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Cronache

Strage Bologna: ergastolo a Bellini, il quinto uomo

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A 42 anni dall’attentato piu’ sanguinoso del Dopoguerra italiano, la strage di Bologna del 2 agosto 1980, c’e’ un altro responsabile per quegli 85 morti e oltre 200 feriti. Lo ha stabilito la Corte d’Assise di Bologna, dopo tre ore di camera di consiglio, condannando all’ergastolo (con isolamento diurno di un anno) l’ex terrorista di Avanguardia Nazionale, Paolo Bellini. Un uomo dai mille volti, ladro, truffatore, “assassino” come lui stesso si e’ definito, pur dichiarandosi sempre innocente per la strage, killer di ‘ndrangheta e per un periodo collaboratore di giustizia. Per i giudici anche lui ha contribuito a commettere quegli omicidi, insieme ai tre ex Nar gia’ condannati in via definitiva, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e a Gilberto Cavallini, condannato all’ergastolo solo in primo grado, nel gennaio 2020. Bellini non era presente in aula al momento della sentenza, ma appena la Corte si e’ ritirata ha ribadito per l’ennesima volta la sua verita’, “non ero a Bologna il 2 agosto”. Ma il tredicesimo processo sulla strage, passera’ alla storia come quello sui ‘mandanti’, perche’ oltre a Bellini e agli altri due imputati, l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, condannato a 6 anni e l’ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, Domenico Catracchia, condannato a 4 anni, ha messo per la prima volta nel mirino non solo gli esecutori materiali, ma anche i finanziatori. Per la Procura generale, che avocando l’inchiesta nel 2017 e’ andata oltre alla richiesta di archiviazione della Procura ordinaria, la strage fu finanziata dai vertici della P2 grazie ai soldi del Banco Ambrosiano: con Licio Gelli e Umberto Ortolani, considerati i mandanti, cosi’ come Federico Umberto D’Amato, il potente capo dell’Ufficio Affari riservati del Viminale che grazie ai suoi contatti con i servizi segreti deviati e la destra eversiva contribui’ ad organizzare l’attentato e a mettere in piedi i depistaggi, aiutato nella gestione mediatica dell’evento da Mario Tedeschi, direttore de Il Borghese. Tutti deceduti e non piu’ imputabili, ma al centro delle ricostruzioni dei magistrati bolognesi, per questo sara’ importante capire come la Corte avra’ recepito il disegno della Procura quando usciranno le motivazioni. A commettere la strage non furono poi solo i Nar, ma per i Pg sono coinvolte varie formazione della destra eversiva dell’epoca, come Terza Posizione e Avanguardia Nazionale, “cementate” da un fiume di denaro che arrivo’ dai conti svizzeri del Venerabile e dei suoi prestanome, con l’obiettivo di perseguire la strategia della tensione. Bellini, invece, quasi sempre presente in aula durante il processo, a volte con un atteggiamento di sfida nei confronti dei testimoni, ha provato piu’ volte ad allontanare le accuse contro di lui, quando e’ stato interrogato e facendo per tre volte dichiarazioni spontanee. Il suo sbuffare e i commenti a mezza bocca sono stati una costante nel corso delle 76 udienze. La principale prova contro di lui e’ stata un video amatoriale girato in stazione quella mattina, in cui appare un uomo con i baffi che per i magistrati e’ sicuramente Bellini e lo e’ anche per la sua ex moglie, che riconoscendolo ha fatto cadere il vecchio alibi che alle 10.25, l’ora dello scoppio, lo collocava lontano. La sua difesa, invece, ha provato in ogni modo a screditare l’ex compagna e l’attendibilita’ delle sue dichiarazioni, accusandola di aver cambiato versione solo per paura di essere indagata. “Ingiustizia e’ fatta”, ha commentato uno dei suoi due legali, Antonio Capitella, a cose fatte, interpretando cosi’ il pensiero del suo assistito. Per i familiari delle vittime, invece, “e’ un giorno importante perche’ si conclude in maniera positiva un lavoro di 40 anni, ma mancano ancora le responsabilita’ politiche. Questi – ha detto Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime – hanno potuto fare quello che hanno fatto perche’ ci sono stati dei responsabili politici che glielo hanno permesso. E’ un processo che non si doveva fare ma alla fine si e’ fatto”. Adesso bisognera’ attendere l’appello, che probabilmente sara’ accorpato a quello di Cavallini, nell’aprile del 2023, e vedere come evolvera’ l’altro fascicolo sul 2 agosto nelle mani della Procura generale, per avere forse un quadro definitivo sui responsabili di una “strage di Stato”, come l’hanno definita i Pg e prima di loro la Corte d’Assise che ha condannato Cavallini.

