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Caos FI, giallo scambio ministeri Pichetto-Zangrillo

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Il nuovo governo Meloni difficilmente troverà spazio nella collezione di successi politici di Silvio Berlusconi. Ha ottenuto per Forza Italia tanti ministeri quanti la Lega ma non la Giustizia, quello che ha reclamato con più forza per Elisabetta Casellati (finita alle Riforme istituzionali) arrivando allo scontro con la nuova premier, acuito dalle considerazioni sulla guerra in Ucraina e Vladimir Putin. Un incidente per ora messo alle spalle, con la conferma alla Farnesina (con ruolo da vicepremier) per Antonio Tajani, i cui rapporti con il leader azzurro non sono però più idilliaci come un tempo, in un partito attraversato da non poche tensioni. Reduce dal summit del Ppe in cui ha ribadito il filoatlantismo di Forza Italia, Tajani è stato inserito nella delegazione per le consultazioni al Quirinale, con il Cavaliere e i due capigruppo, Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo. Il quartetto si è fatto immortalare nella Sala dello Zodiaco, con il fondatore del centrodestra seduto su una poltrona antica. Poi in silenzio, a eccezione di qualche battuta sui corazzieri, con lo stesso sorriso si è presentato davanti alle telecamere. Che hanno inquadrato lo scambio di sguardi con Matteo Salvini, di traverso sopra la spalla di Meloni, apparenti lampi di una silenziosa perplessità comune, mentre la leader di FdI spiegava di essere stata indicata come premier all’unanimità dagli alleati. Una scena diventata virale mentre Berlusconi con lo stato maggiore di FI da Villa Grande gestiva le ultime trattative sui ministri. Ore intense, in cui due caselle attribuite al suo partito sono state messe in discussione. “Noi di Forza Italia daremo un contributo decisivo e qualificato”, il concetto ribadito più volte in giornata dal leader. Ma ancora una volta, come nella suddivisione dei collegi e in altri snodi del centrodestra negli ultimi quattro mesi, l’ex premier si è trovato nella posizione di chi non può più distribuire le carte. E alla fine il varo dell’esecutivo, al di là degli entusiastici commenti ufficiali, lo stato d’animo diffuso è di chi ha dovuto ingoiare il rospo perché non c’erano alternative. È saltata Gloria Saccani Jotti, che il Cavaliere voleva all’Università: hanno prevalso le perplessità di Meloni e il dicastero è finito all’ex capogruppo azzurra Anna Maria Bernini. E l’emblema del caos interno è il giallo Pichetto-Zangrillo. Il nome di Gilberto Pichetto nel pomeriggio di trattative è rimbalzato dal Mite al Mise fino alla Pubblica amministrazione, come annunciato dalla premier che succederà a Mario Draghi. Dopo quasi due ore la correzione, per “un errore di trascrizione” dovuto probabilmente a un pasticcio in FI: Pichetto all’Ambiente e sicurezza energetica, incarico prima attribuito a Paolo Zangrillo, un passato da manager del fornitore di energia e gas Acea, a cui infine va la P.a. Zangrillo, raccontano tra gli azzurri, avrebbe telefonato a Berlusconi chiedendo di essere dirottato lì non sentendosi all’altezza della sfida sull’energia. Il fratello del medico personale di Berlusconi, Alberto Zangrillo, è la new entry dell’ultima ora, su cui il Cavaliere ha insistito. Alla fine, fra ricostruzioni ufficiali e ufficiose, questo epilogo non è necessariamente felice per l’ottantaseienne leader di FI. Aveva ottenuto che il Ministero per l’Ambiente non perdesse le deleghe sull’energia previste per l’ex Mite. Ora, però, quel posto va a Pichetto, considerato non fra i parlamentari più vicini al leader. Nelle prossime settimane in FI si misurerà la distanza di molti da Berlusconi. Magari a partire da dopo le nomine di sottogoverno. Il gruppo del Senato, guidato da Ronzulli, è più compatto. In quello della Camera, secondo i ragionamenti che si fanno anche nel partito, c’è più probabilità che emergano le fibrillazioni fra i fedelissimi del presidente e chi non ne ha condiviso le ultime mosse, dal braccio di ferro sul ministero per Ronzulli alle esternazioni su Putin. Dentro e fuori il centrodestra, in Parlamento sono tanti a scommettere su una fuga, più o meno contenuta verso il centro, magari verso Noi moderati, che al Senato ha costituito il Gruppo con rinforzi di FdI e alla Camera.

