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Esteri

Il Senato Usa boccia la legge in difesa dell’aborto

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Era un voto simbolico, eppure la bocciatura al Senato americano di una legge federale che garantisca il diritto delle donne all’aborto ha provocato un terremoto e scatenato la forte reazione del presidente Joe Biden, che ha messo in guardia sul rischio che anche le nozze gay siano spazzate via dal vento conservatore dei repubblicani. Il provvedimento aveva bisogno di 60 voti per poter recepire, trasformandola in legge, la storica sentenza della Corte Suprema ‘Roe v. Wade’. E invece ne ha ricevuti soltanto 49: tutti i senatori democratici tranne uno, Joe Manchin, la spina nel fianco dell’amministrazione Biden. Pur dando per scontato il fallimento, vista la spaccatura a meta’ del Senato, i democratici avevano deciso di andare avanti lo stesso col voto per mettere a nudo l’estremismo dei repubblicani in vista delle elezioni di meta’ mandato il prossimo novembre. Tanto che il promotore dell’iniziativa, il leader dem alla camera alta americana, Chuck Schumer, ha rivendicato che e’ stato uno dei “voti piu’ coerenti degli ultimi decenni”. Durissima la reazione di Biden, che dopo essere stato accusato nei giorni scorsi di non essere abbastanza esplicito nella difesa del diritto all’aborto, ha assicurato che la sua amministrazione continuera’ a lottare per le donne. “Non c’e’ nulla come il diritto alla privacy: non e’ solo la brutalita’ di strappare alle donne il diritto di controllare il loro corpo ma anche tutti i danni che questo comporta”, ha tuonato il presidente. Quando nel 1973 la Corte Suprema emano’ la sentenza, infatti, stabili’ che il diritto all’interruzione di gravidanza rientrava in quei diritti alla privacy garantiti dal quarto emendamento della costituzione Usa. Biden, che da settimane ormai ha dato il via alla campagna per le elezioni di midterm, ha poi attaccato l’ostruzionismo dei repubblicani e invitato gli elettori a scegliere “piu’ senatori a favore della liberta’ di scelta a novembre”. Ma le organizzazioni per gli attivisti avvertono che in pericolo non c’e’ solo il diritto all’aborto, ma anche quello alla fecondazione assistita ad esempio. E lo stesso presidente ha lanciato l’allarme sul rischio che nel mirino dei conservatori potrebbero finire adesso anche le nozze gay. In queste ore intanto, i nove giudici del massimo tribunale americano si sono riuniti a porte chiuse per la prima volta dalla clamorosa rivelazione di Politico sull’intenzione della Corte di rovesciare la sentenza ed abolire di conseguenza il diritto all’aborto. Nell’agenda dei saggi “ordinaria amministrazione e cause pendenti”, ma e’ ovvio che all’incontro sara’ stato affrontato il tema del momento e le sue conseguenze. Non solo fuori dalla Corte Suprema ma anche all’interno. Secondo fonti informate, infatti, i giudici sono preoccupati che l’indagine interna chiesta dal presidente John Roberts sulla fuga di notizie possa rivelarsi scomoda, creare nuove tensioni ed erodere la fiducia dei cittadini americani nell’istituzione.

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Esteri

Venezuela, liberato l’italiano Oreste Alfredo Schiavo: era detenuto da quattro anni per presunto golpe

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È tornato finalmente libero Oreste Alfredo Schiavo, imprenditore italo-venezuelano di 67 anni, condannato in Venezuela a 30 anni di carcere con l’accusa di tradimento, finanziamento del terrorismo e associazione a delinquere. Una vicenda che si trascinava dal giugno 2020 e che ha trovato un esito positivo nelle scorse ore, grazie alla mediazione riservata della Comunità di Sant’Egidio, con il supporto della Farnesina e dei rappresentanti diplomatici italiani in loco.

