Collegati con noi

Economia

I prezzi rallentano ma l’inflazione resta a due cifre

Pubblicato

del

Rallenta la corsa dei prezzi, ma l’inflazione continua a viaggiare su due cifre. A gennaio in Italia l’indice si attesta al +10,1% su base annua, scendendo dal +11,6% del mese precedente. Un livello che non si registrava da settembre 1984, come sottolinea l’Istat diffondendo le stime preliminari che ne evidenziano la “netta attenuazione”. A determinare la flessione è in primo luogo l’inversione di tendenza dei Beni energetici regolamentati, ovvero le tariffe nel mercato tutelato, che segnano -10,9% (da +70,2% di dicembre scorso). Su base mensile i prezzi aumentano dello 0,2%. Frena anche il carrello della spesa: i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona registrano un +12,2% (dal precedente +12,6%). L’inflazione acquisita per il 2023 (ovvero la crescita media che si avrebbe se i prezzi rimanessero stabili nella restante parte dell’anno) è pari a +5,3%.

La stessa dinamica si ritrova nell’eurozona dove sempre a gennaio l’inflazione si attesta all’8,5%, in calo rispetto al 9,2% di dicembre, secondo la stima flash di Eurostat. Si conferma così il rallentamento evidenziato già a fine 2022, ma le tensioni sui prezzi rimangono diffuse in diverse categorie, tra cui i beni alimentari lavorati (che passano da +14,9% a +15,2% sempre su base annua). E, pur rallentando, tra gli energetici non regolamentati, che comprendono i carburanti, combustibili ed energia elettrica nel mercato libero (che passano da +63,3% a +59,6%). Proprio sul fronte bollette il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, prefigura nuovi cali in arrivo: “Da domani scendono”, afferma dopo il question time. In calendario, domani, c’è infatti l’aggiornamento mensile dell’Arera (l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) sulla bolletta del gas di gennaio per i clienti in tutela. Un taglio che potrebbe essere rilevante: secondo la stima di Nomisma energia, con il crollo subito dal prezzo spot del gas, il taglio potrebbe essere del 33%, dopo l’aumento del 23% di dicembre. Ma resta caldo il fronte carburanti. In attesa dell’esame degli emendamenti – sono 85, di cui 18 delle maggioranza – al decreto sulla trasparenza dei prezzi dei carburanti presentati in commissione Attività produttive della Camera e dell’esame in Aula atteso da mercoledì 15 febbraio, va avanti al Mimit il confronto con i gestori e petrolieri. Un nuovo incontro con il ministro Adolfo Urso è fissato per mercoledì 8 febbraio: al tavolo i gestori Faib Confesercenti, Fegica, Figisc Confcommercio e le aziende riunite in Unem e Assopetroli. I dati sull’inflazione non bastano però a sgomberare il campo dai timori, sia tra le associazioni di categoria sia tra i consumatori. Confcommercio parla di una “buona notizia”, sottolineando che il dato è migliore delle attese ma che restano le pressioni sul potere d’acquisto delle famiglie, eroso proprio dal caro vita. Un italiano su tre è in una condizione economica difficile a causa dell’inflazione e le più colpite sono inevitabilmente le famiglie meno abbienti, emerge da un’indagine di Altroconsumo secondo cui gli italiani “si vedono costretti a tagliare i consumi o a ricorrere a prestiti”. Per il Codacons, il ribasso registrato a gennaio “è una mera illusione ottica. L’inflazione è ancora elevatissima” e si traduce in una stangata di almeno 2.900 euro annui per le famiglie. L’associazione sottolinea anche il rischio di “una nuova ondata di rincari a partire dal 5 febbraio, quando l’embargo ai prodotti raffinati russi farà salire i listini di benzina e gasolio, con conseguenze dirette su una moltitudine di prodotti”. A calmierare l’inflazione “è soprattutto il mercato tutelato”, sottolinea l’Unione nazionale consumatori, “ragione in più per rinviarne la fine, che per la luce dei condomini e delle associazioni è prevista tra due mesi”, il primo aprile 2023.

