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L’allarme del ct Mancini, non vedo una rinascita italiana

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L’Italia riparte con un titolo europeo da difendere e un ruolo da spettatrice ai Mondiali, ben due, che vuole far dimenticare: giovedì l’Inghilterra a Napoli, domenica Malta in trasferta sono le prime gare di qualificazione a Euro 2024 che Roberto Mancini si appresta ad affrontare con molti dubbi e un vuoto da colmare: quello degli uomini-gol. Per questo, spiega, ha fatto venire dall’Argentina Mateo Retegui, 23enne attaccante del Tigre con passaporto italiano, sei reti in otto gare; per questo continuerà a cercare giocatori che potrebbero aiutare la causa azzurra. “In Serie A di italiani ne giocano pochi – rimarca sconsolato -. E se anche Southgate si è lamentato perchè ha solo il 28% di convocabili dalla Premier dovrà andare a pescare nelle serie minori, figurarsi il sottoscritto”, risponde davanti all’allarme lanciato anche dal collega inglese. Non a caso, poi, Mancini si inalbera davanti a chi parla di rilancio del nostro calcio perché dopo 17 anni tre club sono ai quarti di Champions League: “Macché rinascita. Sarebbe così se ci fossero 33 giocatori italiani, magari ne basterebbe pure il 50%… Invece tra Napoli, Inter e Milan arriviamo a sette otto”.

Insomma, urge trovare soluzioni e alternative: “Non voglio sostituirmi al presidente Gravina che è bravo, ma certo non è semplice. In certi Paesi, vedi l’Argentina, il Brasile, l’Uruguay, i ragazzi giocano ancora per strada come un tempo facevamo anche noi. Ora non accade più – sottolinea il ct -. Anni fa dissi che in Nazionale doveva giocare chi era nato in Italia ma non esisteva il problema attuale e purtroppo il mondo è cambiato. Tutte le Nazionali europee hanno giocatori naturalizzati, noi abbiamo avuto diversi ragazzi che hanno fatto tutta la trafila in azzurro e poi sono stati chiamati da altri Paesi perché avevano il doppio passaporto. Quindi pure noi dobbiamo fare la stessa cosa, se c’è la possibilità di prendere nuovi giocatori vanno presi”. In Italia non mancano i centrocampisti al contrario degli attaccanti, di qui la chiamata di Retegui: “Di italiani che segnano ce ne sono pochi, mancano pure in Primavera. Mateo è una speranza, lo seguivamo da tempo, ha qualità e può ancora crescere. Non pensavamo accettasse, invece ci ha detto subito di sì. Speriamo che possa diventare importante per noi”.

Per la sfida con l’Inghilterra, che ricorda Mancini “sta diventando un classico come un tempo Italia-Germania, vogliamo partire subito bene”, sono al momento a disposizione il neo azzurro, Scamacca (ma finora non ha giocato molto) e Gnonto sul quale Mancini si è soffermato: “Poteva giocare nella Sampdoria o nella Fiorentina, invece non lo ha preso nessuno in Italia e ora è titolare in Premier. In Olanda c’è Oristanio che sta facendo bene ma non è qui. Se gli dessero la possibilità..”. A suo tempo stupì la chiamata in Nazionale di Zaniolo che non aveva ancora debuttato in A (“Lui è la dimostrazione che se ad un giovane dai fiducia la ripagherà anche se per gli allenatori non è facile: se i risultati non arrivano sono loro a rischiare di più”), adesso suscita curiosità la riconferma del diciassettenne Simone Pafundi che non gioca neppure nella Primavera dell’Udinese: “Prima chiamo lui e poi il resto, questo è il mio pensiero quando compilo la lista dei convocati – ha risposto asciutto Mancini -. Ha qualità incredibili, crediamo molto in lui e voglio che si alleni con i grandi per capire e crescere in fretta. Ai miei tempi i campioni a 17 anni erano titolari in A, l’auspicio è che possa essere un giocatore della Nazionale per i prossimi 20 anni”.

Quanto agli esclusi il ct ha detto: “Non ci sono motivazioni particolari per Zaccagni, era venuto con noi in Turchia, sta facendo bene, la Nazionale resta aperta per tutti. Casale lo seguiamo, Zaniolo ha ripreso da poco. Kean? Crediamo in lui anche se il tempo passa, spero che lui come altri capisca che può essere utile all’Italia. Locatelli ci è rimasto male? Premesso che lo abbiamo fatto esordire noi, nel mezzo sono tanti. Continui a giocare come ieri sera contro l’Inter e tornerà”. Ora testa all’Inghilterra: “Loro sono forti, sarà una gara tosta, ma noi vogliamo partire bene perché il nostro girone non è semplice. Ma chissà, magari vinciamo un altro Europeo – ha ammiccato Mancini -. Prima però pensiamo a qualificarci. Dobbiamo provare a fare bene anche per Vialli che è come se fosse ancora qui con noi”.

