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Domani l’addio alla piccola Diana, la nonna: sua madre è morta per me

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L’addio alla piccola Diana sara’ domani pomeriggio, non nella chiesa vicino al bilocale dove viveva e dove mercoledi’ della scorsa settimana e’ stata trovata senza vita nel suo lettino di fortuna dopo essere stata lasciata da sola per sei giorni dalla madre. I funerali verranno celebrati nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a San Giuliano Milanese, nel giorno in cui la bambina avrebbe compiuto un anno e mezzo. L’annuncio delle esequie e’ apparso sulla cancellata della casa di corte a Ponte Lambro, teatro della tragedia che ha scosso l’Italia intera con una foto con la piccina seduta sul letto con una magliettina bianca e una vaporosa gonna rosa, circondata da palloncini rosa, come in un giorno di festa. Una immagine che stride con il colore cupo della coccarda funebre e con la scritta “a soli 18 mesi e’ volata in cielo la piccola Diana Pifferi”. Nemmeno i pupazzetti e i peluche appesi qua e la’, e il nome a lettere cubitali, riescono a rasserenare un poco il clima del quartiere dove la bambina ha trascorso la sua breve esistenza prima di morire di stenti. A ricordarla, durante l’ultimo saluto al quale parteciperanno Beppe Sala e Marco Segala, i sindaci di Milano e San Giuliano (i due comuni si sono accollati le spese per la cerimonia), sara’ Don Luca Violoni. A lui spettera’ celebrare la funzione religiosa alla quale sono attese tantissime persone. In prima fila di certo ci saranno la zia e la nonna, la quale ha definito Alessia Pifferi, la madre della bambina ora in carcere con l’accusa di omicidio pluriaggravato, “un mostro”. “Di lei non voglio piu’ saperne – ha aggiunto la signora Maria parlando della figlia – per me non esiste piu’. Vedevo la mia nipotina in videochiamata e non notavo nulla di strano. Se avessi saputo quello che succedeva, sarei corsa a Milano. Non ne avevo idea. Io vivo lontano, a Crotone. Non potevo immaginare una cosa simile”. E mentre in cella la madre della bambina, come hanno riferito i suoi legali, Solange Marchignoli e Luca D’Auria, “e’ fuori da mondo”, il prossimo passo delle indagini sono le analisi delegate alla polizia scientifica della Questura, fissate per il primo agosto e che puntano, tra l’altro, a verificare se Diana sia stata sedata con le benzodiazepine. I difensori stamane hanno chiesto per iscritto di specificare meglio l’avviso con cui sono stati convocati per le operazioni investigative in quanto si parla di “accertamenti tecnici di natura biologica e chimico forense sul materiale in sequestro”. Indicazione a loro avviso “alquanto laconica e generica” e che “impedisce una corretta partecipazione a dette operazioni tecnico-scientifiche”. Pe questo l’istanza e’ formulare un “quesito dettagliato” e integrare l’oggetto dell’accertamento per “poter esercitare i propri diritti di difesa” che in questo caso consistono nella nomina di “un consulente correttamente competente”.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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