Advertisement

Economia

Il clima affonda la produzione di vino in Italia (-23%)

Pubblicato

del

Piogge frequenti e malattie delle viti fanno crollare la produzione di vino in Italia. Tra agosto 2023 e luglio 2024 l’Unione europea vedrà un calo della produzione annua di vino del 10% (stimata in circa 143 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2017-18) a causa “delle condizioni meteorologiche avverse”: un dato trainato da una “diminuzione significativa” osservata tanto in Italia (-23%) quanto in Spagna (-21%) nei dodici mesi. A rilevarlo è l’ultimo rapporto sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli dell’Ue pubblicato dalla Commissione europea. Intanto oggi è stato presentato alle associazioni di settore il nuovo avviso Ocm vino ‘Promozione sui mercati dei paesi terzi’.

Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, mette a disposizione degli operatori 22 milioni di euro a cui vanno aggiunti 71 milioni di euro per bandi regionali e multiregionali per un investimento complessivo che supera i 90 milioni di euro. “L’avevamo detto e l’abbiamo fatto anche prima del previsto”, ha segnalato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Ci stiamo muovendo per una più grande valorizzazione dell’export del vino”. Da subito per il Governo “è stata una priorità”, ha sottolineato. Il rapporto della Commissione Ue sulla produzione attesa a luglio 2024 sottolinea che il settore continua a essere influenzato da numerosi eventi “fuori dal controllo” degli agricoltori, come le crisi climatiche e geopolitiche, che esercitano pressioni in termini di prezzi, domanda e reddito.

Il “calo senza precedenti” che si osserverà in Italia, spiega l’Ue, è “determinato da frequenti piogge nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, e le conseguenti malattie fungine delle viti”. Visto il crollo della produzione in Spagna e Italia, la Francia tornerà a essere il primo produttore di vino in Ue. Non solo produzione, Bruxelles stima che a diminuire sarà anche il consumo (-1,5%) fino a 96 milioni di ettolitri, in particolare dei vini rossi, dovuto anche al fatto che più giovani preferiscono altri alcolici, soprattutto birre e cocktail. Considerata “l’imprevedibilità degli eventi meteorologici estremi e dei bruschi cambiamenti osservati nell’ultimo anno”, il rapporto mette in guardia sulla necessità di trattare “con cautela” i segnali attuali. Nel 2023-2024 a crollare saranno inoltre i volumi delle esportazioni di circa l’11%, a 28 milioni di ettolitri. Non solo sul vino, le condizioni meteorologiche avverse peseranno anche sulla produzione europea di mele e arance, le esportazioni delle quali diminuiranno drasticamente. Quanto alla produzione di olio d’oliva, la Commissione stima “una leggera ripresa” tra ottobre 2023 e settembre 2024 dopo un raccolto record lo scorso anno. Quanto ai cereali, si prevede che nel 2024/25 la produzione aumenterà fino a circa 278,5 milioni di tonnellate (+ 3% su base annua), principalmente grazie a rese migliori. Le importazioni tra luglio 2023 e giugno 2024 potrebbero rimanere superiori del 17% rispetto alla media quinquennale.

Continua a leggere

Economia

Ponte sullo Stretto, dubbi su altezza, ‘ok grandi navi’

Pubblicato

del

È ormai l’opera più discussa e chiacchierata nella storia d’Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina. A esprimere nuovamente le proprie perplessità sul Ponte, rilanciato dal vicepremier e ministro dei Trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini, è Federlogistica, secondo cui sarebbe troppo basso per le grandi navi. L’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, invece rassicura che navi da crociera e portacontainers non avranno problemi a transitare nello Stretto una volta costruito il Ponte. In una intervista il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ribadisce che un’altezza massima di 65 metri sul livello del mare “impedirebbe” il transito di alcune grandi navi, “alte più di 68 metri”, ed inoltre essendo il Ponte a campata unica, i 65 metri di altezza verrebbero raggiunti solo nella parte più alta, mentre verso le due sponde, il cosiddetto franco navigabile, si ridurrebbe, spiega.

Dal canto suo Ciucci sottolinea che il franco navigabile del ponte sullo Stretto “è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario” e che “questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization)”. L’a.d della Stretto di Messina aggiunge poi che la commissione tecnica istituita al Mit ha già effettuato “un esame approfondito del traffico” degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le diverse imbarcazioni, “dal quale non emergono criticità legate al Ponte”. E sempre Ciucci fa notare che la quasi totalità delle navi portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez e, quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui franco navigabile “è inferiore ai 72 metri” che saranno disponibili sullo Stretto di Messina.

