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Cronache

Licenziata dall’azienda, accordo per Francesca Amadori ma resta il problema delle donne nell’azienda dei polli

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Finisce con le parti in campo che sotterrano ‘l’ascia di guerra’ e fanno calare definitivamente il sipario su quella che, nei mesi scorsi, aveva assunto i contorni della ‘faida familiare’ all’ombra di una delle realtà economiche e produttive tra le più note d’Italia. Va in archivio con un accordo extragiudiziale la causa che, a Forlì, ha visto fronteggiarsi Francesca Amadori – nipote del fondatore del gruppo romagnolo – e l’azienda di famiglia, ai vertici nel settore agroalimentare nazionale. Ieri, recita una nota – identica – dei legali delle due parti (gli avvocati Domenico Tambasco, Luca Laudato, Barbara Cortesi, Marco Praino, Andrea Cattaneo e Adele Santelia per Francesca Amadori e l’avvocato Marco Giardetti per la società romagnola) “ha trovato consensuale e positiva conclusione il contenzioso in essere. La reciproca disponibilità ha reso possibile un accordo che consentisse, in primis, la tutela dell’azienda quale patrimonio della famiglia, dei dipendenti e della collettività intera”.

Poi, è la chiosa, l’augurio del gruppo a Francesca Amadori “di poter fruttuosamente intraprendere un percorso professionale diverso, fondato sui suoi 18 anni di presenza in azienda, nel corso dei quali, la stessa, ha dimostrato competenza e professionalità”. A far deflagrare il rapporto tra Francesca – che ricopriva la carica di responsabile della comunicazione – e la società di famiglia fondata nel 1969 a San Vittore di Cesena da Francesco Amadori, era stato il suo licenziamento avvenuto nel gennaio del 2022 e giustificato, a dire dei vertici aziendali, da assenteismo prolungato dal lavoro. Un’accusa e un provvedimento poi impugnato davanti al Tribunale di Forlì dalla nipote del fondatore, sostenendo, invece, di essere stata discriminata come donna.

Tema, quello della diversa considerazione tra uomini e donne all’interno della Amadori sollevato, anche da Patrizia e Loretta Amadori, figlie di Francesco che, a loro volta, hanno citato in sede civile, davanti al Tribunale delle imprese di Bologna, i fratelli Denis e Flavio, padre di Francesca, entrambi ai vertici del gruppo a causa di una proposta di riassetto societario che avrebbe concentrato il potere in mano agli uomini a discapito della componente femminile. Lo scorso dicembre alla prima udienza davanti al Tribunale a Forl’ – con Francesca Amadori contrapposta al padre Flavio, all’epoca presidente del gruppo, e allo zio, Denis, vicepresidente – aveva partecipato anche l’allora consigliera di parità dell’Emilia-Romagna, Sonia Alvisi. In aula Francesca Amadori aveva chiesto un risarcimento di 2,3 milioni per i danni subiti, mentre l’azienda aveva replicato con una citazione civile nei suoi riguardi per 1,5 milioni ritenendo di aver subito un danno d’immagine. L’udienza si era conclusa con un rinvio per verificare la possibilità di trovare un accordo extragiudiziale fra le parti prima di arrivare alla sentenza. Intesa raggiunta ieri e di cui non sono stati resi noti i termini economici.

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Lo stipendio del rettore di UniBa aumenterà del 128%

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Nessun aumento arbitrario o unilaterale, ma solo l’applicazione di un decreto ministeriale che, tabelle alla mano, consente agli atenei di adeguare il compenso dei propri organi investiti di maggiori responsabilità, quindi anche dei rettori. E’ questa la cornice, secondo l’Università Aldo Moro di Bari, nella quale è maturata la decisione, assunta dal consiglio di amministrazione, di avallare l’aumento dello stipendio del rettore Stefano Bronzini del 128%, per farlo passare dagli attuali 71.856 a 160mila euro annui.

