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Esteri

Kiev, i russi lanciano attacchi dalla centrale nucleare

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La guerra torna a incombere sulla piu’ grande centrale nucleare d’Europa: secondo Kiev i russi stanno utilizzando il sito dell’impianto di Zaporizhzhia, occupato a marzo, come base missilistica per condurre attacchi nelle zone circostanti. I raid dell’Armata sono proseguiti anche su altre regioni dell’Ucraina e le sirene sono tornate a suonare nella capitale. Mentre il ministro della Difesa Shoigu ha fatto per la seconda visita in un mese alle truppe sul campo. La battaglia per Zaporizhzhia, durante le fasi iniziali dell’invasione russa dell’Ucraina, aveva gia’ rischiato di provocare conseguenze drammatiche, perche’ le bombe erano cadute non lontano dai reattori della centrale nel sud-est, provocando un incendio. L’allarme adesso e’ stato rilanciato dal responsabile dell’agenzia nucleare nazionale. Le truppe occupanti, ha affermato il capo di Energoatom Pedro Kotin, hanno trasformato l’impianto in una “base di stoccaggio di armi, inclusi sistemi missilistici, da cui bombardano l’altra sponda del fiume Dnipro e il territorio di Nikopol”. Proprio su Nikopol, citta’ di 120mila abitanti a sud-ovest di Zaporizhzhia, si e’ scatenato un “diluvio di fuoco”, ha affermato il governatore Valentyn Reznichenko, parlando di oltre 50 razzi Grad. Una decina gli edifici colpiti, tra cui una scuola e un’universita’, e almeno due morti. A Dnipro le bombe hanno colpito un impianto industriale. Almeno tre morti e 15 feriti. Sul fronte sud il comando ucraino ha riferito che il nemico “sta intensificando gli attacchi missilistici e aerei”. I raid si sono abbattuti su Kherson e su Odessa. Piu’ a nord, vicino a Kharkiv, missili sulla citta’ di Chuguiv hanno ucciso tre persone. Colpi di mortaio nella regione di Sumy hanno provocato un morto e sette feriti. Sirene anti-aeree hanno risuonato a Kiev, attaccata l’ultima volta a fine giugno. Per gli analisti occidentali potrebbe trattarsi della fine della “pausa operativa” utilizzata dai russi per riorganizzarsi. Nel teatro principale del conflitto, il Donbass, le forze separatiste filorusse hanno rivendicato di essere vicine a prendere il controllo di Siversk, nella direzione di Sloviansk e Kramatorsk. Sul capoluogo ucraino del Donetsk un missile e’ caduto nella notte sulla piazza centrale aprendo un cratere e distruggendo le finestre degli edifici. Secondo Kiev, sono stati presi di mira 54 obiettivi civili in 24 ore in tutta la regione. Mosca invece ha accusato gli ucraini di bombardare le proprie citta’ per “instillare un sentimento anti-russo tra la popolazione”. Al di la’ del solito rimpallo di accuse, gli ucraini hanno compiuto dei progressi nel limitare la potenza di fuoco del nemico, grazie alle nuove armi a lungo raggio, a partire dai missili americani Himars. A Mosca questo tema e’ ben presente, tanto che il ministro della difesa Serghei Shoigu ha fatto visita alle truppe per la seconda volta in due mesi. Dai resoconti ufficiali e’ emerso che Shoigu, “dopo aver ascoltato i rapporti dei comandi sulla situazione, ha dato ordine di rafforzare l’azione in tutti i settori per impedire al regime di Kiev di effettuare lanci massicci di missili e attacchi di artiglieria contro le infrastrutture civili e i residenti nel Donbass e in altre regioni”. Inoltre, secondo il think tank americano Isw, la Russia ha intensificato la campagna avviata il mese scorso per reclutare volontari. Almeno 400 per ciascuna delle 85 regioni del Paese. I candidati possono essere di eta’ compresa tra 18 e 60 anni, anche senza esperienza militare. Sempre da Washington il governo Usa ha fatto sapere che una delegazione russa ha visitato l’Iran due volte nell’ultimo mese per acquistare droni d’attacco, svecchiando l’arsenale. La questione dovrebbe essere affrontata martedi’ a Teheran, che ospitera’ una trilaterale Putin-Raisi-Erdogan. Il perdurare del conflitto in Ucraina resta in cima alle preoccupazioni di papa Francesco. Questa la preghiera del pontefice, in un tweet per celebrare la festa della Madonna del Carmelo: “Rifugio dei peccatori, ottieni la conversione del cuore di quanti generano guerra, odio e poverta’”.

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Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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