – ha riconosciuto Schlein – questo è innegabile. Vorrei che provassimo a scioglierli insieme, salvaguardando fra di noi la chiarezza”. L’assemblea è durata diverse ore. Non è stata una resa dei conti.

Qualche puntura, semmai, ma niente più. Mentre Schlein si avvia ad archiviare il capitolo capigruppo, continua a ragionare sulla segreteria, che dovrebbe vedere la luce all’inizio della prossima settimana, con rappresentanti un po’ di tutte le aree. Per la maggioranza che fa capo a Schlein, i nomi che circolano sono quelli dei deputati Marco Furfaro, Marco Sarracino e Alessandro Zan e dell’ex sindaca di Crema Stefania Bonaldi. Per la minoranza di Bonaccini si parla del senatore Alessandro Alfieri e del sottosegretario regionale emiliano Davide Baruffi, braccio destro del governatore nelle trattive. Il voto sui capigruppo è in programma domattina. Non dovrebbe essere preceduto da un dibattito, da un annuncio ufficiale della segretaria. L’accelerata su Boccia e Braga – indicati da Schlein – l’ha data la nascita dell’area neoulivista: nei giorni scorsi, un gruppo di parlamentari che al congresso ha sostenuto Bonaccini ha preso una strada diversa, indebolendo così la forza contrattuale del governatore, che era intento a cercare di ottenere almeno un capogruppo. Le trattative sulla segreteria continueranno nei prossimi giorni, anche se la segretaria andrà in Friuli Venezia Giulia, dove domenica c’è il voto regionale. Davanti ai parlamentari, Schlein non ha parlato di beghe interne.

“Abbiamo visto cambiare il clima intorno al Pd in queste settimane, nelle piazze e nell’opinione generale – ha detto – Viviamo una fase positiva, testimoniata dalle 16.000 tessere che sono arrivate in pochissimo tempo. Vorrei che tutti insieme consolidassimo questo momento per rafforzare il Pd”. E ha ricordato le battaglie che aspettano il partito: “Il governo pianta una bandierina ideologica al giorno e intanto sferza un attacco senza precedenti ai diritti dei bambini e delle bambine. Le pressioni per interrompere le trascrizioni, ad esempio. Siamo stati nelle piazze di questi giorni con i nostri sindaci e lavoreremo anche qui in Parlamento”. E poi: “La destra ha continuato l’attacco facendo saltare la legge cui stavamo lavorando sulle detenute madri e i loro figli. Con un cinismo terrificante”. Sui migranti: “Giorgia Meloni doveva chiedere una Mare nostrum europea anziché dichiarare guerra alle Ong. È tornata da Bruxelles con un pugno di mosche”. Su questi temi “insisteremo – ha detto – coinvolgendo le altre opposizioni che dal palco della Cgil abbiamo invitato a collaborare concretamente sui temi, trovando battaglie comuni da fare nel Parlamento e nel Paese. Come il salario minimo, la sicurezza sul lavoro, la sanità pubblica e universalistica”.

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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Ministro Giuli: scudetto al Napoli? Rallegra il cuore di un romano e un romanista come me

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“Napoli non è in odore di scudetto, ma è in profumo di scudetto. Io sono romano e romanista, ma innamorato di Napoli. Sappiamo bene che in passato ci sono stati terribili episodi che hanno riguardato le tifoserie della Roma e del Napoli. Oggi sentire Napoli in profumo di scudetto è una cosa che rallegra il cuore di un romano e di un romanista”. Così il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, sulla corsa scudetto, a margine della sua visita al cantiere dell’Albergo dei poveri a Napoli.

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