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Cybersicurezza, Governo volta pagina dopo addio Baldoni

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Cybersicurezza, si volta pagina dopo le dimissioni del direttore dell’Agenzia nazionale Roberto Baldoni, non più in sintonia con il Governo di centrodestra di Giorgia Meloni. Che cerca – a quanto si apprende – un profilo diverso, non necessariamente un tecnico esperto del settore qual è Baldoni, ma una figura ritenuta in grado di strutturare e lanciare nella piena operatività un’amministrazione dello Stato fondamentale nell’architettura della sicurezza del Paese e destinata a crescere molto nei prossimi anni. Tra i nomi in pista ci sono quelli dell’attuale prefetto di Roma, Bruno Frattasi e di Carlo Massi, già ufficiale della Guardia di finanza, magistrato della Corte dei Conti e consulente della Difesa. Tempi brevi per la nomina, vista la delicatezza dell’incarico. Potrebbe avvenire già al prossimo Consiglio dei ministri di giovedì. Domani, intanto, l’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, è atteso al Copasir per riferire sulla vicenda Baldoni. Il sottosegretario comunicherà le sue valutazioni e le prospettive di sviluppo e di rilancio dell’organismo. Non c’erano più le condizioni per continuare.

Non è scattata la scintilla tra il professore nominato nel 2021 dal premier Mario Draghi (ma guidava il settore cyber come vicedirettore delegato del Dis già dal 2018) ed i suoi referenti del Governo Meloni, Mantovano in primis. Non l’avrebbe aiutato la grande eco mediatica scaturita dall’alert lanciato dall’Agenzia lo scorso 5 gennaio sul massiccio attacco hacker che ha interessato diversi sistemi informatici nazionali. Un allarme eccessivo, secondo esponenti dell’Esecutivo. Baldoni, da parte sua, non ha nascosto con i suoi il dispiacere di abbandonare quella che considerava una sua creatura, con molti degli attuali 160 assunti in servizio effettivo (diventeranno 800 nel 2027) scelti personalmente da lui. Entro aprile l’Agenzia presenterà la sua prima relazione annuale, come prevede la legge. Sarà l’occasione per fare un bilancio dell’attività e toccherà al nuovo direttore illustrarla e tracciare un quadro degli obiettivi futuri, considerati anche gli imponenti fondi in arrivo dal Pnrr per il cyber (623 milioni di euro) e la minaccia in continua crescita come evidenziato proprio oggi dal Rapporto annuale del Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica: nel 2022 sono stati registrati 188 attacchi informatici gravi, con un aumento del 169% rispetto al 2021. Incremento a tre cifre rispetto alla media mondiale del +21%.

La pressione maggiore è sul settore governativo e sulle aziende manifatturiere del Made in Italy. I senatori del Pd Lorenzo Basso e Antonio Nicita hanno presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al presidente del Consiglio quali siano “i reali motivi che hanno portato alle dimissioni improvvise del direttore” e “quali iniziative urgenti intenda adottare in uno dei momenti più delicati per la sicurezza cibernetica del nostro Paese, con l’Italia al centro di attacchi da parte di stati esteri, in particolare da parte russa, per salvaguardare la sicurezza del nostro Paese e non lasciare senza guida e prospettive l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale”. L’evento non è naturalmente passato inosservato dal gruppo di hacker filorussi Noname057(16), che sui loro canali Telegram ironizzano: “la nostra serie di attacchi all’infrastruttura internet italiana può essere giustamente considerata riuscita: a seguito di ciò, è stato infatti rimosso dal suo incarico il capo dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica italiana. Vediamo – prosegue il messaggio ironico – come il nuovo capo di questo ufficio italiano se la caverà con le minacce informatiche provenienti dal team di NoName057(16)”.

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Ciarambino, dal Consiglio di Stato altra bocciatura su Pomigliano

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“Un’altra bocciatura per il sindaco di Pomigliano e la sua giunta. Dopo l’arrivo della commissione d’accesso, dopo il licenziamento del comandante Maiello decretato come illegittimo dal Tar, dopo le denunce contro l’ex sindaco e l’ex segretario comunale finite in un nulla di fatto, ora il Consiglio di Stato assesta un altro schiaffo all’amministrazione comunale di Pomigliano, sancendo di fatto l’illegittimità dei provvedimenti sull’ufficio tecnico e sulla rimozione della dirigente. E a pagarne le conseguenze saranno ancora una volta i cittadini, finanziatori loro malgrado dell’ennesima “caccia alle streghe” finita con un buco nell’acqua”: così Valeria Ciarambino, Vicepresidente del Consiglio regionale e cittadina pomiglianese. “Ora, come per il comandante Maiello, dovrà avvenire il reintegro della dirigente rimossa e magari si dovranno mettere le mani nelle tasche dei cittadini anche per pagare cospicui risarcimenti. E mentre l’amministrazione comunale non ne azzecca una, la nostra città sprofonda in un degrado mai vissuto prima” conclude Ciarambino.

