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Esteri

Truss si dimette travolta dal caos, il Regno affonda

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Londra brucia il suo quarto primo ministro conservatore in sei anni e sprofonda nell’ennesima crisi di governo. Una crisi questa volta davvero senza precedenti, per la velocità grottesca alla quale s’è consumata, destinata a proiettare l’ombra di un avvitamento di sistema per un Regno Unito a rischio di disunione: non più roccia secolare di solidità istituzionale ma isola sferzata da venti d’instabilità permanente (ben al di là dei cliché di certi paragoni mediatici con l’Italia) alimentati dai contraccolpi d’una Brexit che incomincia a presentare i suoi conti, oltre che da sommovimenti internazionali e lacerazioni domestiche strutturali sul piano economico, politico, sociale e geografico. Liz Truss, 47 anni, ne è da oggi il simbolo più clamoroso e imbarazzante: costretta ad annunciare le proprie dimissioni appena 45 giorni dopo l’avvento a Downing Street in sostituzione di Boris Johnson. Schiantata da errori in serie, da una girandola impazzita d’inversioni di rotta sui programmi e dalla rivolta di quella stessa maggioranza conservatrice che appena tre mesi fa aveva affondato il predecessore BoJo: oggi rimpianto da molti, almeno nella base militante Tory, e tentato da un’ipotesi di ritorno che pare rafforzarsi di ora in ora a dispetto di trame e scandali. La partita si riapre in ogni caso come su una giostra fuori controllo. Con le opposizioni unite – dai laburisti, ai liberaldemocratici, agli indipendentisti scozzesi dell’Snp – che invocano come “un imperativo democratico” la via d’uscita “dal caos” delle elezioni anticipate (suicida al momento per un Partito Conservatore che se si votasse oggi verrebbe decimato rispetto al trionfo alle urne di fine 2019, fino a 36 punti di scarto dal Labour di Keir Starmer). E la maggioranza disperatamente decisa a cercare di resistere, almeno per qualche mese se potrà, e a darsi un nuovo leader, terzo di una legislatura giunta poco oltre la metà, in attesa di tempi un po’ meno peggiori. “Sono entrata in carica in una fase di grande instabilità economica e internazionale”, ha provato a giustificarsi Truss annunciando repentinamente il passo indietro dopo l’ulteriore accelerazione odierna dello sfaldamento della sua maggioranza seguito alla retromarcia sul pacchetto iniziale di tagli delle tasse in deficit, al caos venutosi a creare nella compagine, al siluramento in pochi giorni prima del cancelliere dello Scacchiere ultraliberista, Kwasi Kwarteng, poi della ministra dell’Interno anti immigrazione, Suella Braverman, rimpiazzati rispettivamente dai moderati Jeremy Hunt e Grant Shapps. “Riconosco – ha proseguito nel tradizionale discorso alla nazione dinanzi a number 10 – di non poter realizzare il mandato per cui sono stata eletta dal Partito Conservatore, data la situazione. Ho quindi parlato con Sua Maestà il Re per informarlo che mi dimetto da leader. Rimarrò primo ministro finché non sarà scelto un successore”. Successione per la quale le procedure dovranno inevitabilmente essere più rapide rispetto a quelle del dopo Boris. Come concordato dalla stessa Truss con sir Graham Brady, presidente del comitato 1922, sinedrio delle rese dei conti in casa Tory. Le nuove regole, modificate in corsa, obbligheranno i pretendenti ad avere il sostegno di almeno 100 dei circa 350 deputati della maggioranza e a non essere dunque più di tre: se emergerà una convergenza emergenziale su una figura unica, l’incoronazione avverrà direttamente a Westminster lunedì; altrimenti i due nomi più suffragati dai colleghi parlamentari dovranno sottoporsi a un voto elettronico o postale di spareggio affidato agli iscritti, da concludersi comunque venerdì 28: in modo da avere un premier nel pieno delle funzioni – il primo designato dal nuovo sovrano Carlo III, dopo i 15 del lungo regno di Elisabetta II spirata a settembre giusto due giorni dopo aver insediato Liz Truss – prima del 31, giorno della prevista illustrazione alla Camera dei Comuni di una cruciale manovra sulle coperture finanziarie anti crisi. Fra i nomi potenziali, si è già sfilato Jeremy Hunt, il cancelliere gradito all’establishment (ma molto meno alla pancia Tory attuale) chiamato in extremis da Truss per rassicurare i mercati. Mentre i bookmaker scommettono in apertura sul pragmatico Rishi Sunak: giovane ex cancelliere di origini familiari indiane che a settembre era stato battuto da Liz al ballottaggio dopo aver ricevuto più consensi di lei tra i deputati, azzoppato dall’immagine di presunto traditore di Johnson. O in alternativa sulla ministra Penny Mordaunt, brexiteer post-ideologica fra i pochi in grado di raccogliere simpatie trasversali nella litigiosa zattera della medusa Tory di oggi. Anche se il vero ammazzasette potrebbe tornare a essere proprio BoJo, congedatosi obtorto collo due mesi fa con una citazione non casuale dell’arrivederci di Terminator (‘Hasta la vista, baby’) e rientrato stasera di corsa a Londra da una vacanza dalla Repubblica Dominicana per valutare concretamente – secondo Times e Telegraph – le proprie chance di resurrezione a distanza ravvicinatissima: di un ritorno al potere del tutto inusuale nella tradizione britannica, ma di cui nel XX secolo fu ad esempio capace il suo idolo Winston Churchill.

 

 

 

 

 

 

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Esteri

Algeria, uomo rapito da un vicino di casa ritrovato dopo 30 anni

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Le autorità giudiziarie di Djelfa, 300 km a sud di Algeri, capitale dell’Algeria, hanno arrestato oggi un uomo accusato di aver sequestrato per circa trent’anni un vicino di casa, trovato ieri sera sano e salvo, seppure in stato di grave abbandono, in una buca coperta di fieno in un allevamento di pecore. Lo riferisce il tribunale di Djelfa in una nota. La Procura ha ricevuto due giorni fa, il 12 maggio 2024, tramite la divisione regionale della gendarmeria nazionale di El Guedid, una denuncia contro uno sconosciuto secondo cui il fratello del denunciante, Omar Ben Amrane, scomparso da circa 30 anni, si trovava nella casa di un loro vicino, all’interno di un recinto per le pecore”.

https://x.com/Belhassine_Bey/status/1790483411179601969

“In seguito a questa segnalazione, il pubblico ministero del tribunale di Idrissia (provincia di Djelfa) ha ordinato alla gendarmeria nazionale di aprire un’indagine approfondita e gli ufficiali di giustizia si sono recati nella casa in questione. La persona scomparsa (B.A.) è stata ritrovata e il sospetto, di 61 anni, proprietario della casa, è stato arrestato”, aggiunge la nota. “La Procura ha ordinato un trattamento medico e psicologico per la vittima e il sospetto sarà portato davanti alla Procura non appena l’indagine sarà completata”, ha precisato il tribunale.

La nota conclude sottolineando che “l’autore di questo efferato crimine sarà perseguito con tutta la severità richiesta dalle leggi della Repubblica”. Sui social algerini è diventato virale il video del ritrovamento dell’uomo, ritrovato in uno stato pietoso, con abiti trasandati e una lunga barba. Secondo quanto riportato dai media locali algerini, la famiglia della vittima riteneva in precedenza che fosse stata rapita e uccisa da gruppi terroristici islamici armati attivi in Algeria negli anni ’90, quando aveva solo 16 anni.

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Esteri

Zelensky cancella visita a Madrid prevista per venerdì

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha annullato la visita che avrebbe effettuato a Madrid venerdì prossimo, secondo fonti della Casa del Re, dopo che oggi aveva annunciato l’incontro che si sarebbe svolto incontro con Filippo VI e il successivo pranzo al Palazzo Reale. Lo scrive l’agenzia spagnola Efe. Il Palazzo della Zarzuela non ha spiegato i motivi della cancellazione della visita, che sarebbe stata la prima visita bilaterale di Zelensky in Spagna e nella quale avrebbe dovuto incontrare il premier Pedro Sánchez e firmare un accordo sulla sicurezza.

Il viaggio di Zelensky avrebbe incluso il Portogallo, tappa anche questa destinata a saltare stando a Rtp, la televisione pubblica portoghese, che – senza specificare le sue fonti – indica come motivo dell’annullata visita “l’aggravarsi della situazione in Ucraina”, si legge nella homepage della Rtp.

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Economia

Brasile: il governo Lula licenzia il capo di Petrobras

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Il governo del leader brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ha licenziato il presidente del colosso petrolifero statale Petrobras, Jean Paul Prates, dopo una disputa tra la società e l’esecutivo sul pagamento dei dividendi. “Prates è stato licenziato”, ha detto un portavoce presidenziale. Da parte sua, Petrobras ha indicato in un comunicato stampa che Prates ha chiesto una riunione del consiglio di amministrazione.

Il 25 aprile gli azionisti di Petrobras hanno approvato il pagamento di 22 miliardi di reais (4 miliardi di euro) di dividendi straordinari per l’esercizio 2023, durante il quale il gruppo ha realizzato il secondo utile netto più grande della sua storia, e il collocamento di altri 22 miliardi in un fondo destinato a garantire il pagamento dei dividendi futuri. Inizialmente il cda di Petrobras, controllata dallo Stato brasiliano, aveva deciso di non pagare alcun dividendo. Questo annuncio, avvenuto il 7 marzo, ha causato il crollo del prezzo delle azioni Petrobras in borsa ed è stato considerato dagli analisti come il risultato di un’ingerenza del governo negli affari della società, una possibilità che preoccupa i mercati dall’avvento al potere del presidente di sinistra Lula all’inizio del 2023.

Lula ha ripetutamente accusato i dirigenti di Petrobras di pensare solo a soddisfare gli azionisti del gruppo, a scapito dei consumatori. Poco più della metà del capitale di Petrobras è detenuto dallo Stato brasiliano, mentre il resto appartiene ad azionisti privati. Jean Paul Prates, ex senatore del Partito dei lavoratori di Lula, è stato nominato capo di Petrobras nel gennaio 2023, poco dopo l’insediamento del presidente, al quale era noto per essere vicino. Il gruppo ha già sperimentato turbolenze durante il mandato quadriennale del presidente di estrema destra Jair Bolsonaro (2019-2022). Quattro presidenti si erano succeduti alla guida dell’azienda, a causa dei violenti disaccordi sulla politica dei prezzi della Petrobras. In 68 anni di esistenza, Petrobras ha conosciuto un susseguirsi di presidenti: 39 precisamente, con una longevità media inferiore ai due anni. Lula ha posto fine al processo di privatizzazione avviato dal governo Bolsonaro. Il governo brasiliano non ha menzionato il nome di un sostituto di Prates. I media brasiliani scommettono su Magda Chambriard, ex capo dell’Agenzia nazionale del petrolio, un’organizzazione responsabile della regolamentazione dell’industria petrolifera brasiliana.

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