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Kvaratskhelia già incanta Napoki, ‘e buonanotte a tutti’ Georgiano del Napoli segna, inventa e esulta col gesto del sonno’

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Il campionato è appena cominciato ma a Napoli è già Kvara mania. Il cognome Kvaratskhelia è pressoché impronunciabile (sembrerebbe che si debba dire Cuaraschelia) e con il nome, Khvicha, la dizione è ardua e forse è inutile perfino provarci (qualcuno si è lanciato con un non confermato Quicia). Lui, peraltro, su internet spiega come si dovrebbe pronunciare correttamente il suo cognome. Viene dalla Georgia dove, nonostante la giovanissima età (il prossimo mese di febbraio compirà 22 anni) è già una acclamatissima star. Il debutto in serie A a Verona, il gol segnato, l’assist confezionato per mandare in porta Zielinski e una serie continue di giocate di gran classe lo hanno subito posto all’attenzione del grande pubblico del calcio. Insomma, l’oggetto misterioso si è invece manifestato e il Napoli può evidentemente contare su di lui. Khvicha Kvaratskhelia si è preso immediatamente la scena e il suo modo di festeggiare il gol (le due mani poste sotto il viso reclinato come un cuscino per mimare un tranquillizzante sonno, ripostate sul suo profilo Instagram con la didascalia ‘ogni giorno e’ un buon giorno, ma alcuni sono migliori…’) è subito entrato nell’immaginario collettivo dei tifosi azzurri che sembrano aver già dimenticato il ‘cuore’ disegnato con le mani da Lorenzo Insigne e perfino la ‘linguaccia’ di Dries Mertens. Questo tipo di esultanza che Kvaratskhelia ha mostrato per la prima volta a Verona però non è nuova. E non è arrivata per un caso. Nel mondo dello sport la si era già vista qualche mese fa durante le finali di Nba di basket. Protagonista del gesto Steph Curry, capitano dei Golden State Warriors, un vero e proprio idolo per Kvaratskhelia che ha confessato al suo arrivo in Italia di essere appassionato di pallacanestro, di ammirare il cestista statunitense e di essere un gran tifoso della squadra in cui gioca Curry. Kvaratskhelia è figlio d’arte. Il papà è stato un discreto calciatore che ha svolto tutta la sua carriera in Azerbaijan, fino a venire naturalizzato in quel Paese e a finire per giocare anche in Nazionale. Il figlio invece ha già debuttato nella Nazionale georgiana, allenata dall’ex calciatore francese Sagnol, dove fino ad ora ha collezionato 17 presenze e 8 gol. Uno dei suoi compagni, Davitashvili, lo ha definito addirittura il Messi di Georgia Kvaratskhelia non nasconde la sua ammirazione per Cristiano Ronaldo che giudica il migliore di tutti. Il numero che ha scelto sulla sua nuova maglietta azzurra è il 77 soltanto perché il 7 era già ‘occupato’ da Elmas e il giovane georgiano ci teneva ad entrare nello spogliatoio in punta di piedi, senza accampare pretese da ultimo arrivato che avrebbero potuto irritare i nuovi compagni di squadra. Oltre a conquistare il cuore dei tifosi, Kvaratskhelia ha fatto breccia anche nell’animo del suo allenatore. Luciano Spalletti non fa altro che sottolineare le incredibili doti del suo calciatore, ma molto spesso rimarca anche gli ampi margini di miglioramento che a suo giudizio potrebbero a breve farne un numero uno assoluto nel mondo del calcio. Anche ieri a fine partita il tecnico ha commentato così la prestazione del georgiano, lasciando tutti di stucco:”Kvara ha sentito troppo la partita, era teso, può fare molto meglio. Ha un po’ sofferto la marcatura a uomo dell’avversario, e uno come lui dovrebbe essere bravissimo a divincolarsi”. Ma Kvaratskhelia non si sarà sicuramente offeso perché ha una stima profonda del suo allenatore e qualche giorno è arivato a dire:”Per me Spalletti è un maestro di calcio, ogni giorno mi insegna qualcosa”.

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Meret vuole restare al Napoli: il portiere pensa solo allo scudetto, rinnovo vicino

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Alex Meret ha una priorità: lo scudetto. Il portiere azzurro, protagonista silenzioso e decisivo della stagione del Napoli, ha chiesto al suo agente Federico Pastorello di mettere in stand-by ogni discorso sul contratto fino al termine della gara contro il Cagliari. Un atto di dedizione totale che fotografa bene lo stile di un ragazzo che ha sempre preferito i fatti alle parole.

Un futuro azzurro mai messo in discussione

Nonostante le sirene di mercato e una trattativa per il rinnovo che dura da dieci mesi, Meret non ha mai pensato di andar via. Né di farlo a parametro zero, anche se i presupposti tecnici ed economici per farlo ci sarebbero. Il Napoli vuole tenerlo, il direttore sportivo Giovanni Manna ha ritoccato più volte l’offerta, c’è l’intesa su tutto: durata (fino al 2027 con opzione per un altro anno), ingaggio (3 milioni annui). Resta solo un dettaglio da limare: un piccolo bonus alla firma, che De Laurentiis per ora ha bloccato.

Un pilastro della squadra di Conte

Antonio Conte vuole la sua conferma. Meret è il numero uno del Napoli e lo resterà, anche se con il ritorno in Champions League ci sarà più turnover tra i pali. Per questo Caprile e Scuffet sono pronti, ma resteranno nell’ombra. In alternativa si valuta anche il nome di Milinkovic-Savic del Torino, ma solo in caso di rottura clamorosa che oggi appare improbabile.

