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Cronache

Il Papa pronto a mediare ma condanna la Russia, l’ira di Mosca

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“La posizione della Santa Sede è cercare la pace e cercare una comprensione” tra le parti: Papa Francesco conferma alla rivista ‘America’ dei gesuiti la volontà di lavorare per una soluzione diplomatica al conflitto in Ucraina. Mosca dapprima dice di “accogliere con favore tale volontà politica”. Ma poi, una volta letta la parte dell’intervista in cui il Pontefice parla di crudeltà dei russi, e ancor più di ceceni e buriati, reagisce con veemenza: “Questa non è più russofobia, ma una perversione della verità”, tuona la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova. A rasserenare gli animi non aiuta certo un’altra notizia diffusa dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, secondo la quale due sacerdoti che prestavano servizio nella città di Berdyansk, nel sud-est dell’Ucraina, sono stati arrestati dai russi. Secondo mons. Stepan Meniok, vescovo dell’Esarcato di Donetsk, gli arrestati sono Ivan Levitskyi e Bohdan Heleta, che le truppe di Mosca accusano di “aver preparato un atto terroristico”.

Da parte sua, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non mostra ottimismo, e anzi avverte che nei prossimi giorni potrebbero avvenire nuovi bombardamenti missilistici dei “terroristi” russi come quelli che nelle settimane passate hanno lasciato al buio molte città, mentre l’Ucraina deve fare i conti con le prime nevicate e gelate dell’inverno. Da mesi ormai gli ambienti vaticani fanno capire di essere pronti a svolgere un’opera di mediazione. “Finora non c’è stata una risposta concreta”, aveva ammesso ieri il ministro degli Esteri della Santa Sede, Paul Richard Gallagher, confermando quanto detto qualche giorno prima dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. Ma Gallagher ribadiva anche la proposta di ospitare eventuali colloqui sul suo stesso territorio. E Papa Francesco, nell’intervista ad America, ha confermato che “la diplomazia della Santa Sede si sta muovendo in questa direzione”. Qualche risultato, ha aggiunto il Pontefice, è stato ottenuto nello scambio di prigionieri, con la parte russa che ha sempre mostrato “una risposta molto positiva” agli elenchi di militari e civili di cui è stata chiesta la liberazione.

“Sappiamo – ha commentato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov rispondendo a una domanda in proposito – che un certo numero di statisti e Paesi stranieri si dichiarano pronti a fornire il loro aiuto, e naturalmente accogliamo con favore tale volontà politica. Ma nella situazione che abbiamo ora de facto e de jure da parte dell’Ucraina, tali interventi non possono essere richiesti”. Le bordate contro il Papa sono arrivate alcune ore più tardi, dopo che le autorità avevano studiato altre parti dell’intervista. Quelle, in particolare, dove Francesco afferma che “certamente chi invade è lo Stato russo” e che gli ucraini sono “un popolo martoriato”. “Se hai un popolo martoriato – sottolinea Francesco – hai qualcuno che lo martirizza. Ho molte informazioni sulla crudeltà delle truppe che entrano. In genere, i più crudeli sono forse quelli che sono della Russia ma non sono della tradizione russa, come i ceceni, i buriati e così via”.

“E’ tutto molto chiaro – aggiunge infine il Papa -. A volte cerco di non specificare per non offendere e piuttosto di condannare in generale, anche se è risaputo chi sto condannando. Non è necessario che metta nome e cognome”. “Questa non è più russofobia, è una perversione della verità”, ha reagito Maria Zakharova. “Negli anni ’90 e all’inizio del millennio – ha sottolineato la portavoce del ministero degli Esteri in una tavola rotonda ospitata dal Senato – ci dicevano esattamente il contrario, che erano i russi, gli slavi, a torturare i popoli del Caucaso. Adesso ci dicono che i popoli del Caucaso torturano i russi”. Laddove i caucasici sono i ceceni e i russi e gli ucraini sono indicati come un unico popolo, almeno dal punto di vista etnico e culturale. Le parole del Pontefice, del resto, sembrano avere avuto un effetto particolarmente irritante per la dirigenza di Mosca, che, con in testa il presidente Vladimir Putin, tiene a sottolineare l’unità dell’intero popolo russo, da Kaliningrad all’Estremo oriente, al di là delle differenze di etnia e religione. E alle affermazioni di Francesco ha reagito anche il governatore della repubblica asiatica russa della Buriazia, Alexei Tsydenov, che sul suo canale Telegram ha scritto: “Sentire il capo della Chiesa cattolica parlare della crudeltà di specifiche nazionalità, cioè i buriati e i ceceni, è a dir poco strano”.

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A New York si commemorano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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Una giornata speciale per i ragazzi delle medie e delle superiori per commemorare due simboli della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel triste anniversario della Strage di Capaci. L’appuntamento si è svolto presso la Scuola d’Italia di New York Guglielmo Marconi, guidata da Michael Cascianelli. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solamente nomi nella storia italiana, ma incarnano valori di coraggio, integrità e impegno civico. Per far comprendere appieno il significato di queste figure agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, è stato organizzato un incontro con due esperti del campo: il Professore Antonio Nicaso e il Professore Rosario G. Scalia.

