Un corteo lungo, disordinato, colorato, chiassoso e soprattutto giovane. Sono centomila, secondo l’organizzazione, molti meno secondo fonti delle forze dell’ordine. Partono da piazza Garibaldi e mentre la testa del corteo arriva a piazza del Plebiscito, in coda ancora si radunano giovani venuti da tutta Italia per testimoniare. In prima linea don Luigi Ciotti, che raccoglie gli abbracci di tante persone, con lui ci sono anche don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano minacciato dalla camorra, che alcuni giorni fa ha confidato di aver fatto testamento. Si unisce al corteo poi il presidente della Camera, Roberto Fico, con il sindaco Gaeetano Manfredi, amministratori dell’hinterland e molti familiari di vittime innocenti delle mafie da Sicilia, Calabria e altre regioni, che gia’ ieri avevano assistito a una celebrazione eucaristica nella basilica di Santa Chiara. Molti indossano una maglietta con l’immagine stampata del loro caro, caduto per aver osato sfidare la criminalita’, per aver adempiuto al proprio dovere o piu’ fatalmente per essersi trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Sfilano anche esponenti politici, come il leader del 5 Stelle, Giuseppe Conte, e il sottosegretario all’Interno, Carlo Sibilia, il senatore Sandro Ruotolo e il deputato Francesco D’Uva. Ma pure Antonio Bassolino e Luigi de Magistris.
E quando la piazza si riempie, nelle prime file siedono coloro che portano lo stesso cognome di alcuni di quei mille che vengono pronunciati dal palco, per ricordarne l’impegno, la passione e l’esempio. C’e’ anche l’ex procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho. Le conclusioni sono di don Luigi Ciotti, che lancia un avvertimento a chi pensa le mafie siano ancora confinate in un territorio circoscritto, quello del Mezzogiorno. “La presenza piu’ forte delle mafie e’ a Nord del nostro Paese – dice il fondatore di Libera – dove c’e’ finanza e ricchezza. Qui al Sud le abbiamo. Ma la lettura deve andare ben oltre. Sono mafie che sparano meno non per ragioni morali ma perche’ non conviene. Con la corruzione ottengono quello che prima ottenevano con la violenza diretta e con l’uso delle armi”. E don Ciotti dal palco del Plebiscito e’ netto: “Camminiamo perche’ ci siano verita’ e giustizia. L’80% dei familiari non conosce la verita’. Lottiamo per chiedere alle istituzioni di fare la loro parte, ma anche noi dobbiamo fare la nostra parte. Il delegare e’ una malattia terribile. Noi siamo disponibili a dialogare con le istituzioni se fanno le cose giuste, ma dobbiamo essere una loro spina nel fianco se non fanno quanto devono. Anche i cittadini devono darsi una mossa, assumersi le loro responsabilita’. Abbiamo troppi professionisti della lamentela nel Paese. Abbiamo bisogno di persone che si impegnino di piu'”.