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In Basilicata Bardi vince col 56,6%, Fdi primo partito col 17,3% mentre al Pd va il 13,8%

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Il candidato del centrodestra Vito Bardi è stato confermato governatore della Basilicata con il 56,63% dei voti, secondo i risultati definitivi dello scrutinio delle elezioni regionali. Piero Marrese del centrosinistra ha ottenuto il 42,16% dei consensi. Al terzo candidato Eustachio Follia è andato l’1,21%.  Fratelli d’Italia risulta il partito più votato, con il 17,39%.  Segue il Partito democratico col 13,87%.  Nella coalizione di centrodestra Forza Italia ottiene il 13,01% dei voti, mentre la Lega si ferma al 7,81% dei consensi seguita da Azione con il 7,51%. Nel centrosinistra il Movimento 5 stelle ottiene il 7,66%, dietro a Basilicata casa comune (11,18%).

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42 simboli per le Europee, tra doppioni e omonimie

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La corsa al Parlamento europeo è davvero inziata. Sulla bacheca del Viminale ci sono 42 simboli, che rappresentano altrettante forze politiche accomunate da un solo obiettivo: strappare il ticket utile per volare a Strasburgo. L’albo delle affissioni è al completo. E appare come un caleidoscopio di colori, immagini e parole che raccontano la politica italiana. Quella del presente, ma anche quella del passato. Quella dei grandi partiti e quella delle piccole formazioni che sperano nell’impresa. Spiccano i nomi: Meloni, Salvini e Berlusconi per il centrodestra. Con gli azzurri che restano ancorati al nome del Cavaliere. Personalizzazione, sì. Ma anche qualche slogan: come la parola “pace” inserita dal Movimento 5 Stelle. E poi i simboli delle famiglie europee. Il Partito democratico mette nel contrassegno il logo del Pse. Scrivono quello del gruppo di ‘Renew Europe’ sia Azione e che la lista ‘Stati uniti d’Europa’. Ed è proprio il nome della lista che vede correre in tandem +Europa e Italia Viva, insieme ad altre quattro formazioni, ad attirare l’attenzione del Viminale.

La lista lanciata da Emma Bonino non è l’unica con il nome ‘Stati uniti d’Europa’. C’è un’altro simbolo, quello con pugno e rosa rossa depositato dai Radicali Italiani, che presenta la stessa denominazione. E non si tratta del solo caso di omonimia in bacheca, su cui potrebbe essere chiamato a esprimersi il ministero dell’Interno. C’è il ‘Partito pirata italiano’, con scritta su sfondo verde, e ci sono anche i ‘Pirati’, con tibia, teschio e bandana viola su sfondo nero. E poi il ‘Movimento per l’Italexit’, in basso nel simbolo della lista ‘Libertà’, presentata da Cateno de Luca, che si contrappone a ‘Italexit per l’Italia’, in coppia nel simbolo col ‘Partito animalista’. Per le verifiche di regolarità bisognerà aspettare 48 ore. Intanto, i big possono già cominciare a scaldare i motori. Il nome della premier Giorgia Meloni, accompagnato dalla consueta fiamma tricolore, compare nel simbolo di FdI con un carattere ben più grande del nome del partito.

La Lega ha invece da tempo il nome del suo leader Matteo Salvini nel logo. Il nome di Berlusconi “è nello statuto non solo nel simbolo”, spiega Alessandro Battilocchio, responsabile elettorale di Forza Italia. Gli azzurri sono gli unici, tra i partiti di governo, a richiamare nel simbolo la famiglia europea di appartenenza, quella del Partito popolare europeo. Stesso riferimento per Stefano Bandecchi con la sua ‘Alternativa popolare’. A puntare sul nome nel contrassegno è anche Carlo Calenda, leader della lista ‘Azione-Europa Unita’. Alleanza Verdi e Sinistra ai nomi contrappone la simmetria dei due partiti che compongono la lista, Verdi Europei e Sinistra Italiana. Tra i simboli del passato non mancano ‘falce e martello’ e scudo crociato. Il Partito comunista italiano presenta una classica bandiera rossa con simbolo in giallo.

Mentre lo scudo con la parola ‘libertas’ si trova sia sul contrassegno depositato dall’Udc che su quello della Democrazia Cristiana. “Il simbolo che abbiamo presentato è quello del 1992”, spiega Carlo Leonetti della Dc. La parola pace, accompagnata da un hashtag nel contrassegno M5s, trova il suo simbolo nella lista ‘Pace terra dignità’ di Michele Santoro: colomba bianca con un ramoscello d’ulivo. E sono diversi i simboli che suscitano curiosità. Come quello degli ‘Esseritari’ di Luciano Chiappa, che è autore anche dell’omonimo libro. Oppure il ‘Movimento Poeti d’Azione’ di Alessandro d’Agostini, attore che decide di ripresentarsi con ‘spada e penna’. Alle quali si aggiungono le insegne di ‘Sacro romano impero cattolico’ di Mirella Cece e di ‘Italia reale’. Non tutti i cosiddetti ‘piccoli’, però, supereranno il vaglio degli uffici elettorali. Molti di loro potrebbero ritrovarsi nella bacheca dei ‘ricusati’.

