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Cronache

Camorra gestiva locali al centro di Roma, 5 condanne

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“I ristoranti di Roma sono tutti loro!”. In una intercettazione carpita dai carabinieri, coordinati dai magistrati dell’antimafia di Roma, non si utilizzavano mezzi termini per descrivere il potere della famiglia Moccia, clan di stampo camorristico attivo nella Capitale di anni, nella gestione di molti locali del centro storico della Capitale. Di fatto il gruppo aveva messo le mani su numerose attività di ristorazione e locali. Una indagine che ha portato oggi il tribunale ad emettere cinque condanne per le accuse di estorsione e fittizia intestazioni di beni, fattispecie aggravate dal metodo mafioso.

I magistrati di piazzale Clodio hanno inflitto nove anni di carcere ad Angelo Moccia, per gli inquirenti a capo della struttura criminale, e disposto altre quattro condanne comprese trai gli 8 anni e un anno e 4 mesi. Uno degli imputati è stato assolto. Il processo è scaturito dal procedimento culminato nel settembre del 2020 con 13 arresti e il sequestro di alcuni ristoranti. Locali nel cuore della città in cui il clan, originario di Afragola in provincia Napoli, avrebbe reinvestito i capitali illeciti. I locali finiti sotto sequestro erano in zone centralissime: dal Pantheon a Castel Sant’Angelo, da piazza Navona a Trastevere.

“Vedi che c ‘hanno un ‘organizzazione… che per spaventarmi io che l’ho conosciuto ultimamente, ti dico…spaventosa!”, affermava uno degli indagati in una intercettazione citata nell’ordinanza di custodia cautelare. Gli accertamenti, coordinati dal pm Giovanni Musarò, erano partiti nel nel 2017 subito dopo la scarcerazione di Angelo Moccia. Il clan gestiva attraverso dei prestanome diverse attività commerciali a Roma, riciclando i capitali illeciti in investimenti immobiliari e in macchine di lusso – sempre intestate ad altre persone – ed estorcendo denaro con metodi mafiosi a chi non rispettava le regole. In un’altra intercettazione un indagato non nascondeva il suo timore per il modus operando del gruppo camorristico: “quelli c’hanno veramente un esercito…ti ammazzano”.

Dalle indagini è emersa, inoltre, una richiesta estorsiva e di riscossione di 300 mila euro posta in essere da affiliati al clan ai danni di imprenditori che avevano ottenuto dal Tribunale di Roma la gestione di quattro locali, oggetto di un precedente sequestro di prevenzione operato per evasione fiscale nei confronti di un noto manager romano riconducibile al capoclan.

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Lavoratore 21enne morto a Scafati in un incidente

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Lavorava in nero il 21enne Alessandro Panariello, che ieri è morto in un incidente avvenuto a Scafati, in provincia di Salerno, mentre lavorava in un palazzo in pieno centro. A denunciarlo sono gli avvocati Gennaro Caracciolo e Agostino Russo dello Studio Forensis, che assistono la famiglia del giovane lavoratore. Secondo le prime ricostruzioni Panariello è rimasto ucciso da una lastra d’acciaio caduta dalla carrucola che stava sollevando. “L’unica cosa della dinamica che abbiamo saputo – spiegano i legali – è che Panariello era giù e un altro lavoratore era su quando gli è caduta addosso la lastra, e che era ancora vivo mentre lo portavano in ospedale”.

“Siamo morti insieme al nostro Alessandro – fanno sapere tramite gli avvocati la madre Flora, il compagno di quest’ultima (il papà di Alessandro è morto da anni) e la fidanzata del 21enne, Annachiara – ma faremo di tutto affinché giustizia venga fatta; sporgeremo querela contro il datore di lavoro, anche perché il povero Alessandro non era regolare, nonostante avesse sempre chiesto di avere un contratto di lavoro. Ora la nostra vita è cambiata per sempre. Saremo destinati ad andare avanti con la morte nel cuore perché niente e nessuno potrà restuirci il nostro Alessandro”. Il 21enne aiutava economicamente, nonostante la sua giovane età, l’intera famiglia.

“Queste morti – dice l’avvocato Caracciolo – accadono perché non c’è la giusta cultura sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, non c’è la giusta cultura nelle aziende e non si provvede all’adozione dei giusti modelli di gestione e controllo delle procedure aziendali e quindi del modo di lavorare. Dunque non si fa nulla per prevenire tali situazioni; si tratta di un problema soprattutto culturale che nel sud Italia è ancora più pesante”.

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Cronache

Turista Usa denunciata a Capri per furto con destrezza

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Dopo aver acquistato un articolo, ha misurato un bracciale in ottone del valore di 500 euro e, approfittando della distrazione della commessa, lo ha fatto scivolare all’interno della sua borsa, per poi allontanarsi. E’ successo nei giorni scorsi in una boutique di Capri. La donna – una turista statunitense – è stata però identificata perchè, avendo effettuato il pagamento col sistema “tax free”, ha consegnato il suo documento all’esercente commerciale. Questo ha consentito agli agenti del locale commissariato di identificarla e, poco dopo, di rintracciarla in una struttura ricettiva dell’isola, dove è stata trovata in possesso del bracciale rubato. La turista è stata denunciata all’autorità giudiziaria per furto con destrezza.

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Nappi, il Comune si preoccupi del degrado della Galleria Umberto

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“È assurdo e paradossale che davanti al degrado totale che attanaglia la Galleria Umberto I, ci si preoccupi prima di tutto di smantellare il salottino allestito per l’inaugurazione dello store Mondadori. Le irregolarità vanno sempre combattute e sanzionate, ma allo stesso modo mi chiedo: il Comune perché non interviene anche per riportare il decoro in uno dei luoghi simbolo della città? Perché continua a non vedere la sporcizia che interessa ogni angolo della struttura storica, l’accampamento di clochard, le facciate dei palazzi dai colori diversi, i vetri rotti e tutto ciò che mortifica e arreca danno all’immagine di Napoli  e dei napoletani?”. Lo afferma Severino Nappi, capogruppo della Lega nel Consiglio regionale della Campania.

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