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Cronache

Agenzia cyber perde direttore, Baldoni si dimette

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Terremoto all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Si è dimesso in serata il direttore Roberto Baldoni, l’uomo che aveva guidato l’organismo fin dal momento della sua costituzione, nell’agosto 2021. Evidentemente qualcosa si è rotto con il Governo Meloni, che pure finora non aveva toccato alcuna casella nel comparto della sicurezza. Una mancanza di fiducia avvertita da parte dell’Esecutivo potrebbe aver determinato la scelta del professore. Ora si punterà a dare al più presto una nuova guida ed un nuovo slancio all’Agenzia.

Tra i compiti dell’organismo il supporto ai soggetti pubblici e privati nazionali, che erogano servizi essenziali, nella prevenzione e mitigazione degli incidenti, nonché ai fini del ripristino dei sistemi, nonchè la promozione di campagne di sensibilizzazione e diffusione della cultura della cybersicurezza. Baldoni lascia nel pieno della campagna di attacchi hacker del collettivo filorusso Noname057(16) che anche oggi ha preso di mira siti di una serie di ministeri ed istituzioni. Non è una novità, nè un fenomeno italiano, visto che la campagna cyber di Mosca ha nel mirino tutti i Paesi che sostengono l’Ucraina.

Apparentemente il sistema ha comunque tenuto e non si sarebbero verificati disservizi rilevanti. Il referente politico del direttore dell’Agenzia è il sottosegretario Alfredo Mantovano, Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica. I due erano presenti martedì scorso alla sede dell’intelligence di piazza Dante per l’illustrazione della relazione annuale dei servizi che, come ogni anno, ha dedicato ampio spazio.alla minaccia cibernetica.

Baldoni era stato a capo della struttura di difesa cyber dello Stato fin dal gennaio 2018, quando era stato nominato vicedirettore del Dis con il compito di “sviluppare l’Architettura nazionale di Cybersecurity e coordinare le azioni di mitigazione degli attacchi cyber con impatto sulla sicurezza nazionale”. Dal 2002 è professore ordinario di Informatica all’università La Sapienza di Roma dove ha fondato nel 2011 e diretto fino al 2017 il primo centro di ricerca in Italia su “Cyber Intelligence e Sicurezza Informatica”. Nel 2014 ha fondato e diretto fino al 2017 il Laboratorio nazionale di cybersecurity d’Italia che ha riunito più di 200 professori di 45 università pubbliche e private d’Italia.

Ora si cambia. Il Governo punta a sostituire in tempi brevi il professore per dare una nuova guida all’Agenzia, che ha in Nunzia Ciardi il vicedirettore. Il Pnrr ha stanziato ben 623 milioni di euro al settore, mentre sarà riservata all’implementazione della Strategia nazionale di cybersicurezza una quota pari all’1,2% degli investimenti nazionali lordi su base annuale. Toccherà al succesore di Baldoni gestire questi ingenti risorse, secondo le indicazioni che arriveranno dal Governo di centrodestra col quale evidentemente Baldoni non era più in sintonia.

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Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

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Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

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Tony Colombo e Tina Rispoli restano in carcere, confermate in Cassazione le accuse di camorra

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La Corte di Cassazione ha recentemente respinto le richieste di scarcerazione per il cantante neomelodico Tony Colombo e sua moglie Tina Rispoli, implicati in un’inchiesta del pool antimafia. La coppia è accusata di avere legami con il clan Di Lauro, operante nella zona di Scampia-Secondigliano.

Le indagini, condotte dai pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano, puntano a dimostrare come Colombo e Rispoli, nonostante non appartengano direttamente a una famiglia mafiosa, siano profondamente inseriti nelle dinamiche criminali del clan. I giudici della quinta sezione della Suprema Corte hanno sottolineato la “totale condivisione di intenti” tra i coniugi e la loro “estrema pericolosità”, evidenziata dal loro “perdurante e costante inserimento nei contesti illeciti”.

