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Il Tar restituisce la scorta al Capitano Ultimo: “rischia di essere ucciso dalla mafia”. L’ufficiale dell’Arma che arrestò Riina:il mio disprezzo a chi non l’ha impedito

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È il Tar del Lazio che “restituisce’ la scorta al colonnello Sergio De Caprio, il Capitano Ultimo che arresto’ Toto’ Riina. Il Tribunale amministrativo regionale  ha infatti accolto il ricorso di De Caprio contro il Ministero dell’Interno per l’annullamento, previa sospensiva, di tutti gli atti relativi alla revoca della misura di protezione, disposta il 3 settembre scorso. Il ricorso verrà trattato nel merito l’11 giugno prossimo.

Secondo i giudici amministrativi “al sommario esame proprio della presente fase” di giudizio, “si ravvisano i presupposti per l’accoglimento dell’istanza cautelare, dovendosi assegnare preminenza, allo stato, nel bilanciamento degli opposti interessi, al mantenimento del dispositivo di tutela in favore” del Capitano Ultimo, “nelle more della decisione sul merito del ricorso”. Il Tar ha quindi sospeso l’efficacia di tutti gli atti riguardanti la revoca della scorta al colonnello De Caprio, compreso il provvedimento con cui è stata rigettata la domanda fatta dall’ufficiale al prefetto di accesso agli atti. Proprio ieri la questione della scorta di Ultimo era tornata alla ribalta: a ridosso della casa famiglia fondata dal colonnello e gestita da un’associazione di volontari e’ stata infatti incendiata un’autovettura risultata rubata. Secondo alcuni si è trattato di un avvertimento, considerate le numerose minacce ricevute da De Caprio negli anni da parte di Cosa Nostra, e sia i suoi sostenitori che alcuni esponenti politici avevano chiesto la riassegnazione del dispositivo di protezione. Sprezzante il commento di Ultimo. “Oggi con coraggio il Tar di Roma ha arginato l’illegittima prevaricazione che alcuni funzionari della sicurezza pubblica hanno esercitato contro il diritto alla vita, alla sicurezza ed alla difesa di un cittadino e di un carabiniere”.

“I giudici hanno ritenuto finalmente che l’uomo e la sua sicurezza prevalgono sulla burocrazia” ha aggiunto Ultimo. Che prosegue: “Verso tutti quelli che in questa vicenda, pur avendone la possibilità, non hanno fatto e non fanno nulla, va il massimo disprezzo dell’uomo e del carabiniere”. L’avvocato di Ultimo Antonino Galletti, dal canto suo, ribadisce “fiducia nella magistratura amministrativa e nel suo ruolo insostituibile come presidio di legalità e giustizia”.

Le parole di Ultimo, quello sul disprezzo per chi non ha fatto nulla per impedire che gli fosse tolta la scorta, non sono piaciute al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, che è intervenuto con una nota. “Pur avendo sempre considerato le richieste di tutela da parte dell’Ufficiale noto come Capitano Ultimo e nel doveroso rispetto del pronunciamento cautelare giurisdizionale, stigmatizza il tenore delle dichiarazioni a lui attribuite, lesive del prestigio di appartenenti a pubbliche Istituzioni”. Ma questo è solo l’ennesimo capitolo di una polemica infinita sulla scorta all’ufficiale dell’Arma che arrestò Reina assieme ad un manipolo di uomini del Ros.

Tolta la scorta a Capitan Ultimo, il carabiniere che arrestò Riina, vanno a bruciargli l’auto sotto casa

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A New York si commemorano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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Una giornata speciale per i ragazzi delle medie e delle superiori per commemorare due simboli della lotta alla mafia: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, nel triste anniversario della Strage di Capaci. L’appuntamento si è svolto presso la Scuola d’Italia di New York Guglielmo Marconi, guidata da Michael Cascianelli. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono solamente nomi nella storia italiana, ma incarnano valori di coraggio, integrità e impegno civico. Per far comprendere appieno il significato di queste figure agli studenti della Scuola d’Italia Guglielmo Marconi, è stato organizzato un incontro con due esperti del campo: il Professore Antonio Nicaso e il Professore Rosario G. Scalia.

Il Professore Nicaso, storico delle mafie e autore di varie opere sull’argomento, ha condiviso con gli studenti la sua vasta esperienza e aneddoti privati, invitandoli a guardare al futuro con ambizioni elevate e a non scendere mai a compromessi di fronte alle mafie. L’incontro è stato condotto dal Professore Scalia, professore del dipartimento di Italiano alla Rutgers – State University of New Jersey, che ha moderato l’evento e ha portato anche una testimonianza personale, ricordando la sua infanzia a Catania e l’ombra costante della mafia che aleggiava sulla città. Ha evidenziato come frasi dette dai genitori come “stai tranquillo che i mafiosi si uccidono solo tra loro” per tranquillizzare i propri figli, o “ci si uccide solo al sud” o “solo in Italia” abbiano contribuito a creare una distanza emotiva e fisica dalle persone nei confronti della mafia. Ha invitato gli studenti a non voltare le spalle alla realtà, ma ad affrontarla con coraggio e determinazione, senza mai fare un passo indietro.

