La Ferrari ha subito un attacco informatico e ha ricevuto una richiesta di riscatto relativa ad alcuni dati di contatto dei propri clienti. E’ la casa di Maranello a renderlo noto in tarda serata dopo avere informato le autorità competenti. “In linea con la propria policy aziendale, Ferrari non accoglierà nessuna richiesta di riscatto in quanto acconsentire a simili richieste finanzierebbe attività criminali e permetterebbe agli autori delle minacce di perpetuare i loro attacchi” chiarisce la società che già in passato ha subito attacchi informatici, anche se assolutamente non paragonabili a questo.
La casa di Maranello è un obiettivo molto attrattivo per i cyber criminali che cercano di carpire informazioni: in questo caso relative ai dati di contatto dei clienti, ma in generale possono fare gola anche disegni, prodotti e brevetti, molto preziosi sul mercato. A differenza di casi recenti che hanno interessato altre società non è stata bloccata l’operatività della Ferrari e infatti la richiesta di ricatto non riguarda l’attività dell’azienda che prosegue regolarmente.
La società ha avviato “immediatamente un’indagine in collaborazione con una società di cybersicurezza leader a livello mondiale. Inoltre – spiega – abbiamo informato le autorità competenti e siamo certi che faranno tutto quanto in loro potere nello svolgimento delle indagini”. Tra le prime mosse della casa di Maranello c’è stata naturalmente l’informazione ai clienti, bersaglio dei pirati informatici.
“Nella convinzione che la migliore linea d’azione sia quella di informare la nostra clientela – dice l’azienda – abbiamo notificato ai nostri clienti la potenziale esposizione dei loro dati e la natura dell’evento”. “Ferrari tratta molto seriamente il tema della confidenzialità dei propri clienti – sottolinea la società – e comprende l’importanza di quanto accaduto. Abbiamo collaborato con esperti per rafforzare ulteriormente i nostri sistemi, della cui solidità siamo fiduciosi. Possiamo inoltre confermare che la violazione non ha avuto alcun impatto sull’operatività della nostra azienda”.
Agitato, incapace di dormire. Jeffrey Epstein la sera prima di togliersi la vita in carcere aveva tagliato corto una riunione con i suoi avvocati per fare una telefonata alla sua famiglia. A una delle guardie aveva detto che stava chiamando sua madre, morta però 15 anni prima. A ricostruire gli ultimi giorni del finanziere accusato di traffico sessuale di minorenni è l’Associated Press, che ha chiesto e ottenuto attraverso il Freedom of Information Act 4.000 pagine di documenti relative alla permanenza in carcere di Epstein. Carte che rivelano come il finanziere cercò di contattare un altro pedofilo di alto profilo: Larry Nassar, il medico delle ginnaste americane condannato per abusi sessuali su decine di atlete. La missiva è tornata al carcere dove Epstein si trovava quando il finanziere era già morto.
L’Intelligenza Artificiale per ridisegnare prevenzione e terapia in tutti i campi della medicina. A Caserta il bilancio del Progetto Platone traccia un percorso chiaro per il futuro: superare la medicina uguale per tutti, disegnare una prevenzione e una cura specifiche per ogni paziente
Un sistema che si affiancherà al medico, una piattaforma informatizzata versatile, utilizzabile sia nella pratica clinica che nella ricerca futura. È l’eredità che lascia il Progetto Platone, nato dalla collaborazione tra I.R.C.C.S. Neuromed, Casa di Cura Montevergine, Maticmind, CIRA e CNR IBBR. Questa mattina, nel Polo di Ricerca Neurobiotech a Caserta, si è tenuta la manifestazione di chiusura del progetto, con la presentazione dei risultati e con le ampie prospettive che l’iniziativa ha aperto.
