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Salute

Oms, oltre 1 milione di morti l’anno per superbatteri e 5milioni di decessi per antibiotico-resistenza

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Un milione e 270mila persone all’anno muoiono a causa di un’infezione da batteri che non rispondono agli antibiotici. A questi si aggiungono altre 5 milioni di decessi in cui l’antibiotico-resistenza è una causa indiretta. Sono questi alcuni dei dati dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), in vista della Settimana Mondiale di Sensibilizzazione sugli Antibiotici che ricorre dal 18 al 24 novembre. La pandemia da superbatteri “se lasciata senza controllo, nel prossimo decennio, potrebbe comportare una riduzione del Pil di 3.400 miliardi di dollari all’anno e spingere 24 milioni di persone in più nella povertà estrema”, scrive l’Oms, che in questi giorni rilancia online e sui social la campagna globale “Prevenire insieme la resistenza antimicrobica”.

Contrastare il fenomeno non è semplice: lo sviluppo di un nuovo antibiotico può richiedere 10-15 anni e costare più di 1 miliardo di dollari. Occorre agire subito, e la prima regola, ricorda l’Oms, è “maneggiare con cura gli antibiotici”, cioè non usarli a sproposito o senza rispettare le prescrizioni mediche.

A tal proposito, proprio l’uso eccessivo di colliri antibiotici contro le congiuntiviti potrebbe essere la principale causa dell’esplosione di infezioni agli occhi causate da batteri resistenti, come denuncia la Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (Siso). “Questi patogeni interessano per la grande maggioranza infezioni corneali, che registrano le più alte resistenze agli antibiotici con 9 casi su 10 insensibili alle terapie”, ha affermato Vincenzo Sarnicola, membro del consiglio direttivo Siso. La buona notizia è che spesso l’uso di antibiotici può essere limitato allo stretto necessario senza che perdano di efficacia.

Uno studio appena pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics, per esempio, mostra che per la maggior parte delle polmoniti batteriche che colpiscono i bambini al di sotto dei 5 anni è sufficiente un trattamento antibiotico di tre giorni: una cura di questa durata, infatti, è efficace quanto cicli più lunghi ma ha minori effetti collaterali. L’utilizzo appropriato degli antibiotici, però, è soltanto una delle misure indicate dall’Oms per contrastare la resistenza antimicrobica. Non meno importanti sono la prevenzione delle infezioni negli allevamenti, il corretto trattamento dei rifiuti, l’accesso all’acqua potabile, la disponibilità di servizi igienico-sanitari nelle case e le vaccinazioni.

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Carente in Italia un farmaco chemioterapico molto usato

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Si chiama fluorouracile ed è un farmaco chemioterapico molto utilizzato dai pazienti oncologici. Al momento, è però “carente o disponibile in quantità ridotta” in Italia. A dare notizia dell’ultima carenza registrata sul nostro territorio è l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) insieme all’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), che rassicura tuttavia i pazienti che si stanno mettendo in atto tutte le procedure necessarie per ripristinarne la disponibilità e fornisce indicazioni precise ai medici oncologi su come gestire la situazione. “Le confezioni disponibili non saranno in grado di soddisfare le richieste del mercato per i prossimi mesi”, afferma l’Aifa sul proprio sito. L’Agenzia assicura però di essere “in costante contatto con i titolari delle Autorizzazioni alle Immissioni in Commercio dei medicinali a base di Fluorouracile per avere aggiornamenti su eventuali prossime forniture aggiuntive”.

L’Aifa si è inoltre detta disponibili a rilasciare alle strutture sanitarie che ne faranno richiesta l’autorizzazione a importare il farmaco dall’estero. A preoccupare è però proprio il largo utilizzo di questo chemioterapico. Il fluorouracile, spiegano gli oncologi, è un farmaco che rientra in numerosi schemi di trattamento per neoplasie dell’apparato gastroenterico, della mammella e del distretto testa-collo e la sua carenza, sia pur transitoria, “rappresenta un reale problema per la pratica clinica oncologica anche a causa della impossibilità di sostituirlo con altri farmaci per uso parenterale”. “Stimiamo – sottolinea il presidente Aiom, Francesco Perrone – che circa il 20% dei nuovi pazienti oncologici ogni anno potrebbe avere potenzialmente bisogno del fluorouracile, si tratta di 70-75mila pazienti l’anno”.

Proprio per contribuire al superamento della carenza, spiega, “daremo indicazioni ai clinici affinchè considerino schemi terapeutici alternativi con farmaci orali, come la capecitabina, per i pazienti che inizieranno un nuovo trattamento nelle prossime settimane, se previsti nelle linee guida disponibili e clinicamente indicati. Cercheremo di dare la priorità ai pazienti già in trattamento e ci auguriamo che questa allerta possa presto rientrare”. Ribadendo che Aifa “sta già mettendo in moto anche tutte le procedure inerenti l’import del farmaco per superare il momento di criticità”, il presidente degli oncologi sottolinea anche “l’importanza di questa rinnovata collaborazione con l’Agenzia: questo metodo di collaborazione, e la condivisione dei contenuti, tra società scientifiche ed un ente regolatorio come Aifa – afferma – è fondamentale ed è a tutto vantaggio dei pazienti”.