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F1: sorpresa McLaren, Norris vince a Miami. Leclerc 3/o

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Impresa della McLaren e di Nando Norris che conquistano il Gran Premio di Miami. La scuderia e il pilota britannico vedono premiato il lavoro delle scorse settimane che ha permesso di portare in Florida il pacchetto di miglioramenti della monoposto. Battuta così la Red Bull con il campione del mondo Max Verstappen, che si deve accontentare del secondo posto. Bilancio in parte positivo anche per la Ferrari grazie al terzo e quarto posto conquistati da Charles Leclerc e Carlos Sainz.

Ma la Rossa può sognare perché è riuscita a tenere il ritmo della Red Bull e soprattutto perché nel prossimo Gran Premio a Imola potrà portare in pista il proprio pacchetto di miglioramenti con la speranza che sia determinante come quello della McLaren. Norris, che ha saputo anche sfruttare al meglio l’ingresso della safety car, ha vinto il suo primo gran premio in carriera, dopo tanti podi conquistati. A festeggiarlo, oltre alla sua scuderia, anche tutti i piloti del circus di Formula 1.

“Era ora – sono state le prime parole del pilota britannico – “L’ho aspettata tantissimo. Sono al settimo cielo”. La McLaren ha di fatto riaperto il mondiale, almeno in prospettiva: ottimi i tempi anche di Oscar Piastri che però ha pagato caro un errore e non è andato a punti. La Red Bull, pur avendo qualcosa in più degli altri, sembra aver perso il vantaggio delle scorse stagioni sugli inseguitori. Nel Gp di Miami, Verstappen può in parte lamentarsi per l’ingresso della safety car che, seguendo il regolamento, lo ha comunque leggermente penalizzato. L’olandese dopo il pit stop è rientrato al quarto posto, proprio mentre Norris ha iniziato ad inanellare una serie di giri sempre più veloci.

“Sono felicissimo per Lando, oggi ha meritato”, ha commentato a fine gara. “Ci aspetta del lavoro da fare”, ha concluso. “Non sono partito alla grande e ho rischiato un po’ – ha commentato Leclerc – Abbiamo avuto un po’ di sfortuna con la safety car che non è stata ottimale per noi. Ora sta a noi migliorare e accelerare”.

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Roma-Juve senza vincitori, Champions da conquistare

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All’insegna del meglio non perdere, pur avendo provato entrambe a vincere, Roma e Juventus hanno fatto un passetto verso lo stesso traguardo con l’1-1 all’Olimpico nella partita più attesa della giornata con un gran profumo di Champions. La pressione era più alta sui giallorossi, inseguiti per il quinto posto da un’Atalanta in gran momento e affaticati dalla sfida europea con il Bayer e la relativa, complicata, rimonta per la finale. Il punto conquistato non è da buttare per De Rossi, ma di certo Allegri, che pure vincendo avrebbe blindato il posto Champions, lo accetta con maggior tranquillità, specie considerando il periodo non certo esaltante dei suoi.

De Rossi ha tenuto a riposo Mancini e Smalling, mettendo in campo Ndicka e LLorente davanti a Svilar, Angelino a sinistra e Kristensen a destra, confermando in avanti Dybala e Lukaku sostenuti da Baldanzi. Allegri, senza Yildiz e Alex Sandro, ha dato spazio a Chiesa, il migliore dei suoi, accanto a Vlahovic, e a Weah. E’ stata del serbo, non certo in un periodo prolifico, a dare il la alla partita con un pericoloso tiro al 7′, mentre Kristensen ha risposto al 12′ con un colpo di testa che si è stampato sulla sulla traversa su cross di Angelino. Neanche il tempo di rammaricarsi per la Roma, perchè al 16′ Lukaku ha messo dentro in tap in su una respinta goffa di Gatti dopo un tiro ravvicinato di Cristante.

I bianconeri hanno provato a reagire lavorando sulle fasce ma senza creare grosse occasioni finchè Chiesa non ha pennellato appena dopo la mezz’ora un cross per la testa di Bremer che ha battuto uno Svilar un po’ fermo. L’1-1 ha rispecchiato abbastanza l’andamento della gara, con la Roma più in controllo palla e la Juve più trattenuta. Dybala è rimasto in panchina nella ripresa, sostituito da Zalewski, e subito Chiesa si è preso tutta la scena con un tiro da fuori area che Svilar, graziato, ha potuto solo vedere stamparsi sul palo alla sua sinistra. L’assenza dell’argentino ha un po’ pesato sulla manovra Roma, mentre si è alzato il livello agonistico, con qualche intervento duro di troppo: quando Weah ha abbattuto Paredes a centrocampo, Allegri ha preferito sostituirlo con Kostic.

I bianconeri hanno preso un po’ il sopravvento, sempre alimentati da Chiesa, e Rabiot, ma la Roma ha sfiorato due volte il vantaggio poco dopo il 20′, con Pellegrini e Kristensen, i cui tiri sono stati deviati un po’ fortunosamente in corner. Fuori anche Lukaku, sono entrati per l’ultima mezz’ora Abraham e Azmoun, e la Roma ha rialzato il baricentro, mentre per l’ultimo quarto d’ora Allegri ha inserito Milik e Kean per Chiesa, stremato, e Vlahovic e De Rossi ha richiamato Pellegrini dando spazio a Bove. La Roma che è stata salvata nel finale da Svilar per due paratone, su tiro ravvicinato di Locatelli al 34′ e colpo di testa di Kean al 44′, mentre il ‘solito’ gol nel recupero stavolta non è arrivato, complice una doppia incertezza di Abraham. E allora, restano tre giornate calde, più una di coppa, per svoltare la stagione.

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Colpo salvezza del Verona, 2-1 alla Fiorentina

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In un Bentegodi festante il Verona grazie ad una gran rete nella ripresa di Noslin, contestata, batte la Fiorentina e conquista una vittoria che ha il sapore della salvezza. La gioia finale dice tutto sull’importanza dei tre punti per i gialloblù. Fiorentina che mastica amaro e sulla rete di Noslin protesta per una mano galeotta di Lazovic ma affronta la gara con il pensiero rivolto all’imminente trasferta di Coppa contro il Bruges. Come annunciato turnover totale da parte di Italiano che mette copiosamente mano alla rosa a disposizione. Il Verona sostituisce lo squalificato Cabal con Vinagre ed è Bonazzoli a guidare l’attacco. La partenza sembra sorridere al Verona.

La Viola palleggia ma non affonda, l’Hellas prova, soprattutto, a ripartire. L’episodio che sblocca il match è un pasticcio clamoroso della difesa toscana. Christensen e Milenkovic non si comprendono, Noslin ci crede, scippa palla al portiere che lo sgambetta. Dal dischetto Lazovic è glaciale e porta avanti i veneti. La rete sveglia una Fiorentina applicata ma poco propositiva in fase offensiva. Prima è Montipò a respingere con il corpo una conclusione di Nzola con difesa di casa impreparata, poi il sinistro in diagonale di Castrovilli incoccia il palo alla sinistra di Montipò.

La rete in chiusura di frazione. Castrovilli salta Vinagre con il tocco sotto e di sinistro inchioda Montipò. Alla ripresa delle ostilità Baroni toglie un nervoso Bonazzoli e prova con Swiderski sicuramente più prima punta. Ed è ancora il Verona a mettere la freccia. Duda mette un pallone nel cuore dell’area viola, la difesa responge corto e dal limite Noslin fa partire un destro di straordinaria potenza. Collo esterno di controbalzo che fa esplodere il Bentegodi. La Fiorentina protesta per un tocco di mano di Lazovic ma dopo il check con la sala Var il direttore di gara convalida.

Italiano centellina i suoi giocatori anche in previsione del ritorno di Conference con il Bruges e pesca dalla panchina, inserendo in rapida successione Kouamè, Bonaventura, Beltran e Mandragora. Viola che su palla inattiva ha l’occasione del pareggio, ma il sinistro al volo di Nzola non trova lo specchio della porta. Italiano disegna nel finale una Fiorentina tutta offensiva. Esce Faraoni, applaudito dal suo ex pubblico, dentro Belotti. Baroni sceglie cambi di ruolo, Dawidowicz per Magnani, Dani Silva per Folorunsho ma non modifica l’assetto tattico. Bentegodi che trattiene il fiato per alcuni minuti per un possibile penalty per contatto Dawidowicz-Belotti ma il Gallo era in fuorigioco.

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