Record, rigori parati e fedeltà

Meret ha già collezionato 15 clean sheet in campionato: uno solo in meno rispetto al suo record personale (16 nella stagione dello scudetto). In più, si è rivelato anche pararigori: ha ipnotizzato Calhanoglu, Thauvin e Gimenez, con solo Bonny capace di superarlo dal dischetto. I numeri parlano per lui. E il suo attaccamento al club è evidente: vive a Lucrino, non ha mai nascosto il desiderio di rimanere.

Una maratona contrattuale vicina all’arrivo

Pastorello e Manna si sono visti più volte, penna in mano, pronti a firmare. Poi rinvii, rallentamenti, dettagli. Una trattativa che ricorda l’estate pre-scudetto, quando Meret sembrava destinato a lasciare il Napoli per fare spazio a Navas, ma alla fine rimase e divenne protagonista assoluto.

Oggi, come allora, la volontà di restare c’è, forte e chiara. E salvo sorprese, sarà ancora il portiere del Napoli.

 

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Conte tiene i nervi saldi: niente feste, concentrazione massima, fiato sospeso per Lobotka

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Il Napoli di Antonio Conte è a un passo dal sogno, ma il tecnico salentino non vuole sentire parlare di scudetto. L’atmosfera nel quartier generale azzurro è stranamente silenziosa. Nessuna festa anticipata, nessuna bandiera al vento: solo lavoro, concentrazione e la solita routine. Conte, che vive nel cuore di Napoli per percepire l’umore della città, si tiene lontano da proclami e illusioni.

L’attesa per Lobotka e il piano Gilmour

Quando dalla clinica arriva la notizia che Lobotka ha solo una distorsione, il tecnico tira un sospiro di sollievo. C’è speranza che possa essere disponibile già per il match contro il Genoa. Nel frattempo, parte il “piano Gilmour”, con lo scozzese pronto a prendersi le chiavi del centrocampo da unico play.

La prudenza come stile di vita

Conte sa cosa vuol dire perdere tutto all’ultimo istante. Ricorda bene quella pioggia di Perugia nel 2000 e da allora le cicatrici delle sconfitte pesano più delle vittorie. Per questo evita ogni parola fuori posto. Niente slogan, niente euforia: solo attenzione ai dettagli. Non è scaramanzia, ma un realismo feroce.

Verso il Genoa senza mai nominare lo scudetto

In campo si lavora sul 4-4-2, con Olivera ancora centrale e la conferma di Raspadori. I 52mila del Maradona sono pronti: biglietti introvabili, clima elettrico, ma Conte è l’ultimo a uscire dal centro tecnico e anche stavolta, con i tifosi accalcati alle transenne, non pronuncia mai la parola scudetto.

Una stagione da sogno, ma vietato distrarsi

«Ricordiamo da dove siamo partiti», ha detto il tecnico, facendo riferimento alla vittoria ai rigori in Coppa Italia contro il Modena. Il cammino è stato lungo e faticoso. I premi? Se ne parlerà a fine stagione. Ora la squadra ha un solo obiettivo: battere il Genoa e vedere cosa fa l’Inter contro il Torino. Il resto, per ora, è solo rumore.

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Inzaghi nella storia: orgoglioso di una super Inter

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Simone Inzaghi scrive un’altra pagina della storia interista: la vittoria contro il Barcellona vale infatti la seconda finale di Champions League da allenatore nerazzurro, come solo Helenio Herrera nella storia del club. Un risultato storico, che il tecnico sottolinea con orgoglio: “Innanzitutto voglio fare i complimenti al Barcellona, abbiamo incontrato una squadra veramente forte. Ci è voluta una super Inter – le sue parole intervistato da Sky Sport -. Poi un plauso a questi ragazzi, hanno messo in campo due prestazioni mostruose altrimenti non si poteva raggiungere la finale. Sono orgoglioso, sono contento di essere il loro allenatore. È giusto che i ragazzi se lo godano davanti a questi tifosi”. Una prestazione da grande squadra, soprattutto nei supplementari, quando l’Inter ha trovato ancora le forze per tornare avanti.

“Ho detto che i cambi ci avrebbero aiutato, di crederci e di limitare una squadra non semplice da limitare. Lautaro, Dumfries, Frattesi non ha fatto la rifinitura, col cuore abbiamo superato l’ostacolo. Abbiamo cercato di giocarcela con le nostre armi e qualità. Dopo il 3-3 dell’andata avevamo chiaro cosa fare in campo, la squadra non è mai stata presuntuosa, la finale è meritata”, ha concluso. Una gara in cui decisivo è stato anche Yann Sommer, premiato come MVP della sfida. “Sono molto felice, la squadra ha fatto una roba incredibile. La parata su Yamal è stata speciale, lui è fortissimo e sono felice che non sia entrata. Questa roba che abbiamo fatto, con Acerbi che va a fare la punta…oggi tante squadre si sarebbero arrese dopo il 3-2. Noi abbiamo creduto fino alla fine, è tutto incredibile”.

E ancora di più lo è per Davide Frattesi, già decisivo nell’andata dei quarti contro il Bayern Monaco. “Vedevo tutto nero, sono stato fortunato a finire la partita. Mi sono stirato all’addome e abbiamo fatto un lavoro incredibile per esserci stasera. È incredibile essere in finale di Champions, non so che dire”.

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