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Economia

Famiglie, imprese, Pa, la manovra da 903 commi

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 Per le famiglie aiuti contro il caro-energia e per l’inflazione, ma anche novità dai congedi ai mutui; per le imprese misure di sostegno, incentivi all’assunzione e dilazioni nei pagamenti; nella P.a. un’ondata di assunzioni nei ministeri e proroga dello smart working per i fragili. Con la manovra approdata al Senato per l’ultimo giro di boa prima dell’approvazione definitiva, si avvicina l’entrata in vigore delle nuove misure. Ecco cosa cambia nel 2023 per cittadini, aziende e amministrazione pubblica.

 

FAMIGLIE. Gli aiuti sul fronte energetico coprono il primo trimestre dell’anno e vanno dall’azzeramento degli oneri sistema in bolletta al rafforzamento del bonus sociale, per una platea più ampia di famiglie svantaggiate (l’Isee sale da 12 a 15mila euro). Confermata l’Iva ridotta al 5% per il gas. In chiave anti-inflazione arriva un pacchetto di misure che va dall’Iva ridotta al 5% su tamponi e assorbenti femminili e sui prodotti per l’infanzia alla sperimentazione del reddito alimentare, con un Fondo da 1,5 milioni per fornire pacchi alimentari a soggetti in povertà assoluta. Cambia inoltre l’assegno unico e universale. E’ prevista una maggiorazione del 50% per il primo figlio fino ad un anno e fino a 3 anni per i nuclei con almeno 3 figli (ma con tetto Isee di 40mila euro). Assegno più corposo per le famiglie numerose: da gennaio la maggiorazione mensile forfettaria per i nuclei con 4 o più figli sale a 150 euro. L’assegno diventa strutturale per i figli con disabilità. Novità anche per il congedo parentale, che sale dal 30 all’80% e potrà essere usato in via alternativa anche dai papà. Nuovi fondi anche a sostegno della maternità delle atlete non professioniste. Per i diciottenni cambia, ma dal 2024, il bonus cultura, che si sdoppia in due carte in base al reddito e al merito. Vengono inoltre prorogate fino alla fine del prossimo anno le agevolazioni per l’acquisto della prima casa per gli under36 e ritorna la possibilità di rinegoziare i mutui a tasso variabile, passando al fisso (ma per mutui fino a 200mila euro, Isee fino a 35mila euro e senza ritardi nei pagamenti). Arriva anche il bonus (detrazione del 50% dell’Iva) sull’acquisto di case nuove di classe energetica A o B cedute dall’impresa costruttrice.

IMPRESE. Anche per le aziende vengono prorogati per i primi tre mesi del 2023 gli aiuti contro il caro-bollette. Oltre all’azzeramento degli oneri di sistema in bolletta, viene elevata la percentuale del credito di imposta: sale al 45% per le imprese energivore e gasivore e al 35% per gli esercizi commerciali. L’Autorità per l’energia potrà inoltre sospendere fino al 31 gennaio i distacchi di gas per le grandi imprese morose. Cambia anche la tassa sugli extraprofitti: aliquota al 50% sul reddito 2022 che eccede per almeno il 10% la media del 2018-21, applicata a società con almeno il 75% dei ricavi derivanti dall’energia. Per le aziende del Sud vengono prorogate le agevolazioni fiscali per gli investimenti destinati a strutture produttive e per investimenti nelle Zes (Zone economiche speciali). In arrivo anche risorse per aiutare le vetrerie di Murano. Arrivano altri fondi per la Nuova Sabatini per gli investimenti in beni strumentali delle pmi. Sempre per le piccole e medie imprese viene rifinanziato il Fondo di garanzia e viene prorogato il credito d’imposta per le spese di consulenza relative alla quotazione. Previsti anche incentivi per chi assume: esonero contributivo totale (fino a 8mila euro) per le assunzioni a tempo indeterminato di donne svantaggiate, giovani under36 e percettori del reddito di cittadinanza. E’ rifinanziato lo strumento agevolativo dei contratti di sviluppo e viene istituito il fondo per il potenziamento delle politiche industriali di sostegno alle filiere produttive del made in Italy. Arriva infine la norma ‘salva-sport’ che consente alle società sportive di pagare in 60 rate, con la maggiorazione del 3%, i versamenti sospesi per il covid. P.A. Con la manovra arriva l’autorizzazione a diversi Ministeri a procedere con nuove assunzioni: tra gli altri, il Ministero della giustizia potrà fare 100 assunzioni al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, 1000 nella polizia penitenziaria e 600 al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile; 300 assunzioni al Ministero dell’agricoltura; concesse assunzioni in deroga per Polizia e Vigili del fuoco; sono inoltre spostati al 2024 i termini per le stabilizzazioni nella Sanità. E’ inoltre prorogato (ma questo vale anche per i dipendenti privati) fino al 31 marzo 2023 lo smart working per i lavoratori fragili.

