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Murales contro Draghi: Di Maio attacca, Conte minimizza

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Un murales riporta a galla con prepotenza le tensioni fra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio. Occasione dello scontro, un graffito che raffigura Mario Draghi con le sembianze di una lupa tenuta al guinzaglio dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Una lettura dei rapporti di forza al tempo della guerra in Ucraina che, con un post sui social, e’ stata fatta propria dal tesoriere del M5s, il deputato Claudio Cominardi, gia’ vicino a Beppe Grillo e adesso in squadra con Conte. Il messaggio e’ chiaro ed e’ un’aperta critica al premier. “Quell’immagine e’ inaccettabile – ha tuonato Di Maio – ne prendo totalmente le distanze. Noi come forza politica sosteniamo il governo, sosteniamo il presidente del consiglio. Spero che il movimento prenda le distanze il prima possibile”. Ma Conte non lo fa. “Si tratta di graffiti – ha smorzato – Non gli diamo importanza”. Lo scontro al vertice e’ tornato alla luce nel giorno in cui l’eurodeputato Dino Giarrusso ha comunicato l’uscita dal Movimento. La partita fra Conte e Di Maio si gioca sul ruolo dei Cinque Stelle nella maggioranza e riflette quella fra governisti e no. Nel M5s, le critiche all’azione dell’esecutivo non mancano, come non manca chi coltiva la tentazione di staccare la spina. Non a caso, quando Di Maio ha parlato del rischio di una Papeete 2, qualcuno ha pensato che pensasse a Conte. Ma l’ex premier ha smentito: “Non scherziamo. Perche’ dovrebbe riferirsi al M5S?”. Conte ha sempre confermato il sostegno a Draghi, ma da tempo gioca il ruolo della spina del fianco, non risparmiando cariche piu’ o meno dure: dalla richiesta di un dibattito in Parlamento con Draghi sull’Ucraina, magari con un voto sull’ipotesi di fermare l’invio di armi, al mancato “si'” in consiglio dei ministri al decreto Aiuti, perche’ prevede l’inceneritore a Roma. “E’ questo il problema, il governo ascolti la prima forza di maggioranza su temi che riguardano i cittadini”, ha scandito Riccardo Ricciardi, vicepresidente del M5s, dopo aver elencato i distinguo, scandendoli con una serie di “il Movimento non lo puo’ accettare” e di “non puo’ star zitto”. Un atteggiamento mal digerito dal ministro degli Esteri. Il murales postato dal tesoriere Cinque Stelle e’ stato solo un inciampo. L’innesco. A dare voce all’ala pro Di Maio e’ stato il deputato Cinque Stelle, Stefano Battelli, caustico con Conte: “Che quello postato dal tesoriere sia un murales lo vedo anche io. Non derubricherei l’episodio, come ha fatto il presidente Giuseppe Conte. Voglio prenderne nettamente le distanze, difendendo il nostro governo”. C’e’ poi chi ha letto una nota polemica su Di Maio anche nella parole di Conte sul piano di Pace del ministro per l’Ucraina: “Gli sforzi per la pace non vanno fatti solo di domenica, non va fatto un tentativo e poi si continua a fare la guerra”, ha detto il presidente Cinque Stelle. Ma chi ha parlato con lui nelle ultime ore ha negato decisamente: nessuna critica, solo la ripetizione di un concetto caro a Conte: “Serve un negoziato che ponga fine a questa guerra”. Anche il segretario Pd, Enrico Letta, di solito indulgente nei confronti dell’alleato, ha usato toni duri sulla vicenda del murales: “Particolarmente sgradevole. Fuori luogo e sgradevole”. Meno drastico Dario Franceschini: “Mi preoccupano le posizioni surreali e un po’ sbagliate” nei cinque stelle, “ma non mi preoccupa la tenuta del governo”. Il ministro della Cultura ha avuto parole di apprezzamento per Conte: “Sta portando i 5 Stelle verso un percorso riformista”. Nel bailamme provocato dal murales, ha fatto meno rumore l’uscita della ex iena, Dino Giarrusso, che ha annunciato la nascita di una nuova forza politica: “il MoVimento ha perso i suoi ideali”, le motivazioni. Almeno su questo, Di Maio e Conte sono apparsi in sintonia: “Se qualcuno non e’ d’accordo puo’ restare nel movimento e portare avanti le sue idee”, ha detto il ministro degli Esteri. “Giarrusso deve lasciare anche l’incarico di europarlamentare”, ha intimato Conte. Poi, la coda velenosa: “Mi ha sempre chiesto poltrone, non ho mai avvertito un dissenso politico”. Ma Giarrusso gia’ pensa a querelare.