L’accusa si concentra anche sulla gestione di un capannone industriale associato a Vincenzo Di Lauro, con arresti confermati anche per lui dalla Cassazione, e sulla condivisione di un marchio commerciale legato alla moda e all’abbigliamento. Le prove raccolte includono intercettazioni telefoniche e ricostruzioni finanziarie effettuate dalle forze dell’ordine.

Il deputato Francesco Emilio Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra ha commentato il caso, sottolineando come lui e il suo partito abbiano per anni lottato contro il sistema di Colombo e Rispoli, denunciando i loro legami con la camorra che, a suo dire, molti hanno preferito ignorare.

Questa vicenda mette ancora una volta in luce le intricate connessioni tra il mondo dello spettacolo e le organizzazioni criminali in alcune aree di Napoli, rivelando come figure pubbliche possano a volte essere coinvolte in attività illecite che sfruttano la loro visibilità per operazioni economiche dubbie. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo nel tentativo delle autorità di combattere il crimine organizzato, dimostrando che nessuno è al di sopra della legge, anche quando si tratta di figure note al grande pubblico.

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Processo per usura e racket ai clan di Napoli Ovest, l’assenza per paura dei commercianti

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Napoli ovest è ancora una volta teatro di un processo che mette in luce la profonda infiltrazione della camorra nelle attività quotidiane dei cittadini. Il processo, che ha avuto inizio ieri con la prima udienza preliminare, vede coinvolte venti persone, identificate dalla Procura come membri del clan Vigilia. Questo gruppo, a lungo dominante nel rione Traiano per il controllo delle piazze di spaccio, è ora accusato di estorsione e usura nei confronti di commercianti locali.

Il giudice per le udienze preliminari ha preso in esame il caso, che rivela come un commerciante di via Epomeo sia stato costretto a pagare fino a 15mila euro in diverse rate sotto minaccia. Queste pratiche estorsive non sono isolate, ma parte di una strategia di radicamento criminale che ha visto i cittadini, indicati come vittime dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, sottomessi a tassi usurari e pressioni continue.

La nota più triste di questa vicenda è l’assenza in aula delle presunte vittime, i “cittadini innocenti” che hanno subito intimidazioni e minacce. Questo silenzio è indicativo dell’atmosfera di paura che regna in alcune aree di Napoli, dove l’omertà sembra ancora prevalere. Nonostante la gravità delle accuse, nessuna delle vittime ha voluto presentarsi per rivendicare il proprio status di parte offesa.

Il processo vede anche la costituzione di parte civile da parte del Comune di Napoli e della Presidenza del Consiglio, oltre che dell’associazione Sos Impresa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Motta. Questi soggetti cercano di sostenere il procedimento giudiziario e di offrire supporto alle vittime, spesso lasciate sole a fronteggiare la criminalità organizzata.

L’udienza è stata occasione per gli avvocati di delineare le strategie difensive, con alcuni imputati che hanno optato per il rito abbreviato, sperando in una riduzione della pena. Tuttavia, il clima di tensione non diminuisce, come dimostrano episodi recenti di violenza nella stessa area, tra cui un raid in un parco giochi che ha visto una madre ferita mentre si prendeva cura della figlia.

Il caso continuerà a giugno, con il ritorno in aula e l’attesa delle richieste di condanne per coloro che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Intanto, il verdetto duro contro il clan Sorianiello, emesso nello stesso periodo, conferma l’esistenza di una rete criminale ben strutturata, capace di imporre il proprio dominio attraverso la violenza e l’intimidazione.

Questo processo non è solo un’esposizione delle dinamiche criminali di Napoli ovest, ma anche un esame della capacità della giustizia di proteggere i cittadini e di affermare l’autorità dello Stato in zone dove la legge sembra avere poco potere. Le conseguenze di questo processo saranno cruciali per la lotta alla camorra e potrebbero segnare un punto di svolta nella ripresa di controllo civile nelle aree più turbolente della città.

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