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Bardi bis in Basilicata, nuovo exploit del centrodestra

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Il centrodestra resta alla guida della Basilicata. In un voto segnato dal forte astensionismo (alle urne il 49,8%), Vito Bardi ottiene la riconferma con largo distacco (58-40% la forchetta provvisoria) su Piero Marrese, su cui il centrosinistra ha puntato dopo una serie di retromarce. Lo spoglio iniziato a rilento toglie la corona di partito più votato al M5s, che alle Regionali del 2019 e alle Politiche del 2022 era andato oltre il 20% e ora vede più che dimezzati i consensi (attorno all’8%). I dati provvisori vedono primeggiare FdI (oltre il 16%), tallonato da FI che va in doppia cifra (12%), soglia sotto cui potrebbe restare la Lega (8%), alle spalle anche di Azione: un sorpasso che rischia di infiammare il derby tra alleati da qui alle Europee. Rispetto alle Politiche cala di circa un punto anche il Pd (15%), che paga anche errori di strategia e nei prossimi mesi dovrà fare i conti con il complicato rapporto con il Movimento di Giuseppe Conte.

“Ringrazio di cuore tutti i cittadini che hanno voluto confermare il loro sostegno alle nostre politiche – esulta Giorgia Meloni -. La vostra fiducia è il motore che ci spinge avanti ogni giorno”. Il suo partito con ironia parla di “Effetto monologo in Basilicata”, con un riferimento al caso Scurati: “Non ci hanno visti arrivare perché impegnati a rileggere il famoso monologo”. “Grande soddisfazione” arriva dalla Lega, per “l’ennesimo largo successo del centrodestra unito”. Ma soprattutto da FI. “Ha vinto il centrodestra unito. Hanno vinto i lucani che hanno scelto di sostenere il nostro Buon Governo per altri 5 anni”, il tweet di Antonio Tajani, che è riuscito a convincere gli alleati a puntare ancora sull’ex generale della Guardia di finanza che nel 2019 ottenne l’investitura da Silvio Berlusconi.

In attesa dei dati definitivi e dopo aver ricevuto le congratulazioni dello sfidante Marrese, Bardi in serata parla di “una vittoria chiara”, e ringrazia “i lucani per la fiducia che mi hanno accordato, per la seconda volta”. “É una grande responsabilità che sento verso tutti loro, anche verso i lucani che non mi hanno votato o che non si sono recati alle urne. Continuerò ad essere il Presidente di tutti”, il messaggio del governatore che, dopo l’istant poll con 12 punti di vantaggio, nel pomeriggio ha visto crescere la sua coalizione, allargata ad Azione e Iv un mese fa, quando andava in cortocircuito il centrosinistra. Uno psicodramma politico che ha portato Pd, M5s, Avs, Psi e +Europa a convergere su Marrese dopo i dissidi su Angelo Chiorazzo e poi incassare il passo indietro di Domenico Lacerenza, il chirurgo rimasto in corsa solo 72 ore. Il centrosinistra negli ultimi sedici mesi ha vinto solo due appuntamenti regionali (Lazio e Sardegna), perdendo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, a Trento e infine in Basilicata.

Un ruolino di marcia che consente a Giorgia Meloni di considerare solido il consenso del suo governo. A differenza dei rivali, lei e gli altri leader di centrodestra, nonostante tensioni e piccoli incidenti parlamentari, riescono a dare un’idea di coesione, premiata nelle urne. Anche in Basilicata, dove pure fino a un paio di mesi fa erano espliciti i dubbi interni sulle chance di successo di Bardi. Poi, di fronte al caos nel campo largo e alla scelta perdente di candidare in Sardegna Paolo Truzzu di FdI anziché puntare sulla riconferma del governatore in quota Lega Christian Solinas, la coalizione ha fatto quadrato intorno all’ex generale. Una scelta che ora è rivendicata soprattutto da Forza Italia, che a Potenza per seguire i risultati ha schierato le prime linee, fra gli altri la ministra Elisabetta Casellati, coordinatrice regionale, e il capogruppo alla Camera Paolo Barelli.

Il risultato, nota il portavoce azzurro Raffaele Nevi, è “frutto del lavoro fatto dal governatore in questi anni, anche nell’allargare la coalizione a forze più riformiste che hanno riconosciuto nel buongoverno di Bardi un approdo migliore per i loro progetti e programmi”. Iv sottolinea la “grande soddisfazione di Matteo Renzi che è stato il primo a sostenere Bardi anche in virtù di un’antica amicizia”. “Il centro si dimostra determinante per vincere”, è la tesi dell’ex premier, la stessa del leader di Noi moderati, Maurizio Lupi.

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