L’incontro, coordinato dalla Professoressa Cristiana Grassi, ha suscitato grande interesse e partecipazione da parte degli studenti, dimostrando l’importanza di educare le giovani menti alla consapevolezza civica e alla lotta contro ogni forma di criminalità. La morte di Falcone e Borsellino ha avuto un impatto profondo non solo in Italia, ma anche oltre confine. Negli Stati Uniti, Giovanni Falcone è ricordato come un eroe, anche dall’FBI. Una statua eretta a Quantico, sede dell’FBI, testimonia il rispetto e l’ammirazione che gli americani nutrono per il giudice italiano. La relazione tra Stati Uniti e Falcone si consolidò durante il celebre caso “Pizza Connection” durante gli anni del Maxiprocesso di Palermo. Oggi, la collaborazione tra Italia e Stati Uniti nel campo della lotta alla criminalità organizzata prosegue su queste solide basi, dimostrando che l’eredità di Falcone e Borsellino continua a essere una fonte di ispirazione nel cammino verso una giustizia globale e una cooperazione internazionale più stretta.

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Carabinieri: prima confisca e conversione in euro di monete digitali sottratte a napoletani

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La Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria ha completato con successo la prima operazione di conversione in euro di beni confiscati in monete digitali. L’attività è conseguente al sequestro di Bitcoin e Monero, per un controvalore di circa 11mila euro, avvenuto a gennaio 2023, quando la Prima Sezione Operativa di Roma e la Sezione Criptovalute hanno eseguito otto misure cautelari nei confronti di individui, tutti residenti a Napoli, sospettati di appartenere ad un gruppo criminale dedito alla contraffazione valutaria. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli e condotte con la collaborazione di Eurojust ed Europol, fanno parte di un ampio contesto investigativo iniziato nel 2018, mirato a smantellare una rete di distribuzione di banconote contraffatte attraverso il Darkweb, canali Telegram e il trasferimento di criptovalute come Bitcoin e Monero su wallet dedicati. Lo rende noto un comunicato dell’Arma.

“Nel corso delle operazioni le criptovalute sequestrate – in particolare Monero e Bitcoin, spiega la nota – erano state trasferite dalla Sezione Criptovalute su portafogli dedicati, attraverso l’uso di tecniche e software sviluppati direttamente dal Reparto Specializzato dell’Arma che consentono la creazione dei wallet garantendo, oltre ad una elevata sicurezza, anche una gestione particolare delle chiavi private e/o seed phrase. L’approccio utilizzato dalla Sezione Criptovalute assicura che nessun singolo operatore possieda la conoscenza completa della chiave privata, eliminando così un punto critico di vulnerabilità e aumentando significativamente la protezione contro gli attacchi informatici”.

“Le criptovalute, oggetto di sequestro, sono state confiscate con decreto emesso dall’Autorità Giudiziaria di Napoli la quale – prosegue la nota – ha disposto la conversione e il trasferimento al Fondo Unico di Giustizia. Pertanto, i Carabinieri della Sezione Criptovalute unitamente a personale dell’Exchange italiano Young Platform nominato appositamente ausiliario di polizia giudiziaria per procedere alla conversione, hanno provveduto al trasferimento e cambio in euro per il successivo deposito al Fug delle somme oggetto della confisca”. “La peculiarità di questa operazione non risiede solo nel suo successo e nella sua natura pionieristica, ma anche nel modo in cui dimostra l’efficacia dell’Arma dei Carabinieri nello svolgere operazioni altamente specializzate anche con le nuove tecnologie finanziarie. L’Arma dei Carabinieri, sempre attenta e vigile nelle indagini sul sensibile tema del Cybercrime, ha svolto recentemente il primo corso di perquisizione e sequestri di valute digitali presso l’Istituto Superiore Tecniche Investigative di Velletri, con il quale ha formato 25 operatori già specializzati in indagini telematiche”, conclude la nota.

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Reddito cittadinanza, presi altri 63 beneficiari e denunciati per truffa

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Sono 63 le persone che in provincia di Foggia sono state denunciate per aver indebitamente conseguito il reddito di cittadinanza, per un ammontare complessivo di 691 mila euro. Tra quelle individuate dai finanzieri del comando provinciale di Foggia negli ultimi due mesi ci sono i componenti di un intero nucleo familiare, che vive sul Gargano, e che avrebbero presentato istanze per ottenere il reddito di cittadinanza, allegando una dichiarazione sostitutiva mancante dell’indicazione dell’esatta composizione del nucleo familiare, che ha consentito loro di ricevere indebitamente oltre 21.400 euro. I controlli hanno interessato tutto il territorio provinciale, in particolare Cerignola, San Severo, Vieste e San Nicandro Garganico. I 63 beneficiari sono stati segnalati alla direzione provinciale Inps per la sospensione del sussidio. Numerose le irregolarita’ riscontrate dalle Fiamme gialle: dalla mancanza del requisito della residenza effettiva nel territorio nazionale alle mendaci dichiarazioni inerenti alla composizione del nucleo familiare, dall’omessa dichiarazione dello svolgimento di attivita’ lavorative, in diversi casi anche esercitate in nero, alla perdita del diritto al beneficio in conseguenza dello stato di detenzione.

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