Collegati con noi

Politica

Da sovranismo alimentare a merito, lessico Esecutivo

Pubblicato

del

Ventiquattro ministeri, uno in più del governo Draghi. E un rimescolamento di alcune deleghe – scompare, ad esempio, il ministero dell’Innovazione e della Transizione digitale – oltre al cambio di alcuni nomi di dicasteri che marcano l’identità del nuovo esecutivo di centrodestra, dall’Istruzione a cui viene aggiunta la dicitura del “merito” alle politiche agricole, che diventeranno Agricoltura e sovranità alimentare. Accettato senza riserva l’incarico, Giorgia Meloni presenta i ministri del suo governo. Al termine di un’ultima girandola di confronti con gli alleati, alcuni nomi sono cambiati rispetto ai vari totoministri, soprattutto per le caselle assegnate a Forza Italia. Sulle quali peraltro arriva a fine giornata una correzione rispetto alla lista letta al Quirinale: non sarà Paolo Zangrillo ma Gilberto Pichetto all’Ambiente e alla sicurezza energetica, mentre il fratello del medico personale di Silvio Berlusconi andrà alla Pubblica amministrazione Entra in squadra, anche se aveva sempre detto di essere orientato a restare fuori, Guido Crosetto, mentre nell’elenco non compare uno dei fedelissimi, Giovanbattista Fazzolari, che aveva però espresso negli ultimi giorni l’intenzione di mantenersi in un ruolo più defilato, da dove continuare a essere però il braccio destro della leader. Confermate le scelte per i ministeri su cui più alta era l’attenzione del Colle: superato l’incidente delle parole di Silvio Berlusconi su Putin e l’Ucraina, che avevano fatto traballare il suo nome, Antonio Tajani andrà quindi alla Farnesina e sarà anche vicepremier, come Matteo Salvini. All’Interno ci sarà il prefetto Matteo Piantedosi, che torna al Viminale dopo essere stato il capo di gabinetto del leader leghista nel governo gialloverde. Dopo il braccio di ferro con il Cavaliere, che ha insistito fino all’ultimo su Elisabetta Casellati, il nuovo ministro della Giustizia sarà l’ex magistrato Carlo Nordio, neoeletto nelle file di Fdi alla Camera. Alla Difesa arriverà invece Crosetto, nonostante il nome più quotato fosse stato per giorni l’ex presidente del Copasir Adolfo Urso, che andrà al Mise, ribattezzato delle Imprese e del Made in Italy, a sostituire Giancarlo Giorgetti, che a sua volta traslocherà all’Economia, dove inizialmente si era immaginato Fabio Panetta. Il bocconiano ha ricevuto anche l’endorsement del solitamente riservato ministro Daniele Franco, che ha detto di Giorgetti che “sarebbe adattissimo” a succedergli a via XX Settembre. Al neo ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare – ambito dalla Lega – approda uno dei suoi fedelissimi della premier incaricata, Francesco Lollobrigida, che lascerà il ruolo di capogruppo di Fdi alla Camera nel quale era appena stato riconfermato. Un altro dei più vicini alla leader, Raffaele Fitto, ricoprirà la casella delle Politiche Ue, che con il governo Meloni tornano ad essere un ministero ad hoc che sovrintenderà anche al Pnrr. E sempre a due fedelissimi andranno due ruoli cruciali, quello dei Rapporti con il Parlamento, destinato a Luca Ciriani (anche lui dovrà lasciare il ruolo di capogruppo al Senato), e quello di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dove arriva Alfredo Mantovano. Due dei ministeri chiave invece per la realizzazione del Pnrr andranno agli alleati. All’Ambiente ed energia c’è il colpo di scena dello switch tra Zangrillo e Pichetto, che dovrebbe comunque essere accompagnato nei primi mesi da Roberto Cingolani, che rimarrà come una sorta di advisor. Alle Infrastrutture ci sarà Salvini. A esponenti di via Bellerio andranno anche gli Affari Regionali e Autonomia, con Roberto Calderoli, l’Istruzione, dove arriva Giuseppe Valditara, la disabilità ad Alessandra Locatelli, già ministro per un brevissimo periodo nel governo Conte 1 dopo essere subentrata a Lorenzo Fontana. A Forza Italia oltre a Farnesina e Mite vanno invece l’Università, dove arriva Anna Maria Berini anche se inizialmente era stata indicata Gloria Saccani Jotti, Gilberto Pichetto dato al Mite va invece alla Pubblica amministrazione, mentre al nuovo ministero delle Riforme approda la ex presidente del Senato Casellati. Nelle file di Fdi vengono promossi ministri ancora Daniela Santanché, al Turismo, Nello Musumeci, al Sud che acquista anche la nuova delega al Mare e Eugenia Roccella che va alla Famiglia, mantenendo le pari opportunità cui si aggiunge la natalità. Quattro i dicasteri in cui approdano tecnici di area: al Lavoro c’è Marina Calderone, attuale presidente dei consulenti del Lavoro, la Cultura va al direttore del Tg2 Gennaro Sangiugliano, alla Salute va il rettore di Tor Vergata Orazio Schillaci mentre allo Sport (cui vengono unite le politiche giovanili) arriva Andrea Abodi, indicato in un primo momento come nuovo ad della Milano-Cortina.

Advertisement

Politica

L’Italia a giudizio alla Cedu per la legge elettorale

Pubblicato

del

L’Italia dovrà spiegare all’Europa se le diverse modifiche apportate negli ultimi anni alla legge elettorale hanno violato la libertà di voto dei cittadini: la Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha ammesso il ricorso avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali proprio quei cambiamenti hanno comportato la violazione dei diritti nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte da Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale a febbraio ma la notizia si è diffusa oggi e ora il governo ha tempo fino al 29 luglio per replicare. Palazzo Chigi sta preparando la memoria difensiva: “la Cedu ha posto delle questioni – dice il sottosegretario Alfredo Mantovano – e si sta lavorando. Ovviamente riteniamo il ricorso non fondato”.