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Stretta di FdI sui ballottaggi. La Lega punta sui salari

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Il centrodestra torna alla carica sulla battaglia per cancellare i ballottaggi dei sindaci delle grandi città (con più di 15 mila abitanti). Fallito il blitz di un mese fa al Senato, in forma di emendamento al decreto Elezioni, ci riprova con l’iter più tradizionale di un disegno di legge ad hoc, identico a quello. Martedì partirà l’esame in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama, forte anche della spinta di Fratelli d’Italia che guida la Commissione con il meloniano Alberto Balboni, che è anche relatore del provvedimento. Stesso ruolo che ha per il ddl per aumentare il numero di assessori e consiglieri regionali e di quello costituzionale per allungare a 90 i giorni per la conversione in legge dei decreti (oggi sono 60).

Insomma, la strategia è tracciata. Sui sindaci, dopo le polemiche innescate a inizio aprile dall’emendamento anti ballottaggi che la maggioranza presentò e ritirò subito dopo, per evitare la figuraccia di non essere ammesso (per scarsa attinenza al decreto Elezioni, dedicato alle prossime Amministrative e ai referendum), ora si cambia strada. Ma la meta è decisa, assicurano soprattutto i Fratelli d’Italia. Sottoscritto da tutti i capigruppo di maggioranza, il disegno di legge punta a dire addio al doppio turno che quasi mai ha portato fortuna ai propri candidati e chiede di eleggere al primo turno il candidato sindaco che abbia avuto almeno il 40% dei consensi, oltre a prevedere un premio alla lista o al gruppo di liste collegate a quel candidato. Obiettivo: blindarsi sempre più sui territori, approfittando del buon vento di oggi.

Occasione ancor più allettante per un partito come quello della premier Meloni, che vanta consensi alti, ma viene spesso additato per avere pochi dirigenti e amministratori. Una sfida condivisa dagli alleati. Compresi i leghisti, protagonisti spesso di distinguo, nella coalizione, come ad esempio sul riarmo europeo. Una questione che continua a dividere i tre partiti e che giovedì sarà sul tavolo del Consiglio supremo di difesa, convocato dal Quirinale. Nel breve, la Lega si concentra sui temi economici e scommette sui salari. Nell’aria da giorni, è il leghista Claudio Durigon, nella veste di sottosegretario al Lavoro, a spiegare al Corriere i dettagli della proposta di legge targata Lega che a breve sarà in Parlamento. Il partito di Matteo Salvini lancia il pressing, anche rispetto agli alleati, per garantire stipendi realmente adeguati all’inflazione crescente.

L’escamotage è quello di anticipare in busta paga i soldi in più che normalmente derivano dal rinnovo contrattuale e spesso in ritardo di anni. E sui costi della misura, Durigon replica: “I soldi li stiamo valutando. Troveremo soluzioni”. Parole su cui FdI glissa, pur condividendo la lotta. Fredda e più scettica Forza Italia. In primis, sulle coperture. Secondo i vertici economici di FI, la novità potrebbe costare almeno un miliardo e forse più. Inoltre, non convince il tema delle contrattazioni: da un lato si vorrebbe rafforzare la contrattazione e delegarla ai territori e dall’altro introdurre meccanismi centralizzati, è la critica degli azzurri. Alessandro Cattaneo, responsabile Dipartimenti di FI, chiama in causa il ministro dell’Economia: “Giorgetti dovrà esprimersi perché bisogna stimare quanto sia oneroso intervenire”. Parallelamente FI annuncia la prossima battaglia contro le morti e gli infortuni sul lavoro. Un ddl sarà presentato “prima dell’estate”, garantisce il viceministro alla Giustizia e forzista Francesco Paolo Sisto. (

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Mattarella convoca il Consiglio Supremo di Difesa giovedì 8 maggio

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Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa al Palazzo del Quirinale per giovedì 8 maggio 2025 alle ore 17. Lo comunica la Presidenza della Repubblica.”L’ordine del giorno prevede le “valutazioni sul Libro bianco della difesa europea, sulle infrastrutture strategiche nazionali, sull’adeguamento dello strumento militare e le prospettive per l’industria della difesa italiana”. Inoltre, il Consiglio esaminerà “l’evoluzione nelle principali aree di crisi con particolare riferimento ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente ed alle iniziative di pace in ambito internazionale ed europeo”.

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