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Cronache

Strasburgo: Getty restituisca la statua dell’Atleta di Lisippo all’Italia

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L’Italia ha tutto il diritto di confiscare e chiedere la restituzione della statua greca in bronzo dell’Atleta vittorioso attribuita a Lisippo che si trova attualmente nel museo della la villa Getty a Malibu, in California. Lo ha stabilito oggi all’unanimità la Corte europea dei diritti umani respingendo il ricorso presentato dalla fondazione Paul Getty per violazione della protezione della proprietà.

Nella sua sentenza, la Corte di Strasburgo ha quindi riconosciuto la legittimità dell’azione intrapresa dalle autorità italiane per recuperare l’opera d’arte che venne rinvenuta nelle acque dell’Adriatico, al largo delle Marche, nel 1964. E che, dopo varie vicissitudini, venne acquistata dalla fondazioni Getty nel 1977 per approdare infine al museo di Malibu. I giudici, in particolare, hanno sottolineato che la protezione del patrimonio culturale e artistico di un Paese rappresenta una priorità anche dal punto di vista giuridico. Inoltre, diverse norme internazionali sanciscono il diritto di contrastare l’acquisto, l’importazione e l’esportazione illecita di beni appartenenti al patrimonio culturale di una nazione.

La fondazione Getty, sottolinea inoltre la Corte, si è comportata “in maniera negligente o non in buona fede nel comprare la statua nonostante fosse a conoscenza delle richieste avanzate dallo Stato italiano e degli sforzi intrapresi per il suo recupero”. Da qui la constatazione che la decisione dei giudici italiani di procedere alla confisca del bene conteso “è stata proporzionata all’obiettivo di garantirne la restituzione”.

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Esteri

Macron: se i russi sfondano non escludere le truppe

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Lo spettro delle armi proibite torna ad affacciarsi sulla guerra in Ucraina. La denuncia è arrivata dagli Stati Uniti, secondo cui i russi hanno utilizzato un agente chimico soffocante, la cloropicrina, per ottenere “conquiste sul campo di battaglia”. Le forze di invasione, al di là dei metodi più o meno convenzionali utilizzati, procedono con un’avanzata costante nel Donbass, ingaggiando con il nemico pesanti combattimenti intorno ad Avdiivka. E’ uno scenario che preoccupa gli alleati di Kiev, a partire dalla Francia, tanto che Emmanuel Macron ha evocato ancora una volta la possibilità di inviare truppe, se Mosca sfondasse e gli ucraini lo richiedessero esplicitamente.

L’uso di armi chimiche come “metodo di guerra” è stato segnalato dal Dipartimento di Stato Usa, che ha parlato di casi “non isolati”, in violazione di una convenzione internazionale che ne vieta l’utilizzo, firmata anche dalla Russia. In particolare la cloropicrina, che sarebbe servita per “allontanare le forze ucraine dalle posizioni fortificate”, è una sostanza ampiamente utilizzata durante la prima guerra mondiale, che provoca irritazione ai polmoni, agli occhi e alla pelle e può causare vomito e nausea. Gli ucraini, inoltre, hanno riferito di aver dovuto fronteggiare numerosi attacchi chimici negli ultimi mesi. Secondo un rapporto dell’agenzia Reuters, almeno 500 soldati sono stati curati per l’esposizione a gas tossici e che uno è morto dopo essere soffocato dai gas lacrimogeni. Il Cremlino ha respinto le accuse come “assolutamente infondate e non supportate da nulla” e si è concentrato sui successi delle truppe sul terreno.