Il problema della periodica carenza di farmaci non è una novità in Italia, ma si è da qualche anno acuito a seguito del conflitto in Ucraina e della difficoltà di produzione di alcuni principi attivi in vari paesi. Un problema che il nuovo presidente Aifa, Robert Nisticò, ha indicato come una priorità nel suo discorso di insediamento all’Agenzia, lo scorso 22 aprile: “Sarà nostro compito fondamentale assicurare che non ci siano carenze nel mercato di farmaci indispensabili. In questo particolare momento in cui purtroppo ci sono conflitti alle nostre porte che pesano sulla filiera del farmaco anche in Italia, l’Agenzia insieme con le industrie, dovrà assicurare la massima disponibilità per un approvvigionamento continuo dei farmaci essenziali sia nel nostro Paese che nei paesi più in difficoltà”. Presso il ministero della Salute è inoltre attualmente attivo un Tavolo tecnico di lavoro nel settore dell’approvvigionamento dei farmaci sul territorio italiano.

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Cronache

Non era lombalgia, ma un tumore: denunciati tre medici

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È morta a 61 anni per un tumore ai polmoni ormai in metastasi ma che è stato scoperto troppo tardi perché inizialmente scambiato per una lombalgia. Ora i figli di Stella Alaimo Franco, scomparsa a Treviglio (Bergamo) lo scorso 30 marzo, hanno presentato denuncia, assistiti dall’avvocato Massimo Trabattoni, nei confronti di tre medici dell’ospedale di Treviglio e anche dell’intera Asst Bergamo Ovest. Ipotizzano il reato di omicidio colposo, ma ora dovrà essere la Procura a stabilire se avviare delle indagini. Quello che i due figli della donna, Monica e Andrea, contestano ai medici bergamaschi è di non aver fatto luce fin da subito sul reale – e grave – male che aveva colpito la madre, “che era sempre stata bene e non aveva mai avuto neppure un colpo di tosse”, hanno raccontato. Il primo accesso della loro mamma in ospedale a Treviglio risale al 17 dicembre scorso, quando Stella si presenta al pronto soccorso lamentando un forte dolore alla gamba.

La donna viene dimessa con una diagnosi di lombalgia dopo essere stata sottoposta ai raggi nella zona lombosacrale. Ma i dolori alla gamba non passano, anzi aumentano, e il 4 gennaio viene riportata dal figlio allo stesso pronto soccorso. Stando alla denuncia dei familiari, la donna viene rimandata a casa senza ulteriori indagini. In entrambi i casi la prognosi è di zero giorni e nel secondo accesso un infermiere le avrebbe suggerito di prendere in autonomia un antidolorifico. Nei giorni successivi, grazie a un conoscente personale della famiglia, Stella Alaimo viene sottoposta a una risonanza magnetica, che rivela delle metastasi. La situazione precipita rapidamente. Il 23 gennaio una Tac evidenzia un tumore di 5 centimetri per 4 al torace, con dei noduli diffusi. Il 29 gennaio la prima visita oncologica all’Istituto dei Tumori di Milano. La diagnosi stavolta parla di ‘adeno carcinoma polmonare al quarto stadio plurimetastatico con carcinosi peritoneale’.

A febbraio la donna già non riesce più ad alzarsi dal letto. Il 30 marzo muore, cento giorni dopo il primo accesso al pronto soccorso. Una morte di fronte alla quale i due figli non si rassegnano: “Ci era stato detto dall’équipe che l’aveva in cura a Milano che se quel tipo di tumore fosse stato diagnosticato per tempo, avrebbe potuto essere curato, e che il ritardo della diagnosi errata dei medici di Treviglio ha causato gravi conseguenze, dal momento che la malattia era avanzata in modo irreversibile”. L’Asst Bergamo Ovest non ha voluto rilasciare dichiarazioni sull’episodio.

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In Evidenza

Neonata con rara malformazione nata a Salerno e gestita con competenza dai medici

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Parto eccezionale all’ospedale di Salerno. Una donna di 38 anni è stata dimessa dal Reparto di Gravidanza a Rischio dell’Aou San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, diretto dal dottor Mario Polichetti, dopo aver dato alla luce una neonata con una rarissima malformazione. La paziente era stata trasferita dall’ospedale di Polla al Ruggi dove ha partorito sua figlia che sta bene anche se è tuttora ricoverata nel reparto di Neonatologia, diretto dalla dottoressa Graziella Corbo, per ulteriori controlli. La neonata, di quasi 3 chili, è portatrice di una condizione genetica molto rara, denominata ‘Situs Inversus’, ovvero un collocamento anomalo degli organi del torace e dell’addome con inversione di posizione, rispetto alla loro sede usuale.

La piccola paziente, ha infatti il cuore, lo stomaco e la colecisti a destra ed una malformazione della vena cava, vicariata dalla vena emiazygos. “Il parto in questione – spiega Polichetti – è un evento davvero straordinario e deve essere gestito con estrema competenza, per evitare eventuali complicazioni, ma siamo fieri ed orgogliosi che si sia concluso nel migliore dei modi”.

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