Il via libera ha però generato moltissime polemiche, come già avvenuto nel recente passato quando fu deciso l’aumento dello stipendio del rettore del Politecnico di Bari, Francesco Cupertino, e quello del rettore dell’Università del Salento, Fabio Pollice, che ha però fatto un passo indietro. Bronzini dice di non sentirsi particolarmente colpito dalle polemiche, perché “credo ci siano aspetti più interessanti sui quali dialogare”, ma di essere consapevole che la questione “tocca le corde della sensibilità”, quindi “occorre chiarire che abbiamo applicato una norma secondo le tabelle ministeriali che premiano gli atenei”.

Un decreto ministeriale che considera cambiate le regole di ingaggio dei rettori, chiamati oggi a maggiori responsabilità rispetto al passato. E che in ogni caso subordina l’aumento effettivo dello stipendio alla valutazione del Mef, al quale l’Uniba ha inviato tutta la documentazione richiesta. Dal punto di vista economico, Bronzini chiarisce che “non c’è varianza di spesa”, perché si tratta di fondi già previsti dal bilancio che consentono di investire negli organi collegiali. Poi spiega di essersi augurato che “una figura apicale con moltissime responsabilità, cosa che riguarda anche chi resterà dopo di me, fosse considerata in modo proporzionale rispetto ai tempi”.

E’ lo stesso rettore, infatti, a precisare di mettere “la firma su svariati milioni di euro” una responsabilità, dice, che “si estende a tutto il personale, circa tremila persone, a 42mila studenti, a 700mila metri quadri di strutture, di cui 600mila coperti, ad appalti”. Ai quali si aggiungono “sedi territoriali dal Gargano al Salento, un’azienda in Basilicata” quindi, evidenzia il rettore, “una complessità enorme”. Quanto all’eventuale retroattività dell’aumento, la nota ministeriale indica il 2022. “Se avremo il responso positivo, decideremo come applicarla – conclude il rettore -. Aspettiamo le valutazioni che si fondano anche sulla situazione del bilancio, che è virtuosa”.

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Telefono Azzurro,+2,5% segnalazioni di casi pedofilia

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Aumentano le richieste di aiuto per abusi sessuali su bambini che arrivano a Telefono Azzurro. Nel 2023 la linea d’ascolto del 114 Emergenza Infanzia ha registrato un aumento del 2,5% di casi gestiti rispetto all’anno precedente. Sono stati in totale 164, con una media di oltre 13 al mese. Un dato nettamente più alto rispetto ai 110 del 2018 (+49%). I numeri sono stati resi noti oggi in occasione dell’evento “La dignità dei bambini nel mondo digitale” promosso dalla Fondazione S.O.S. Telefono Azzurro ETS in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede e Fondazione Child, in vista della Giornata nazionale per la lotta alla pedofilia e alla pedopornografia. Un incontro per approfondire le conseguenze dello sfruttamento sessuale sui bambini e adolescenti, con uno sguardo rivolto al panorama internazionale e alle insidie del web. In quasi tre casi su 10 di abusi gestiti da Telefono Azzurro si tratta di situazioni che sorgono e persistono online. Nove volte su 10 i minori risultano coinvolti nel ruolo di vittime, nel 6% di autori e nel 4% in quello di testimoni. Nel 61% dei casi si tratta di bambine. Il primato delle richieste d’aiuto è del Veneto (18%), seguito da Lazio (16%) e Lombardia (16%).

“La pedofilia rappresenta una sfida per tutti noi. È al centro della nostra attenzione fin dall’inizio e abbiamo visto cambiare questo fenomeno” ha affermato il presidente della Fondazione Sos Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. “Con l’avvento della tecnologia digitale, gli abusi hanno assunto nuove forme e si sono diffusi su scala globale” ha aggiunto, spiegando che «occorre sviluppare reti di relazione, servono sinergie trasversali». Si stima che circa un bambino su cinque in Europa sia vittima di qualche forma di violenza sessuale e che in circa l’80% dei casi ad abusare è qualcuno che il bambino conosce. Anche l’adescamento di minori a fini sessuali è in crescita a livello mondiale. Dai dati della National Society for the Prevention of Cruelty to Children (NSPCC) emerge che negli ultimi quattro anni sono aumentati dell’80% i crimini di grooming online.