Il Professore Nicaso, storico delle mafie e autore di varie opere sull’argomento, ha condiviso con gli studenti la sua vasta esperienza e aneddoti privati, invitandoli a guardare al futuro con ambizioni elevate e a non scendere mai a compromessi di fronte alle mafie. L’incontro è stato condotto dal Professore Scalia, professore del dipartimento di Italiano alla Rutgers – State University of New Jersey, che ha moderato l’evento e ha portato anche una testimonianza personale, ricordando la sua infanzia a Catania e l’ombra costante della mafia che aleggiava sulla città. Ha evidenziato come frasi dette dai genitori come “stai tranquillo che i mafiosi si uccidono solo tra loro” per tranquillizzare i propri figli, o “ci si uccide solo al sud” o “solo in Italia” abbiano contribuito a creare una distanza emotiva e fisica dalle persone nei confronti della mafia. Ha invitato gli studenti a non voltare le spalle alla realtà, ma ad affrontarla con coraggio e determinazione, senza mai fare un passo indietro.

L’incontro, coordinato dalla Professoressa Cristiana Grassi, ha suscitato grande interesse e partecipazione da parte degli studenti, dimostrando l’importanza di educare le giovani menti alla consapevolezza civica e alla lotta contro ogni forma di criminalità. La morte di Falcone e Borsellino ha avuto un impatto profondo non solo in Italia, ma anche oltre confine. Negli Stati Uniti, Giovanni Falcone è ricordato come un eroe, anche dall’FBI. Una statua eretta a Quantico, sede dell’FBI, testimonia il rispetto e l’ammirazione che gli americani nutrono per il giudice italiano. La relazione tra Stati Uniti e Falcone si consolidò durante il celebre caso “Pizza Connection” durante gli anni del Maxiprocesso di Palermo. Oggi, la collaborazione tra Italia e Stati Uniti nel campo della lotta alla criminalità organizzata prosegue su queste solide basi, dimostrando che l’eredità di Falcone e Borsellino continua a essere una fonte di ispirazione nel cammino verso una giustizia globale e una cooperazione internazionale più stretta.

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Carabinieri: prima confisca e conversione in euro di monete digitali sottratte a napoletani

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La Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria ha completato con successo la prima operazione di conversione in euro di beni confiscati in monete digitali. L’attività è conseguente al sequestro di Bitcoin e Monero, per un controvalore di circa 11mila euro, avvenuto a gennaio 2023, quando la Prima Sezione Operativa di Roma e la Sezione Criptovalute hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di individui, tutti residenti a Napoli, sospettati di appartenere ad un gruppo criminale dedito alla contraffazione valutaria. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotte con la collaborazione di Eurojust ed Europol, fanno parte di un ampio contesto investigativo iniziato nel 2018, mirato a smantellare una rete di distribuzione di banconote contraffatte attraverso il Darkweb, canali Telegram e il trasferimento di criptovalute come Bitcoin e Monero su wallet dedicati. Lo rende noto un comunicato dell’Arma.

“Nel corso delle operazioni le criptovalute sequestrate – in particolare Monero e Bitcoin, spiega la nota – erano state trasferite dalla Sezione Criptovalute su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma che consentono la creazione dei wallet garantendo, oltre ad una elevata sicurezza, anche una gestione particolare delle chiavi private e/o seed phrase. L’approccio utilizzato dalla Sezione Criptovalute assicura che nessun singolo operatore possieda la conoscenza completa della chiave privata, eliminando così un punto critico di vulnerabilità e aumentando significativamente la protezione contro gli attacchi informatici”.

“Le criptovalute, oggetto di sequestro, sono state confiscate con decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria di Napoli la quale – prosegue la nota – ha disposto la conversione e il trasferimento al Fondo Unico di Giustizia. Pertanto, i Carabinieri della Sezione Criptovalute unitamente a personale dell’Exchange italiano Young Platform nominato appositamente ausiliario di polizia giudiziaria per procedere alla conversione, hanno provveduto al trasferimento e cambio in euro per il successivo deposito al Fug delle somme oggetto della confisca”. “La peculiarità di questa operazione non risiede solo nel suo successo e nella sua natura pionieristica, ma anche nel modo in cui dimostra l’efficacia dell’Arma dei Carabinieri nello svolgere operazioni altamente specializzate anche con le nuove tecnologie finanziarie. L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta e vigile nelle indagini sul sensibile tema del Cybercrime, ha svolto recentemente il primo corso di perquisizione e sequestri di valute digitali presso l’Istituto Superiore Tecniche Investigative di Velletri, con il quale ha formato 25 operatori già specializzati in indagini telematiche”, conclude la nota.

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Reddito cittadinanza, presi altri 63 beneficiari e denunciati per truffa

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Sono 63 le persone che in provincia di Foggia sono state denunciate per aver indebitamente conseguito il reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di 691 mila euro. Tra quelle individuate dai finanzieri del comando provinciale di Foggia negli ultimi due mesi ci sono i componenti di un intero nucleo familiare, che vive sul Gargano, e che avrebbero presentato istanze per ottenere il reddito di cittadinanza, allegando una dichiarazione sostitutiva mancante dell’indicazione dell’esatta composizione del nucleo familiare, che ha consentito loro di ricevere indebitamente oltre 21.400 euro. I controlli hanno interessato tutto il territorio provinciale, in particolare Cerignola, San Severo, Vieste e San Nicandro Garganico. I 63 beneficiari sono stati segnalati alla direzione provinciale Inps per la sospensione del sussidio. Numerose le irregolarita’ riscontrate dalle Fiamme gialle: dalla mancanza del requisito della residenza effettiva nel territorio nazionale alle mendaci dichiarazioni inerenti alla composizione del nucleo familiare, dall’omessa dichiarazione dello svolgimento di attivita’ lavorative, in diversi casi anche esercitate in nero, alla perdita del diritto al beneficio in conseguenza dello stato di detenzione.

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