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Cronache

Stakanovista 10% italiani, lavora 49 ore a settimana

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In Italia quasi un lavoratore su dieci tra i 20 e i 64 anni nel 2023 ha lavorato in media almeno 49 ore alla settimana, una percentuale superiore a quella media dell’Unione europea (7,1%) e inferiore solo a quella di Grecia, Francia e Cipro. In pratica il 9,6% degli occupati ha lavorato l’equivalente di un giorno in più a settimana, considerando che l’orario standard oscilla tra le 36 e le 40 ore a settimana. All’opposto si trovano le Repubbliche baltiche, con percentuali tra l’1% e il 2%, ma anche i Paesi scandinavi (la Norvegia è al 5,2% e la Finlandia al 5,7%) e la Germania con il 5,4%.

L’immagine di una parte degli italiani insolitamente stakanovista emerge dalle tabelle Eurostat sui lavoratori che fanno orari di lavoro lunghi. Il risultato, si deduce dai numeri, è legato alla consistenza del lavoro autonomo che tradizionalmente è impegnato per un numero di ore maggiore rispetto alla media totale dei lavoratori. Guardando infatti solo a professionisti e partite Iva, a lavorare almeno 49 ore è una percentuale molto più alta, pari al 29,3%. Il dato quindi non è legato tanto all’ampio uso del lavoro straordinario, quanto alla larga diffusione del lavoro autonomo in Italia (ma anche in Grecia), tipologia che spesso ha orari più lunghi di quelli contrattuali, soprattutto in settori come i servizi, le vendite e l’agricoltura.

La controprova sta nel fatto che nel nostro Paese i lavoratori dipendenti che lavorano almeno 49 ore la settimana in media sono il 3,8% del totale dei lavoratori subordinati (3,6% in Ue). Gli autonomi con dipendenti che lavorano con questi orari sono il 46% del totale (41,7% la media Ue). Gli autonomi senza dipendenti che lavorano 49 ore alla settimana sono invece il 27,4% (23,6% in Ue) mentre quelli impegnati in un lavoro di aiuto all’attività familiare che raggiungono le 49 ore sono il 20,1% (14% in Ue). La percentuale degli “stakanovisti” sale se si guarda solo agli uomini con il 12,9% del complesso degli occupati che lavora almeno 49 ore a settimana (9,9% in Ue). Nel complesso le donne che lavorano almeno 49 ore alla settimana sono il 5,1% del totale, comunque sopra la media europea del 3,8%. Tra gli uomini autonomi con dipendenti la percentuale di coloro che raggiunge o supera le 49 ore di lavoro a settimana supera il 50% in Italia (50,8%) e si attesta sul 46,3% in Ue.

Anche tra i dipendenti la percentuale di chi lavora almeno 49 ore alla settimana è più alta tra gli uomini con il 5,1% in Italia a fronte del 5% della media Ue. Tra le donne le autonome con dipendenti lavorano a lungo nel 32,5% dei casi (quasi una su tre) a fronte del 29,6% in Ue. Tra le dipendenti sono invece il 2,3% a fronte del 2,1% in Ue. In Italia lavorano con orari lunghi nel complesso soprattutto i manager (40,5% del totale a fronte del 21,9% in Ue) con una percentuale del 24,4%, molto superiore alla media, anche per i manager dipendenti (14,3% in Ue). Il 10,3% dei professionisti in Italia dichiara di lavorare almeno 49 ore e il 10,9% dei lavoratori dei servizi e delle vendite (6,5% in Ue). Tra i lavoratori dell’agricoltura infine è il 36,3% a lavorare ben oltre lo standard, contro il 27,5% rilevato in media nell’Unione europea.

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Economia

Il clima affonda la produzione di vino in Italia (-23%)

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Piogge frequenti e malattie delle viti fanno crollare la produzione di vino in Italia. Tra agosto 2023 e luglio 2024 l’Unione europea vedrà un calo della produzione annua di vino del 10% (stimata in circa 143 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 2017-18) a causa “delle condizioni meteorologiche avverse”: un dato trainato da una “diminuzione significativa” osservata tanto in Italia (-23%) quanto in Spagna (-21%) nei dodici mesi. A rilevarlo è l’ultimo rapporto sulle prospettive a breve termine per i mercati agricoli dell’Ue pubblicato dalla Commissione europea. Intanto oggi è stato presentato alle associazioni di settore il nuovo avviso Ocm vino ‘Promozione sui mercati dei paesi terzi’.