Il ricorso è stato depositato alla fine di gennaio del 2023 da Staderini – segretario dei Radicali Italiani dal 2009 al 2013 – e da diversi cittadini: alle elezioni del 2022 in circa 500 sono andati ai seggi verbalizzando il loro dissenso e spiegando le ragioni dell’astensione. E quella documentazione è alla base della richiesta alla Cedu, che riguarda “l’instabilità della legge elettorale e la compatibilità” del Rosatellum “con il diritto a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani”. “Negli ultimi 20 anni – sottolinea Staderini – ci hanno costretto ad eleggere parlamenti con leggi incostituzionali o introdotte e modificate a ridosso del voto, ingenerando l’idea che i sistemi elettorali siano uno strumento che chi esercita il potere manovra a proprio favore e che il voto dell’elettore serva a poco. Prima il Porcellum, poi il Rosatellum, domani chissà cosa”.

Lo individua il deputato di Alleanza Verdi e sinistra Angelo Bonelli, il ‘cosa’: la decisione della Cedu “mette in seria discussione il premierato voluto da Meloni”. Nel ricorso si afferma che prima delle elezioni del 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge del giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza non consente di esprimere il voto separato, vale a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale. Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, “queste ultime introdotte solo 3 mesi prima delle legislative” osserva la Cedu, che vuole sapere se “i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni”.

In seconda battuta la Corte chiede se il Rosatellum, “impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni”. Ed infine, i giudici vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso “effettivo” davanti alle istanze nazionali, come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani, se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.

Continua a leggere

Politica

Giorgetti: ripresi 15 miliardi di truffe su 215 di Superbonus

Pubblicato

del

“Con le indagini fatte dalla Guardia di Finanza abbiamo già recuperato più di 15 miliardi richiesti indebitamente allo stato come crediti fiscali” nell’ambito del Superbonus. Lo afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti sottolineando che “di quei 215 miliardi 15 in qualche modo ne usciranno, ma al netto delle truffe dobbiamo tornare alla normalità, dobbiamo tornare sulla terra”. “Io – prosegue – ricordo che oggi in Italia è ancora previsto un beneficio del 70% per chi ristruttura la propria abitazione. Qual è quella nazione in Europa o al mondo che offre lo stesso beneficio?”. “A tutti quelli che si lamentano e contestano – aggiunge – inviterei a fare questa valutazione”.

Continua a leggere

Politica

Scontro sul tax credit, il cinema ostaggio dei partiti

Pubblicato

del

A Cannes, assicura l’opposizione, non si parlerebbe d’altro: il contenuto del decreto di riparto del fondo cinema che starebbe “avendo effetti devastanti sulla promozione del cinema italiano” al festival del cinema. Dove, si sostiene, monta la preoccupazione per il taglio di circa 130 milioni di euro al tax credit così come il raddoppio dei contributi selettivi che “riportano il sistema di finanziamento della produzione audiovisiva indietro nel tempo con lungaggini, burocrazia e il rischio di politicizzazione delle scelte da parte di commissioni nominate dalla politica senza ancora nessuna indicazione sulle modalità di scelta dei commissari”.

Una politica che “non sta passando inosservata agli operatori internazionali” sostiene il Pd che punta l’indice contro “l’occupazione degli istituti culturali che sta portando avanti il ministro Sangiuliano” e che gli fa temere che “che anche nel cinema vengano nominati gli amici degli amici e i compagni di partito”. Un’accusa che il partito della premier e del ministro della Cultura rimanda dritto contro l’opposizione.

La Riforma Sangiuliano è “una cesura con l’amichettismo e l’autoreferenzialità, che fanno il paio con sale vuote e tasche piene, ma solo di qualche organico al conformismo rosso. Comprendiamo le critiche della sinistra, che nel solco di un ‘taxi’ credit per i propri amici difende schemi e retaggi di potere che però non hanno fatto il bene del settore” ribatte Alessandro Amorese, capogruppo di FdI in commissione Cultura della Camera che palude a “questa ulteriore svolta, in linea con un’epoca nuova” inaugurata dal ministro.

Di certo la Riforma Sangiuliano preoccupa gli operatori. In un appello congiunto, 10 associazioni di rappresentanza degli autori, registi, produttori chiedono al ministro di garantire la “massima competenza e professionalità nelle commissioni” che selezioneranno le opere ammesse agli investimenti dopo il “sensibile aumento dei fondi selettivi a discapito di quelli automatici e del tax credit”.

Agici, Air 3, Anac, Unione produttori Anica, Asifa, Cartoon Italia, DocIt, Unita e Wgi- temono la discrezionalità delle scelte delle Commissioni che si troveranno “a decidere di una cifra quasi doppia rispetto agli anni precedenti, cifra nella quale rientra anche una voce inedita che monopolizza circa il 60% del totale delle risorse, voce relativa a Opere su personaggi e avvenimenti dell’identità” culturale italiana.

Prova a correre ai ripari il Pd presentando in Commissione una risoluzione per potenziare i finanziamenti all’industria audiovisiva ed arginare gli effetti del decreto “sulla capacità del nostro sistema di attrarre i grandi investimenti internazionali”. Tra le misure proposte, il potenziamento dei finanziamenti e il tax credit per l’industria del cinema, la promozione di iniziative a sostegno del comparto da rilanciare, tra l’altro, con la riduzione del biglietto di accesso in sala ai giovani tra i 14 e i 18 anni.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto