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Gol di Bijol al 93′, l’Udinese rimonta e vince a Verona

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Infinita Udinese. I friulani conquistano la sesta vittoria in campionato e riescono nuovamente a rimontare il risultato inizialmente sfavorevole mandando all’inferno un Verona di cuore ma in netto affanno nella ripresa. La vince soprattutto Sottil quando in campo getta la qualita’ di Samardzic e Arslan che con giocate di spessore tre punti ai bianconeri. Una sconfitta pesante forse anche per la panchina di Cioffi che incassa la terza sconfitta consecutiva. Il Verona scende in campo con il 3-4-2-1 marchio di fabbrica del suo tecnico. Linea mediana composta da Tameze e Veloso, che prende il posto di Ilic, al centro. Sulla trequarti Verdi scalza Lasagna e affianca Piccoli con Henry davanti a tutti. L’Udinese risponde con il classico 3-5-2 che sta dando grandi soddisfazioni. A centrocampo sugli esterni ci sono Pereyra e Udogie, mentre al centro spazio per Makengo, Walace e Lovric. Sorpresa in attacco con Deulofeu e Success a guidare il reparto avanzato. Partenza sprint dei friulani che hanno subito una buona occasione con Makengo, destro che sorvola la traversa di Montipo’. E’ una partita molto bella, due squadre che si affrontano sul ritmo, fioccano le occasioni ed e’ il Verona che passa. Sul traversone di Lazovic la palla in contrasto tra Piccoli e Bijol si alza in campanile e prima che tocchi terra il sinistro di Doig e’ chirurgico e batte Silvestri sul palo opposto: gran gol. L’Udinese ha subito l’opportunita’ per il pareggio ma il destro di Pereyra sull’assist di Becao e’ respinto con i pugni da Montipo’. Clamoroso poi l’errore di Deulofeu che non riesce di testa a deviare il pallone a pochi metri da Montipo’.

Poi un gran destro di Veloso dal limite va a colpire in pieno la schiena del direttore di gara per l’ovvia disperazione del centrocampista portoghese. Non c’e’ un attimo di pausa. Fronte opposto, gran destro dalla distanza di Walace, attentissimo in tuffo Montipo’ nella respinta. Verona che va al riposo avanti grazie al secondo gol in campionato di Doig. Stessi effettivi in avvio nella ripresa. L’Udinese, pero’, fatica a trovare spazio e a cambiare ritmo e allora Sottil decide un triplo cambio gettando nella mischia Ebosse, Samardzic e Beto. E’ l’Udinese a fare la partita, la fisicita’ di Beto mette subito sugli attenti la difesa scaligera. Un sinistro di Samardzic accarezza il palo alla destra di Montipo’, ora i friulani attaccano a testa bassa. E il pareggio arriva grazie ai suoi uomini di qualita’. Samardzic inventa per Deulofeu che ammorbidisce per Beto che di destro la piazza nel sacco. Ora l’inerzia e’ tutta degli ospiti e Cioffi corre ai ripari togliendo gli stanchissimi Lazovic e Verdi. Anche l’Udinese sembra, tuttavia, alle corde. I ritmi altissimi si fanno sentire ma il colpo del kappao’ e’ dell’Udinese grazie alla testata di Bijol sulla punizione di Samardzic.

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Cannavaro ferma Motta, Bologna-Udinese pari e rimpianti

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Il Bologna fallisce l’assalto al terzo posto e offre a Roma e Atalanta la possibilità di ricucire e riaprire la corsa Champions, l’Udinese, invece butta via due punti preziosi per la salvezza. Al Dall’Ara, la sfida tra rossoblù e bianconeri è la sfida dei rimpianti: perché gli ospiti passano in vantaggio e si fanno raggiungere nonostante la superiorità numerica. Di più, il Bologna ha pure due occasioni per completare la rimonta con Saelemaekers, ma alla fine è l’Udinese, con Davis e Brenner a fallire il match point, con il primo che stampa la conclusione all’incrocio e il secondo che fallisce il tap in a porta vuota. Finisce con i gol di Payero e Saelemaekers e tanti rimpianti, soprattutto per Cannavaro, alla prima panchina da 90 minuti in serie A, che incarta il match alla banda di Thiago Motta, che a 7 punti dall’aritmetica Champions si fa prendere dalle vertigini.

I bianconeri si confermano bestia nera dei rossoblù, che avevano battuto all’andata per 3-0 e proprio come all’andata va a segno Payero, centrocampista argentino che sblocca il match nel secondo minuto di recupero del primo tempo: pasticcio del Bologna, con palla persa di Freuler sulla propria trequarti. Ne approfitta Samardzic, che verticalizza per Lucca: la conclusione è murata, ma resta vacante e Payero anticipa Posch a tu per con Skorupski e non sbaglia. Reduce da due 0-0 casalinghi con Frosinone e Monza, la squadra di Motta si trova di fronte un’Udinese barricata nella propria metà campo. E’ portata al gioco, ma non abile su calci piazzati e nell’andare a trovare l’episodio che sparigli le carte.

Così l’Udinese si mette in partita, con Cannavaro che presenta una squadra solida dietro e corta nei reparti, che lascia libertà di manovra fino alla linea di metà campo, intasando gli spazi da lì in poi. La tattica funziona, il Bologna colleziona corner (6 nel primo tempo, 10 alla fine) e piazzati, non occasioni e con il passare dei minuti si innervosisce e prova a sbilanciarsi. L’Udinese approfitta di due errori per involarsi in contropiede: sul primo, di Ehizibue, chiude Beukema, sul secondo non c’è scampo. Motta ridisegna il Bologna nell’intervallo, spedendo in campo Orsolini per El Azzouzi. La reazione è di nervi, sfiorando il pareggio con Aebischer e Ndoye, ma l’Udinese non cambia atteggiamento e al minuto 19 trova la seconda svolta del match: recupera, si lancia in contropiede e rimedia il secondo giallo di Beukema.

Bologna in 10, Udinese che fa quasi il 2-0 proprio con Samardzic da fuori e con un colpo di testa di Kristensen, ma non chiude la gara. E Cannavaro toglie Pereyra e Lucca per coprirsi e tentare di gestire una vittoria preziosissima. Ma quando meno te lo aspetti arriva l’episodio per il Bologna. Ferreira, che aveva regalato il corner alla Roma giovedì, commette un inutile fallo su Saelemaekers: punizione dal vertice destro dell’area bianconera Okoye si fa ingannare dalla traiettoria con colpa. Il Bologna la rimette in corsa e Saelemaekers ha due volte la palla per vincerla, nonostante l’inferiorità numerica. Finisce 1-1, per un pareggio che lascia rimpianti ad entrambi: al Bologna, che offre a Roma e Atalanta l’occasione di riaprire la corsa Champions, all’Udinese, terzultima, che butta l’occasione di ricucire su Verona, Frosinone e Empoli.

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L’Inter non fa sconti, Torino ko nel segno di Calhanoglu

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Il 20 segna due gol nel 2-0 per festeggiare lo scudetto numero 20. L’Inter non si rovina la festa e batte anche il Torino nel segno di Calhanoglu, che realizza una doppietta a inizio ripresa che manda ko i granata nella giornata delle celebrazioni per la seconda stella. Un uno-due nel giro di tre minuti che permette agli uomini di Simone Inzaghi di festeggiare al meglio il tricolore conquistato una settimana fa dopo la vittoria nel derby contro il Milan, ora sprofondato a -19 in classifica con la Juventus addirittura a -24 dopo il pareggio di ieri nello scontro diretto. Il clima d’altronde è quello da grande festa, tra il ‘pasillo de honor’ dei granata prima della gara per i nerazzurri e la Curva Nord che per tutta la sfida omaggia i suoi eroi.

Nella giornata della prima storica di un trio arbitrale al femminile, anche Inzaghi diventa protagonista, perché all’ennesimo coro dei tifosi risponde saltellando con un sorriso che si allarga sempre di più, perché il tricolore porta la sua firma indelebile. In campo, nonostante tutto, la giornata di festa si è notata un po’ meno.

Un po’ perché il Torino puntava ancora all’obiettivo Europa e non aveva molta voglia di fare solo lo sparring partner, mentre l’Inter comunque ha messo nel mirino altri record (a partire dai 100 punti in classifica, obiettivo per cui però serviranno quattro vittorie nelle ultime quattro giornate) ma soprattutto voleva festeggiare al meglio. I ritmi, però, non sono granché, anche se i granata provano più volte a fare male ai nerazzurri. A scaldare le mani a Sommer ci pensa per primo Rodriguez con un destro dalla distanza centrale, mentre dall’altra parte Thuram spreca la palla per il vantaggio calciando alto dopo aver messo a sedere Bellanova.

Il più pericoloso però è Zapata, prima con un destro centrale a chiudere un contropiede e poi con un colpo di testa a lato. La partita però cambia a inizio ripresa, quando dopo poco più di un minuto Tameze stende Mkhitaryan lanciato verso la porta: dopo una revisione al Var, arriva il rosso per il centrocampista granata, con la squadra di Juric che si ritrova così in inferiorità numerica. L’Inter alza i giri del motore e non a caso sblocca il risultato: Mkhitaryan trova il varco giusto per servire Calhanoglu, mancino di prima intenzione e nerazzurri in vantaggio.

La squadra di Inzaghi non si ferma, una combinazione con De Vrij manda in porta Thuram, che in area viene steso da Lovato in scivolata: dal dischetto Calhanoglu firma la sua personale doppietta spiazzando Milinkovic Savic con il decimo gol su dieci rigori calciati quest’anno in campionato (in una striscia di 16 reti rigori realizzati consecutivamente). L’ultima mezzora si trasforma definitivamente in una festa, con Inzaghi che regala la standing ovation ai suoi big (tranne Lautaro che va a caccia vanamente del gol) prima di ricevere l’abbraccio dell’intera tifoseria arrivata da tutta Italia nella sfilata scudetto con l’autobus scoperto per le vie di Milano.

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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