“È stato un bellissimo viaggio – dice Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione e professore di Igiene e Salute Pubblica all’Università dell’Insubria di Varese e Como e Coordinatrice del progetto – Con Platone eravamo partiti da ipotesi che inizialmente sembravano quasi fantastiche. Il nostro sogno era sviluppare una piattaforma software che consentisse ai medici di fare predizioni del rischio per le tre patologie cronico-degenerative più importanti (malattie cardiovascolari, tumori e malattie neurodegenerative) attraverso algoritmi di intelligenza artificiale. Volevamo non solo personalizzare il rischio, ma anche sviluppare percorsi di prevenzione personalizzati per ogni individuo”.
Ma nei settori delle tecnologie avanzate il tempo corre veloce. E oggi Platone ha tradotto quel sogno in una serie di studi scientifici nei quali la persona non viene più inserita in grandi categorie (ad esempio fumatori e non, diabetici e non, obesi e non). Ogni individuo viene invece identificato da una enorme quantità di dati, fino a che viene rivelato nella sua unicità. La sua storia clinica, le decisioni da prendere per la prevenzione futura, le terapie, saranno specificamente “sue”. Al centro di tutto questo c’è l’enorme quantità di dati raccolti dalla Rete di Ricerca Clinica Neuromed.
Licia Iacoviello
“La piattaforma – spiega Iacoviello – ci ha permesso di analizzare una grande quantità di dati dei pazienti. Sulla base di essi, i sistemi sviluppati nell’ambito del progetto hanno individuato elementi che altrimenti sfuggirebbero alla clinica tradizionale. L’intelligenza artificiale, grazie alla sua capacità di elaborare i dati con modalità e velocità che noi non avremmo mai potuto raggiungere, ci ha svelato caratteristiche completamente nuove. E non è tutto: l’intelligenza artificiale tratta tutti i fattori in modo uguale, non ha idee preconcette, non formula ipotesi a priori. È così che possiamo usarla per cercare connessioni che non avremmo immaginato prima”.
Guardando al futuro, è importante sottolineare che questo è solo un primo passo. Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono in continua evoluzione. Ciò che sta emergendo dai risultati di Platone non è un prodotto finito, ma un sistema che continua ad evolversi. Più dati vengono inseriti nel sistema, più la macchina può imparare cose nuove, affinando l’algoritmo con variabili nuove, migliorando la precisione delle previsioni.
Dai gorilla agli scimpanzé, dai macachi agli oranghi: è un’inedita fotografia ad alta risoluzione della diversità genetica dei primati, quella che emerge da dieci studi scientifici, di cui otto pubblicati su Science e due su Science Advances. I loro risultati offrono nuovi spunti utili non solo a migliorare gli sforzi di conservazione di queste specie (sempre più minacciate da cambiamenti climatici, perdita di habitat, bracconaggio e traffici illegali), ma anche a capire meglio l’origine genetica di molte malattie umane. Lo studio principale dello speciale, guidato da Lukas Kuderna dell’Istituto di biologia evolutiva in Spagna, ha esaminato in particolare il genoma di oltre 800 esemplari provenienti da Asia, America, Africa, Madagascar e appartenenti a 233 specie di primati (quasi la metà di tutte quelle esistenti sulla Terra), quadruplicando di fatto il numero di genomi di primati ad oggi disponibili.
Questa mole di dati ha permesso di datare meglio il momento in cui si sono separate le strade evolutive di scimpanzé e umani (la divergenza sarebbe avvenuta tra 9,0 e 6,9 milioni di anni fa, dunque prima rispetto a quanto stimato in precedenza). Inoltre ha consentito di individuare oltre 4 milioni di mutazioni che influiscono sulla composizione degli aminoacidi e possono alterare la funzione delle proteine, provocando malattie negli umani. Grazie a questo nuovo catalogo genomico è stato infine dimezzato il numero di ‘innovazioni genomiche’ che si credevano esclusive degli esseri umani. Diventa così più facile identificare le mutazioni non condivise con i primati che potrebbero di conseguenza essere uniche per l’evoluzione umana e le caratteristiche che ci rendono umani.