E a rassicurare sul Ponte interviene anche Marco Lombardi, amministratore delegato di Proger Spa, società coinvolta nella progettazione dell’opera. “Il Ponte sullo Stretto regge benissimo, è un’opera sicura, innovativa e il via libera arriverà presto”, afferma. Le opposizioni però non si lasciano convincere. “E’ un ponte costosissimo, inutile e fatto male”, scandisce la deputata del Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini, accusando il governo di arrivare a concepire una spesa di 15 miliardi di soldi pubblici “per una follia simile”.

Continua a leggere

Economia

Polemica su sgravi al Sud, il governo lavora al rinnovo

Pubblicato

del

Scoppia la polemica sullo stop agli sgravi contributivi per le imprese del Mezzogiorno, una misura introdotta dal governo Conte II nel 2021, autorizzata dalla Ue in quanto aiuto di Stato straordinario in tempi di Covid, prorogata diverse volte ed ora arrivata al capolinea del 30 giugno, quando si tornerà al vecchio regime Ue sugli aiuti di Stato. L’opposizione accusa il governo di mandare a morire la misura che sta sostenendo le imprese al Sud ma il ministro degli Affari europei, Sud, Politiche di Coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, respinge al mittente le ricostruzioni “false e pretestuose” e assicura che il governo negozierà con la Ue “nuove modalità possibili di applicazione della misura”.

‘Decontribuzione Sud’ aveva fin dall’inizio una scadenza naturale, essendo figlia dell’allentamento delle regole sugli aiuti di Stato varato dalla Commissione europea durante la pandemia per sostenere le imprese. Con il ritorno alle normali regole europee, il prossimo 30 giugno, verranno meno tutti gli aiuti straordinari che i governi misero in campo negli anni del Covid. Ma per l’opposizione non ci sono motivazioni che tengano e il governo dovrebbe fare di tutto per non lasciar scadere l’aiuto alle imprese del meridione. “Questo governo sta schiaffeggiando il Sud”, attacca il presidente del M5s Giuseppe Conte, spiegando come gli aiuti hanno consentito assunzioni tra il 2021 e il 2023, in aree svantaggiate, di circa 3,7 milioni di persone. Anche il Pd insorge contro “l’ennesimo taglio” che avrà “effetti devastanti”, perché “sono a rischio tre milioni di contratti. In allarme anche i sindacati, che hanno avuto la notizia dello stop proprio da Fitto.

“Non confermare il taglio del costo del lavoro per oltre tre milioni di lavoratori dipendenti, aggiunge ulteriori rischi sul fronte occupazionale per quelle regioni”, ha detto il segretario confederale della Uil, Santo Biondo. Ma l’esecutivo si difende e rivendica non solo l’attenzione per il Sud ma anche per la vecchia misura del governo Conte II, di cui il governo Meloni ha chiesto due rinnovi, ottenendo anche un aumento dei massimali. Fitto spiega che il governo aveva già chiesto alla Ue “la massima estensione temporale compatibile con la scadenza del Quadro temporaneo” sugli aiuti di Stato, una tagliola da cui però non è più possibile scappare. Per questo ora “il governo avvierà un negoziato con la Commissione europea per verificare nuove modalità possibili di applicazione della misura, in coerenza con la disciplina europea ed al di fuori delle misure straordinarie del temporary framework sugli aiuti di Stato”. Il ministro ribadisce poi che l’impegno “per tutelare gli interessi del Sud e per garantirne lo sviluppo”. E ricorda che il decreto Coesione, che il governo ha ribattezzato decreto Primo maggio, prevede proprio una serie di misure per il lavoro tra cui diversi bonus che incentivano le assunzioni di donne, giovani e disoccupati soprattutto al Sud, attraverso sgravi contributivi del 100% per due anni. Stando alla nuova bozza del decreto, però, partiranno non più da luglio come annunciato nella prima versione ma scatteranno sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato dal primo settembre 2024 al 31 dicembre 2025.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto