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Wimbledon, che peccato Sinner! Djokovic in svantaggio di due set vince al quinto

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 Due set da n.1 al mondo non bastano a Jannik Sinner per battere il favorito n.1 dei Championships, Novak Djokovic, protagonista di una strepitosa rimonta che lo proietta per l’undicesima volta in semifinale a Wimbledon. Resta comunque maiuscola la prestazione dell’altoatesino, n.10 del seeding, che sui prati di Church Road, dove prima di quest’anno non aveva mai vinto, domina per oltre un’ora e mezza il campione serbo, accarezzando l’idea di raggiungere la prima semifinale Slam in carriera. “Ovviamente sono deluso e persino arrabbiato per la sconfitta perche’ non mi piace mai perdere – l’analisi di Sinner -, ma devo essere orgoglioso per quanto fatto. Non mi sono mai illuso di aver vinto, e se Novak ha vinto sei volte qui un motivo ci sara’. Anche oggi ha giocato molto bene, ma penso di averlo costretto io a giocare cosi'”. Perche’ al termine di un match di brutale intensita’, e’ l’esperienza di Djokovic – 14 anni e 328 giorni piu’ maturo di Sinner – a spostare gli equilibri. Raddrizzando un incontro, ormai compromesso, che aggiorna i suoi numeri: il secondo successo contro Sinner equivale alla 26/a vittoria consecutiva a Wimbledon, dove Nole non perde da cinque anni (2017), quando si era infortunato alla spalla contro Tomas Berdych. Salgono cosi’ a 84 i successi sui nobili prati inglesi, come Jimmy Connors (stesso numero anche di semifinali a Londra), dietro solo a Federer (105). Avvicinato nel computo delle semifinali Slam: 43 Djokovic, tre in piu’ lo svizzero. Dalla grande illusione alla delusione finale: nonostante subisca un break in apertura, l’avvio di match e’ nel segno di Sinner che surclassa il sei volte re di Wimbledon con le sue stesse armi: ritmo, intensita’, pressione. Annullato lo svantaggio iniziale, alla mezz’ora il 20enne di San Candido ristabilisce la parita’ per poi strappare il servizio all’11esimo game. Sulle ali del primo set Sinner scappa subito avanti anche nel secondo: tiene con autorevolezza i suoi turni di battuta e raddoppia il vantaggio. Ma proprio quando l’azzurro accarezza l’impresa, Djokovic alza all’improvviso il livello del suo tennis, diventa ingiocabile nei suoi turni di servizio, e strappa tre volte il servizio a Sinner, trascinando il match al quinto set. “So cosa ha cambiato del suo gioco per mettermi in difficolta’ ma preferisco non dirlo pubblicamente. Ricapitera’ di giocare contro, e ne terro’ conto”, ha commentato Sinner. In apertura della frazione decisiva, l’azzurro torna ad essere aggressivo, ma incappa in un break in apertura che lo costringe ad una rincorsa impossibile. E al primo match point Djokovic non gli lascia scampo. “Ho sempre creduto di poter ribaltare la partita, stavo bene fisicamente – le parole di Djokovic -. Si trattava solo di cambiare l’inerzia del match a livello mentale. L’esperienza ha fatto la differenza. Cruciale e’ stato l’inizio del terzo set, essere riuscito a strappare subito il servizio. Comunque complimenti a Sinner, e’ destinato ad un grande futuro”.

 

A questo punto ti aspetti la reazione del vecchio leone. E sei preoccupato. Giustamente preoccupato. Djokovic comincia a giocare, approfittando anche dell’inevitabile calo dell’avversario 20enne e strappa il servizio all’azzurro sul 2-1 e non lo molla piu’: 6-3 per i serbo. Si va al quarto e le sensazioni non sono buone. Djokovic e’ un animale che si nutre si agonismo e buone sensazioni. E di entrambe ce ne sono a bizzeffe nel terzo set. E cosi’ Sinner si vede sotto di 4-0 in un lampo. Senza demeritare in modo particolare, semplicemente perche’ Djoker e’ una categoria sopra a tutti (al momento solo Nadal al mondo gioca davvero alla pari con lui). L’altoatesino non molla e sul 2-5 e servizio del serbo ha due palle del contro-break, ma il serbo non concede nulla e si prende anche il quarto set col punteggio perentorio di 6-2 dopo 2 ore e 59 minuti, mentre Sinner rischia di farsi male cadendo malamente mentre cercava di recuperare una palla corta di Djokovic. Si va al quinto e la sensazione e’ che sia una storia gia’ scritta. Sta a Sinner provare a cambiare il finale che sembra annunciato. Ma il destino e’ quel che e’, diceva Mel Brooks in un suo film capolavoro, non c’e’ scampo piu’ per me. Sull’1-1 due errori su colpi accessibili (vole’ e palla corta) consegnano al serbo al break che rompe l’equilibrio e indirizza set e partita. Di fatto la partita finisce qui. Djokovic va avanti senza piu’ intoppi e strappa di nuovo il servizio all’avversario per chiudere in quasi 4 ore col punteggio di 6-2.

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Napoli bello, Roma fortunata: è pari al Maradona

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– Napoli e Roma si annullano nella sfida valevole per la 34 giornata di Serie A. Al Maradona finisce 2-2 una bella sfida, accesa ed emozionante soprattutto nella ripresa: apre Dybala su rigore, Olivera e Osimhen (altro rigore) la ribaltano, poi nel finale il prezioso ritorno al gol di Abraham permette ai giallorossi di tornare a casa con un punto abbastanza importante per la corsa alla Champions League. La squadra di De Rossi sale a 59 punti restando a -4 dal Bologna, ma vede accorciare l’Atalanta che ora e’ dietro di sole due lunghezze e con una gara da recuperare. Amaro in bocca invece per gli uomini di Calzona, che scivolano a -5 dal settimo posto della Lazio.

La prima nitida occasione del match capita al 6′ in favore dei giallorossi (sara’ l’unica del primo tempo), quando da corner del solito Dybala arriva una sponda area di Mancini che pesca Pellegrini, il cui colpo di testa termina di poco alto sopra la traversa. Dopo una prima parte di gara giocata a ritmi bassi da ambo le squadre, i partenopei provano a crescere dalla mezz’ora: Osimhen tenta da posizione defilata trovando la respinta di Svilar, graziato invece poco piu’ tardi da Anguissa che sbaglia tutto a tu per tu.

Al 40′ si fa vedere Kvaratskhelia con il suo classico destro a giro, deviato in tuffo ancora da un attento Svilar, mentre a pochi istanti dal riposo un colpo di testa di Di Lorenzo sfila di poco a lato. Nella ripresa il Napoli continua nella propria produzione offensiva, ma al 56′ e’ ancora decisivo un intervento di Svilar ad evitare il possibile vantaggio di Lobotka. Passano un paio di minuti e, dall’altra parte, e’ invece la Roma a trovare l’episodio per sbloccare: Azmoun va giu’ in area a contatto con Jesus, l’arbitro fischia il penalty e Dybala lo trasforma alla perfezione nell’1-0 ospite.

Gli azzurri non ci stanno e al 64′, grazie ad un pizzico di fortuna, la pareggiano con Olivera: l’esterno calcia di mancino da fuori area, Kristensen devia e di fatto mette fuori causa Svilar che stavolta non puo’ nulla. Il match prende ritmo e i partenopei in particolare ritrovano morale, sfiorando il vantaggio al 73′ con Osimhen, che svernicia Mancini in velocita’ ma trova un miracoloso Svilar davanti a se’. Nel finale succede di tutto: Osimhen porta avanti il Napoli grazie ad un calcio di rigore fischiato dopo un contatto tra Renato Sanches e Kvaratskhelia (decisivo intervento del Var), poi all’88’ la Roma trova il nuovo pari con un colpo di testa di Abraham, che segna dopo una sponda aerea da corner di Ndicka ed esulta dopo un altro intervento del Var (gol inizialmente annullato per offside).

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30 anni senza Ayrton Senna, nel mondo saudade senza fine per un mito dell’automobilismo

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“Un giorno che non sarà mai dimenticato dai brasiliani” titolava ‘O Globo’. E non era per celebrare la vittoria in uno dei cinque mondiali conquistati dalla nazionale del paese dove il futebol’ è un’autentica religione. No, era riferito al prossimo 1 maggio, quando saranno 30 anni dalla scomparsa, quel tragico giorno del 1994 a Imola, di Ayrton Senna. Un idolo nel suo paese, ma una icona mondiale il cui mito vive anche nelle generazioni che i prodigi del pilota non hanno potuto ammirare. Per capire cosa significhi tuttora per i suoi connazionali il ‘tricampeao’ del mondo della formula uno, morto a soli 34 anni, basta andare al cimitero di Morumbi (il quartiere dell’alta borghesia di San Paolo, di cui Senna faceva parte) dove è sepolto.

