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Il figlio del padrino dei casalesi Sandokan scrive ai pm: Sono Nicola Schiavone, voglio collaborare

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“Mi pento”. Così Nicola Schiavone ha manifestato la sua volontà di collaborare con una lettera inviata ai magistrati della Dda una ventina di giorni fa. Figlio del capoclan Francesco ‘Sandokan’, è in carcere dal 2010, dove sta scontando alcuni ergastoli per 5 omicidi.

Nei prossimi giorni si intensificheranno i colloqui con i magistrati anche perché Schiavone ha a disposizione i canonici 6 mesi, come prevede la legge, per poter rivelare tutto quanto a sua conoscenza su episodi criminali. Nel frattempo i suoi familiari più stretti hanno aderito al programma di protezione. Saranno i magistrati Graziella Arlomede, Fabrizio Vanorio e Vincenzo Ranieri, del pool antimafia che si occupa delle indagini sui clan dei casalesi, a verificare la veridicità delle dichiarazioni di Schiavone che ha già reso i suoi primi interrogatori.

Il rampollo del boss, in carcere dal 2010, sta scontando al 41bis gli ergastoli avuti per cinque omicidi, cioè per il triplice omicidio di Francesco Buonanno, Modestino Minutolo e Giovan Battista Papa, tre affiliati al clan uccisi per uno sgarro a Villa di Briano, e per il duplice omicidio Salzillo-Prisco, avvenuto nel marzo 2009 a Cancello e Arnone.

Il duplice omicidio del 2009 fece scalpore perché una delle vittime, Antonio Salzillo, era nipote del fondatore del clan dei Casalesi Antonio Bardellino, ucciso in Brasile nel 1988. Schiavone jr fu arrestato nel maggio 2010; per gli inquirenti sarebbe stato lui a prendere in mano le redini del clan dopo l’arresto del padre, avvenuto nel luglio 1998.

Per gli inquirenti si tratta di una collaborazione “eccellente” sia da un punto di vista simbolico sia (si spera) da un punto di vista investigativo con Schiavone che potrebbe far luce sulla linea grigia, quella dei rapporti d’interessi comuni tra il clan ed i colletti bianchi. Prima di lui, nel 2014, ha deciso di collaborare con la giustizia un altro boss di primo piano, Antonio Iovine, arrestato nel 2010 dopo 14 anni di latitanza.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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