Arrestato per l’operazione “Gedeone”

Schiavo era stato arrestato dagli agenti del Sebin, il servizio di intelligence venezuelano, l’8 giugno 2020. Il suo nome era stato collegato all’operazione “Gedeone”, un presunto tentativo di colpo di Stato ai danni del presidente Nicolás Maduro, che avrebbe previsto lo sbarco di mercenari sulle coste del Paese per prendere in ostaggio funzionari del governo. Insieme a Schiavo furono fermate circa 90 persone. In primo grado, nel maggio 2024, Schiavo era stato condannato a 30 anni di carcere, nonostante le sue gravi condizioni di salute.

L’intervento di Sant’Egidio e il viaggio verso Roma

La svolta è arrivata nella giornata di ieri, grazie a un’operazione diplomatica silenziosa, portata avanti dal docente e dirigente di Sant’Egidio Gianni La Bella, dai funzionari dell’ambasciata e del consolato d’Italia, e con il determinante contributo di Rafael La Cava, ex ambasciatore venezuelano a Roma e attuale governatore dello Stato di Carabobo.
Schiavo è stato scarcerato dal penitenziario di El Helicoide, noto per la presenza di prigionieri politici e denunciato da organizzazioni per i diritti umani per le sue condizioni carcerarie, e successivamente condotto in una clinica per accertamenti sanitari.

“Liberato per motivi umanitari”

In serata, il rilascio si è trasformato in un rimpatrio in Italia, con un volo di linea diretto a Fiumicino partito alle 17 (ora locale). Sant’Egidio ha voluto ringraziare pubblicamente il presidente Maduro, specificando che il rilascio è stato concesso “per ragioni umanitarie, con un atto di liberalità personale”.

Un gesto che apre nuove possibilità

La liberazione di Schiavo potrebbe rappresentare il primo spiraglio per sbloccare anche altre detenzioni italiane in Venezuela, come quella del cooperante Alberto Trentini, arrestato nel 2024, e di due italo-venezuelani: Juan Carlos Marrufo Capozzi, ex militare arrestato nel 2019, e Hugo Marino, investigatore aeronautico che aveva indagato su due misteriosi incidenti aerei accaduti attorno all’arcipelago di Los Roques, nei quali morirono, tra gli altri, Vittorio Missonie sua moglie.

Il carcere e le denunce di tortura

Nel carcere di El Helicoide, dove era rinchiuso Schiavo, numerosi attivisti per i diritti umani hanno documentato casi di maltrattamenti e detenzioni arbitrarie. Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani si era occupato del suo caso, definito emblematico per le gravi violazioni del diritto alla difesa e per l’assenza di prove concrete nel processo.

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Media Houthi, 2 morti e 42 feriti nell’attacco israeliano

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E’ di almeno due morti e 42 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco israeliano lanciato oggi alla fabbrica Ajal nella provincia di Hodeida, nello Yemen. Lo riporta il canale al Masirah, affiliato agli Houthi, citato da Ynet e dall’agenzia russa Tass. E’ la prima reazione di ISraele all’attacco degli Houthi all’aeroporto Ben Gurion dei giorni scorsi.

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Perù, coprifuoco a Pataz dopo la strage dei 13 minatori rapiti

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La presidente del Perù, Dina Boluarte, ha dichiarato il coprifuoco nella distretto di Pataz, nella regione settentrionale di La Libertad dopo che ieri la polizia ha ritrovato in un tunnel i corpi dei 13 lavoratori rapiti il 26 aprile scorso da minatori di oro illegali. Lo rendono noto i principali media peruviani.

Oltre al coprifuoco a Pataz, dalle 18 di sera alle 6 del mattino, Boluarte ha annunciato anche la sospensione dell’attività mineraria per 30 giorni in tutta la provincia oltre ad accogliere la richiesta delle autorità locali di aprire una base militare a Pataz, vista l’assenza della Polizia peruviana nella regione. La decisione segue di poche ore la diffusione di un video sui social media, registrato dai sequestratori, in cui si mostra come ciascuno dei minatori sia stato giustiziato a bruciapelo. Le 13 vittime erano lavoratori assunti dall’azienda R&R, di proprietà di un minatore artigianale che svolge attività di sicurezza per la miniera Poderosa, una delle principali compagnie aurifere della provincia, sempre più sovente bersaglio di attacchi da parte di minatori illegali e gruppi criminali. (

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