Il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, mette a disposizione degli operatori 22 milioni di euro a cui vanno aggiunti 71 milioni di euro per bandi regionali e multiregionali per un investimento complessivo che supera i 90 milioni di euro. “L’avevamo detto e l’abbiamo fatto anche prima del previsto”, ha segnalato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida. “Ci stiamo muovendo per una più grande valorizzazione dell’export del vino”. Da subito per il Governo “è stata una priorità”, ha sottolineato. Il rapporto della Commissione Ue sulla produzione attesa a luglio 2024 sottolinea che il settore continua a essere influenzato da numerosi eventi “fuori dal controllo” degli agricoltori, come le crisi climatiche e geopolitiche, che esercitano pressioni in termini di prezzi, domanda e reddito.

Il “calo senza precedenti” che si osserverà in Italia, spiega l’Ue, è “determinato da frequenti piogge nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale, e le conseguenti malattie fungine delle viti”. Visto il crollo della produzione in Spagna e Italia, la Francia tornerà a essere il primo produttore di vino in Ue. Non solo produzione, Bruxelles stima che a diminuire sarà anche il consumo (-1,5%) fino a 96 milioni di ettolitri, in particolare dei vini rossi, dovuto anche al fatto che più giovani preferiscono altri alcolici, soprattutto birre e cocktail. Considerata “l’imprevedibilità degli eventi meteorologici estremi e dei bruschi cambiamenti osservati nell’ultimo anno”, il rapporto mette in guardia sulla necessità di trattare “con cautela” i segnali attuali. Nel 2023-2024 a crollare saranno inoltre i volumi delle esportazioni di circa l’11%, a 28 milioni di ettolitri. Non solo sul vino, le condizioni meteorologiche avverse peseranno anche sulla produzione europea di mele e arance, le esportazioni delle quali diminuiranno drasticamente. Quanto alla produzione di olio d’oliva, la Commissione stima “una leggera ripresa” tra ottobre 2023 e settembre 2024 dopo un raccolto record lo scorso anno. Quanto ai cereali, si prevede che nel 2024/25 la produzione aumenterà fino a circa 278,5 milioni di tonnellate (+ 3% su base annua), principalmente grazie a rese migliori. Le importazioni tra luglio 2023 e giugno 2024 potrebbero rimanere superiori del 17% rispetto alla media quinquennale.

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Economia

Ponte sullo Stretto, dubbi su altezza, ‘ok grandi navi’

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È ormai l’opera più discussa e chiacchierata nella storia d’Italia: il Ponte sullo Stretto di Messina. A esprimere nuovamente le proprie perplessità sul Ponte, rilanciato dal vicepremier e ministro dei Trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini, è Federlogistica, secondo cui sarebbe troppo basso per le grandi navi. L’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, invece rassicura che navi da crociera e portacontainers non avranno problemi a transitare nello Stretto una volta costruito il Ponte. In una intervista il presidente di Federlogistica, Luigi Merlo, ribadisce che un’altezza massima di 65 metri sul livello del mare “impedirebbe” il transito di alcune grandi navi, “alte più di 68 metri”, ed inoltre essendo il Ponte a campata unica, i 65 metri di altezza verrebbero raggiunti solo nella parte più alta, mentre verso le due sponde, il cosiddetto franco navigabile, si ridurrebbe, spiega.

Dal canto suo Ciucci sottolinea che il franco navigabile del ponte sullo Stretto “è di 72 metri per una larghezza di 600 metri e si riduce a 65 metri, solo in presenza di condizioni eccezionali di traffico pesante stradale e ferroviario” e che “questi parametri sono in linea con i ponti esistenti sulle grandi vie di navigazione internazionali, in coerenza con le procedure stabilite dalle norme Imo (International Maritime Organization)”. L’a.d della Stretto di Messina aggiunge poi che la commissione tecnica istituita al Mit ha già effettuato “un esame approfondito del traffico” degli ultimi anni nello Stretto, suddiviso per le diverse imbarcazioni, “dal quale non emergono criticità legate al Ponte”. E sempre Ciucci fa notare che la quasi totalità delle navi portacontainer solca il Mediterraneo dopo avere attraversato il Canale di Suez e, quindi, dopo essere transitate al di sotto dell’Al Salam Bridge, il cui franco navigabile “è inferiore ai 72 metri” che saranno disponibili sullo Stretto di Messina.

E a rassicurare sul Ponte interviene anche Marco Lombardi, amministratore delegato di Proger Spa, società coinvolta nella progettazione dell’opera. “Il Ponte sullo Stretto regge benissimo, è un’opera sicura, innovativa e il via libera arriverà presto”, afferma. Le opposizioni però non si lasciano convincere. “E’ un ponte costosissimo, inutile e fatto male”, scandisce la deputata del Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini, accusando il governo di arrivare a concepire una spesa di 15 miliardi di soldi pubblici “per una follia simile”.

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