Il ministero della Difesa ha rivendicato la conquista del villaggio di Berdichy, nel Donetsk, su una strada strategica per il rifornimento delle truppe ucraine. L’area è quella di Avdiivka, dove i difensori sono costretti a schierare le riserve. Il principale obiettivo in questa direttrice resta Chasiv Yar, ormai carbonizzata dopo mesi di bombardamenti: dalla collina che la domina l’Armata sarebbe in grado di colpire la spina dorsale della difesa ucraina. La potenza di fuoco è impressionante. Solo ad aprile, secondo Volodymyr Zelensky, il nemico ha lanciato “3.800 bombe e missili”. Mentre Human Rights Watch ha denunciato che i russi hanno giustiziato almeno 15 soldati ucraini mentre tentavano di arrendersi, come già evidenziato da altre fonti a fine 2023. Per contenere l’avanzata delle truppe di Putin gli occidentali tentano di aumentare e accelerare la fornitura di armi a Kiev, ma secondo Parigi questo approccio potrebbe non essere più sufficiente.

E’ Macron, in un’intervista all’Economist, a mettere le carte in tavola: “Se i russi sfondassero in prima linea, se ci fosse una richiesta ucraina – cosa che oggi non avviene – dovremmo legittimamente porci la domanda” di un eventuale invio di truppe al fianco degli ucraini. “Escluderlo a priori significa non imparare la lezione degli ultimi due anni”, quando i Paesi della Nato avevano inizialmente escluso l’invio di carri armati e aerei prima di cambiare idea, ha aggiunto il presidente francese. Che già a febbraio, quando aveva tirato fuori questa ipotesi per la prima volta, era stato sconfessato dalla maggior parte degli alleati (inclusi Stati Uniti, Italia e Germania). Mosca ha liquidato le dichiarazioni di Macron con sarcasmo, affermando che “sono in qualche modo legate ai giorni della settimana, e questo è il suo ciclo”.

Ma l’inquilino dell’Eliseo ragiona sul conflitto in Ucraina con uno sguardo all’Europa del futuro, che emergerà dopo il voto di giugno. E la sua ambizione è quella di guidare un processo di rinnovamento che porti l’Ue a diventare una potenza globale. Rafforzata, tra le altre cose, da una difesa comune. La minaccia russa al Vecchio continente è rilanciata anche dalla Nato che si dice “profondamente preoccupata” per le recenti “attività maligne” di natura ibrida, sull’onda dei casi recenti che hanno portato all’indagine e all’incriminazione di più individui in Estonia, Germania, Lettonia, Lituania, Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca: “Una campagna sempre più intensa di attività che Mosca continua a svolgere in tutta l’area euro-atlantica, anche sul territorio dell’Alleanza e attraverso intermediari”. Sul fronte della diplomazia, intanto, la Svizzera ha invitato più di 160 delegazioni al vertice a Lucerna a giugno ma l’invito non è stato esteso alla Russia. Che non a caso ha commentato: “Negoziati di pace senza di noi non hanno senso”.

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Neonata con rara malformazione nata a Salerno e gestita con competenza dai medici

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Parto eccezionale all’ospedale di Salerno. Una donna di 38 anni è stata dimessa dal Reparto di Gravidanza a Rischio dell’Aou San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, diretto dal dottor Mario Polichetti, dopo aver dato alla luce una neonata con una rarissima malformazione. La paziente era stata trasferita dall’ospedale di Polla al Ruggi dove ha partorito sua figlia che sta bene anche se è tuttora ricoverata nel reparto di Neonatologia, diretto dalla dottoressa Graziella Corbo, per ulteriori controlli. La neonata, di quasi 3 chili, è portatrice di una condizione genetica molto rara, denominata ‘Situs Inversus’, ovvero un collocamento anomalo degli organi del torace e dell’addome con inversione di posizione, rispetto alla loro sede usuale.

La piccola paziente, ha infatti il cuore, lo stomaco e la colecisti a destra ed una malformazione della vena cava, vicariata dalla vena emiazygos. “Il parto in questione – spiega Polichetti – è un evento davvero straordinario e deve essere gestito con estrema competenza, per evitare eventuali complicazioni, ma siamo fieri ed orgogliosi che si sia concluso nel migliore dei modi”.

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