“Nel 2023 viene registrato il record di immagini con abusi sessuali a danni di bambine e bambini. C’è un problema che, nonostante tutti gli sforzi, non si riesce a fermare” ha sottolineato Maria Teresa Bellucci, vice ministro del Lavoro e delle politiche sociali. “Dobbiamo fare sempre meglio. Lo Stato deve esserci” ha aggiunto Bellucci, assicurando: “mai più zone franche della violenza”. Mentre il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, in un messaggio, ha confermato “l’impegno trasversale delle istituzioni a rendere la rete un luogo maggiormente sicuro in cui i minori possano navigare in modo protetto”. Sulla stessa scia la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli: “È importante – ha detto – tenere alta l’attenzione e continuare a lavorare per la prevenzione e per sensibilizzare i minori e le loro famiglie sui rischi a cui sono esposti in rete”. Secondo la ministra della Famiglia Eugenia Roccella, invece, serve “una riflessione alta e approfondita sulle nuove tecnologie, sulle ricadute etiche e antropologiche che hanno e avranno nella nostra vita”.

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Falsi vaccini covid, decine tra condanne e rinvii

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C’è anche Alberto Ferrero, consigliere comunale e coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia, tra le persone che sono state condannate a Ravenna per falso in concorso per le false vaccinazioni Covid. Ferrero (condannato a nove mesi, pensa sospesa) risultava infatti fra le persone imputate che si erano rivolte al medico Mauro Passarini per una vaccinazione fasulla per ottenere il Green pass. L’udienza preliminare sulle decine di green pass fasulli scoperti, a partire da una verifica della polizia, in un ambulatorio di Marina di Ravenna dove operava il medico Mauro Passarini, Si è chiusa davanti al Gup Andrea Galanti: delle 226 persone imputate per falso in concorso con il medico che le aveva vaccinate, 24 sono state condannate in abbreviato a pene tra gli 8 e i 12 mesi; 98 sono state rinviate a giudizio (il processo partirà a fine gennaio); 17 sono state prosciolte e le altre hanno scelto di patteggiare pene più lievi.

Secondo quanto emerso, e in larga parte confermato dal medico, le iniezioni del vaccino contro il covid19 a molti degli indagati, non erano state fatte oppure erano state fatte in maniera estremamente diluita. Il principale indagato, il 67enne medico di base e ginecologo Mauro Passarini, originario di Bologna ma da tempo residente a Marina di Ravenna, in passato aveva già patteggiato due anni per falso; peculato per via della contestata appropriazione di fiale Pfizer; ed evasione per avere parlato il 17 novembre 2021 a un giornalista uscendo di casa mentre si trovava ai domiciliari. La corruzione, contestatagli inizialmente e che avrebbe fatto lievitare la pena, era invece stata esclusa.

Per lui l’arresto era arrivato il 10 novembre 2021: dopo qualche giorno di cella era andato ai domiciliari per infine tornare completamente libero. La condanna più alta (un anno, pena sospesa) è stata inflitta al guaritore di Padova a cui Passarini si era in passato avvicinato e che per l’accusa avrebbe fatto da collettore tra il vaccinatore e diversi no vax di città del nord Italia. L’indagine della squadra Mobile ravennate – coordinata dal Pm Angela Scorza – era partita da una vaccinazione fasulla su una minore accompagnata apposta a Marina di Ravenna dal padre da Belluno: era stata la madre della ragazzina a presentare il primo esposto. Le perquisizioni avevano poi portato al sequestro a Passarini di 13 fiale Pfizer ormai compromesse perché abbandonate a temperatura ambiente. Tra gli imputati figurano anche alcuni infermieri e medici dell’Ausl Romagna (che si è costituita parte civile) i quali hanno perlopiù scelto di difendersi in dibattimento.

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