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Economia

Arrivano gli incentivi per auto e moto verdi: sconti fino a 5mila euro per cambiare la vettura

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Conto alla rovescia per gli incentivi sulle auto e le moto verdi. Lunedi’ prossimo 16 maggio il decreto, che prevede sconti fino a 5.000 euro, sara’ pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e diventera’ subito operativo. Una boccata d’ossigeno per il mercato, messo a dura prova dalla guerra e dalla carenza di materie prime: in aprile le vendite hanno subito un crollo del 33% rispetto allo stesso mese del 2021 e del 44,4% se il confronto si fa con i livelli pre Covid. L’attesa stessa degli incentivi ha avuto un’influenza negativa riducendo ulteriormente gli acquisti. Secondo le previsioni del Centro Studi Promotor, l’apporto sara’ significativo e potrebbe determinare 200.000 immatricolazioni in piu’. La piattaforma dove si possono effettuare le prenotazioni di auto partira’ il 25 maggio, ma i contratti di vendita saranno validi gia’ dal 16 maggio. Il provvedimento, firmato dal presidente del Consiglio Mario Draghi il 6 aprile e seguito con grande attenzione dal ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti, destina 650 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024, quasi due miliardi in tre anni. Gli sconti sul prezzo delle auto oscillano da 2 mila per i veicoli con motori tradizionali a basso impatto, fino a 5 mila euro in caso di acquisto di una elettrica pura con rottamazione di un mezzo inferiore agli Euro 5. Per sostenere gli incentivi Giorgetti ha voluto la creazione di un fondo automotive da 8,7 miliardi che aiutera’ anche la transizione delle imprese verso la mobilita’ elettrica evitando evitando pesanti ripercussioni sull’occupazione. “I tempi sono stati piu’ lunghi del previsto, ma ci siamo arrivati. Speriamo che gli incentivi auto servano a fare ripartire il mercato in difficolta’” commenta il viceministro allo Sviluppo Economico, Gilberto Pichetto. “E’ una buona notizia che arriva con notevole ritardo, ma che dara’ comunque un apporto abbastanza significativo al mercato auto” spiega Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor che conferma la previsione di 1.300.000 immatricolazioni nel 2022, con un calo molto significativo rispetto ai livelli precedenti la crisi. “La situazione – sottolinea Quagliano – resta comunque critica per tutti gli altri fattori negativi che stanno penalizzando la domanda, dagli effetti della pandemia alla guerra in Ucraina, al rallentamento dell’economia, alla ricomparsa dell’inflazione e alle difficolta’ di approvvigionamento delle materie prime”. L’impianto degli incentivi prevede che per l’acquisto di auto elettriche, con un prezzo fino a 35 mila euro piu’ Iva, sia possibile richiedere un contributo di 3mila euro. Si possono aggiungere altri 2mila euro con la rottamazione di un mezzo inferiore a Euro5. L’ecobonus sara’ finanziato con 220 milioni nel 2022, 230 nel 2023 e 245 nel 2024. Per comperare veicoli ibridi plug-in con un prezzo fino a 45 mila euro piu’ Iva, si puo’ avere un contributo di 2mila euro. Con la rottamazione si possono aggiungerne altri 2mila euro. In questo caso i fondi a disposizione sono 225 milioni nel 2022, 235 nel 2023 e 245 nel 2024. Per le auto con motori tradizionali a basse emissioni e alcune tipologie di mild hybrid e full hybrid con un prezzo fino a 35 mila euro piu’ Iva, e’ possibile richiedere un contributo di 2mila euro solo con rottamazione. Questa categoria e’ finanziata con 170 milioni nel 2022, 150 nel 2023 e 120 nel 2024.

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Nozze Ita-Lufthansa, rischio veto Ue senza modifiche

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Parte una settimana decisiva sul futuro di Ita-Lufthansa. Le due compagnie dovranno presentare all’Antitrust Ue un nuovo pacchetto di impegni con i dovuti miglioramenti per arrivare alle tanto agognate nozze. Le proposte messe sul piatto finora sullo scalo di Milano-Linate, sulle rotte a corto raggio dall’Italia all’Europa centrale e sui collegamenti a lungo raggio da Fiumicino verso Stati Uniti e Canada sono state ritenute insufficienti da Bruxelles. In caso di modifiche, la Commissione europea, impegnata al momento nel market test che si concluderà lunedì, valuterà i nuovi rimedi e la sua decisione potrebbe “consolidarsi” già a inizio giugno. Senza miglioramenti, a quanto si apprende da fonti comunitarie, l’operazione è destinata ad essere bocciata. L’annuncio ufficiale è atteso entro il 4 luglio.

Tra le sue richieste, la Commissione chiede di cedere molti più slot a Milano Linate: il 30%, 60 voli giornalieri, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, e in questo modo la quota di mercato combinata sullo scalo passerebbe dal 66 al 46%. Ita e Lufthansa propongono invece di rilasciare l’11-12% degli slot. La compagnia tedesca dovrebbe, poi, rinunciare ai ricavi che realizza sui voli tra l’Italia e il Nord America. L’idea avanzata dai tedeschi, ossia congelare per due anni l’alleanza con Ita sui lunghi collegamenti da Fiumicino con Usa e Canada non ha convinto la Commissione in quanto Lufthansa detiene già un’ampia quota di mercato attraverso le joint venture formate con United Airlines e Air Canada. Qualche giorno fa il presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi, ha sottolineato che “questa è un’operazione a favore del mercato, non compromette la concorrenza”.

E in difesa dell’operazione Italo-Tedesca si è espresso anche l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone. La fusione “significa molto per il Paese e per l’Europa, nonostante i dubbi che la Commissione solleva”, ha detto il numero uno di Adr, evidenziando come “i profili di concentrazione di questa operazione siano oggettivamente marginali nel contesto del mercato rilevante”. Una eventuale bocciatura dell’operazione Ita-Lufthansa da parte della Commissione europea aprirebbe scenari molto foschi per il futuro della newco, nata dalle ceneri di Alitalia. L’amministratore delegato del gruppo Ryanair, Michael O’Leary, non ha dubbi: senza Lufthansa la compagnia italiana “andrà in bancarotta e scomparirà “.

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Banche, utili record: in tre mesi a 6,3 miliardi

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Il sistema bancario “continua a macinare record”. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno con i primi sette gruppi bancari del Paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) che hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi, per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un report condotto dall’Ufficio studi & ricerche della Fisac-Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

“Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato – commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito – molti si attendevano un rallentamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”. Risultati che, aggiunge, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio”.

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac-Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente verso l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%). Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del contratto Abi, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta, così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac.

Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, “la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over”, prosegue il report. Dal lato delle spese amministrative (-0,5%), la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega inoltre la Fisac-Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, “farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica, così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli”.

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Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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