Caro Ayrton, un libro di Anna Maria Chiariello a 25 anni dalla scomparsa del grande Senna

Lì, vicino alla lapide coperta dai fiori, c’è un albero che ‘custodisce’ le testimonianze lasciate dai visitatori in onore del loro idolo scomparso tragicamente e troppo presto, ci sono anche pezzi di carta con preghiere e invocazioni, quasi degli ex voto con scritto “proteggimi” o “fammi trovare un lavoro”. Proprio così, perché Senna per tanti è una divinità, e non è certo un’esagerazione il detto secondo cui non esiste brasiliano dai 40 anni in poi che non si ricordi cosa stesse facendo in quel momento, quando da Imola arrivò la terribile notizia. Ayrton Senna è un sentimento, non solo saudade ma fede, amore, qualcosa, anzi qualcuno, che non potrà mai essere dimenticato, e in Brasile ancora oggi le sue 161 gare disputate vengono analizzate una per una, per capire quale fosse il suo segreto, oltre al talento che Dio, nel quale Ayrton credeva fortemente, gli aveva donato.

Sono giorni che a Rio, San Paolo, Porto Alegre e in ogni altro angolo del Brasile si parla e si scrive di Senna, non solo dei 30 anni dalla sua morte, ma anche, è successo a marzo, dei 40 anni dal suo esordio in F1 con la Toleman, e subito “fu l’inizio di un amore – hanno scritto i giornali locali – e della sua consacrazione”. I grandi network nazionali hanno ricordato che Senna è stato il modello di Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo, che non ha mai nascosto l’amore per il Brasile e per quel fenomenale campione di cui possiede un casco, mentre il fenomeno di oggi, Max Verstappen ha ricordato che “le vetture di allora erano molto differenti, e sono certo che se Senna corresse oggi guiderebbe in modo diverso. Ma vincerebbe ugualmente”.

Al Corinthians, squadra del cuore del pilota è stato chiesto, in vista del trentennale di Imola, per onorare le memoria del suo tifoso così speciale di riutilizzare la maglia di qualche stagione fa, quando al posto della scritta dello sponsor sul petto dei giocatori del ‘Timao’ era stato stampato l’autografo di Senna. Intanto alcuni facoltosi appassionati stanno partecipando all’asta per acquistare la Honda NSX che Ayrton utilizzava per spostarsi nei periodi che trascorreva in Portogallo.

Apparteneva ad una persona di nazionalità britannica, di cui non si è fatto il nome, che ora l’ha messa in vendita, al prezzo base di 500mila sterline, circa 580mila euro. In Brasile non se la vogliono far sfuggire, e sarà una sfida all’ultimo real. Intanto, e soprattutto, rimane quel volto che è anche su tanti murales, amato da tutti e sinonimo di 41 gran premi vinti e tre titoli mondiali. Una striscia che avrebbe potuto continuare chissà fino a quando, ma il destino ha deciso diversamente. Di sicuro Ayrton Senna continua a vincere nei cuori della gente.

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Tifosi del Napoli in silenzio 17′: poi cori contro De Laurentiis, Calzona e squadra

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Un’atmosfera insolita ha avvolto lo stadio Diego Armando Maradona durante l’ultimo incontro di Serie A tra il Napoli e la Roma. I tifosi del Napoli, in particolare quelli delle curve, hanno scelto una forma di protesta silenziosa per esprimere il loro dissenso verso la direzione del club in una stagione che si sta rivelando particolarmente difficile.

L’incontro è iniziato in questo clima quasi surreale. Il Napoli, attualmente ottavo in classifica, sta vivendo una delle sue stagioni più turbolente, segnata da risultati deludenti come l’ultima sconfitta contro l’Empoli. La scelta di non cantare è stata un modo per i tifosi di evidenziare il loro malcontento e la loro insoddisfazione per come le cose stanno procedendo sia sul campo sia fuori.

Il silenzio dei tifosi è stato interrotto solo al 17esimo minuto, quando è scaturito un coro contro il presidente Aurelio De Laurentiis.Questo tipo di manifestazione pacifica, ma estremamente eloquente, evidenzia la frattura crescente tra la base dei tifosi e la leadership del Napoli.

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