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Commando armato tra i vicoli dei Quartieri: volevano uccidere

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Armi in pugno, volti coperti, in quattro hanno fatto irruzione nell’androne di Foqus, la Fondazione Quartieri Spagnoli, in via Portacarrese a Montecalvario. Erano circa le mezzanotte di domenica scorsa e i componenti del commando erano convinti che lì dentro si nascondesse l’uomo che stavano inseguendo per uccidere, come vendetta per un precedente agguato, avvenuto due settimane prima in via Nardones. Non trovandolo, sono fuggiti via. Attimi di terrore per il custode, che ha denunciato tutto.

Il contesto: vendetta e criminalità

Secondo le indagini della Squadra Mobile diretta da Giovanni Leuci, quella incursione armata è stata la risposta a un episodio camorristico. Un agguato, avvenuto a tarda notte tra i vicoli del centro, documentato grazie alla testimonianza di uno studente. L’inchiesta è condotta dalla DDA con il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Amato. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza confermano la dinamica e il livello di pericolosità dei quattro incappucciati, armati di pistole e fucili.

L’emergenza criminale e il caso minorenni

L’attacco a Foqus arriva in un momento già delicato per Napoli, dove si sta alzando l’allarme sulla presenza di armi tra i giovanissimi. Solo pochi giorni fa due ragazzini di 14 e 15 anni sono stati pugnalati da coetanei nei pressi di piazza Dante, per futili motivi. Ieri, il prefetto Michele di Bari e l’assessore alla legalità Antonio De Iesu si sono recati nella zona degli accoltellamenti per incontrare commercianti e cittadini e ribadire l’importanza dell’impegno collettivo contro la devianza giovanile.

La missione di Foqus e la voce di Rachele Furfaro

“Domenica notte il nostro portone era aperto”, spiega Rachele Furfaro, fondatrice e presidente di Foqus. “Da quando siamo nati, nel 2013, abbiamo cercato di vivere la realtà dei Quartieri come una grande piazza, aperta alla contaminazione culturale e al contrasto della povertà educativa”. Non a caso, proprio ieri, la struttura ha ospitato un incontro con 750 studenti provenienti da tutta Italia, in collaborazione con la Robert Francis Kennedy Foundation e l’Università Orientale.

Diritti, scuola e coraggio nei Quartieri

“Serve più coraggio anche da parte delle scuole per stare in questi territori e mettere in campo interventi di qualità. Bisogna affermare il diritto alla formazione, alla lettura, al gioco”, insiste la presidente Furfaro. Un messaggio ancora più forte alla luce dell’ennesimo episodio di violenza giovanile che ha scosso Napoli lo scorso week end.

Il lavoro di Foqus non si ferma. La comunità reagisce, nonostante tutto.

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Cronache

Videochiamata al concerto dal carcere, indagato Baby Gang

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La Procura di Catania ha indagato il rapper Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang, per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo. Agenti della squadra mobile della Questura di Lecco, in raccordo con quelli di Catania, hanno eseguito a Calolziocorte (Lecco) un decreto di perquisizione e hanno sequestrato lo smartphone dell’artista che nei prossimi giorni verrà sottoposto ad accertamenti forensi.

All’indagato la polizia ha anche notificato un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Catania che vieta a Baby Gang di potere dimorare nel capoluogo etneo per quattro anni. Iniziativa che farà saltare il suo concerto previsto per l’8 agosto prossimo alla Villa Bellini. Al centro dell’inchiesta della Procura di Catania la sua partecipazione, lo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia, all’One day music festival, dove, prima di esibirsi con la canzone ‘Italiano’, scritta con Niko Pandetta, fa vedere un video sul suo smartphone in cui sembra assistere a una videochiamata con il nipote dello storico capomafia Turi Cappello. Il trapper però è in un carcere in Calabria, detenuto dal ottobre del 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti.

“È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato il pubblico dal palco l’artista mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta. Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, diventati virali. Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata, o fosse un antico video memorizzato. Per chiarire cosa fosse realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del 1 maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. E da una perquisizione nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è detenuto, eseguita il 3 maggio scorso, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino. Per questo motivo è stato indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

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False fatturazioni e riciclaggio, 29 misure e 40 perquisizioni

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Ventinove misure cautelari e 40 perquisizioni sono in corso di esecuzione in 10 citta tra Emilia Romagna , Campania e Lombardia nei confronti di presunti appartenenti a un’associazione per delinquere operante nel settore edilizio e dedita all’emissione di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro. Oltre 100 unità composte da operatori della polizia di Stato e da militari della guardia di finanza sono impegnate nell’operazione che si sta svolgendo Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì, Rimini, Mantova, Napoli e Caserta. Si tratta del risultato di una complessa indagine – partita dalla segnalazione di movimentazioni di denaro sospette pervenuta alla polizia postale da parte di Poste Italiane – condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica dell’ Emilia-Romagna coordinato dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, e dal Nucleo operativo metropolitano della guardia di finanza di Bologna, sotto la direzione del pubblico ministero Flavio Lazzarini della procura di Bologna.

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