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Cronache

Medici ucraini potranno lavorare in Italia

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Potranno lavorare in Italia, a partire da oggi, negli ospedali o come liberi professionisti, ma anche per loro varra’ l’obbligo della vaccinazione anti-Covid. Il Sistema sanitario nazionale apre le porte a medici e operatori sanitari ucraini rifugiatisi nel nostro Paese a causa della guerra, permettendo loro di esercitare temporaneamente la professione. Un atto concreto di solidarieta’ – previsto nel decreto ‘Misure urgenti’ per l’Ucraina pubblicato in Gazzetta ufficiale – mentre continua il flusso incessante di chi e’ in fuga dal conflitto. Fino al 4 marzo 2023 e’ quindi consentito, secondo il decreto, “l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e di operatore sociosanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria in base a una qualifica professionale conseguita all’estero regolata da specifiche direttive Ue”. Le strutture sanitarie possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per rifugiati, con contratti a tempo determinato o incarichi libero professionali. Un atto importante secondo il presidente della Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli, che sottolinea come la legge stabilisca pero’ che “l’esercizio della professione medica e’ correlato con l’obbligo vaccinale anti-Covid, che e’ un requisito fondamentale. Pertanto, anche i medici ucraini nel momento in cui esercitano la professione in Italia – afferma – dovranno vaccinarsi”. Al momento, precisa, “sono giunte richieste di impiego soprattutto per alcune figure di operatori sanitari ucraini giunti in Italia, come gli odontotecnici. Per i medici invece dobbiamo affinare il meccanismo, perche’ le modalita’ di esercizio della professione sono legate alla valutazione del passaporto di profugo e dobbiamo regolamentare questo nuovo rapporto di lavoro con gli ordini provinciali”. Ad ogni modo, sottolinea, “bisogna considerare che molti medici sono rimasti in Ucraina per assistere la popolazione”. Intanto, cresce la preoccupazione sullo stato di salute dei profughi con il timore che possano essere portatori di malattie infettive come la Tubercolosi (Tbc). Ma al momento, assicura il presidente della Federazione aziende sanitarie ed ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, “non c’e’ alcun allarme, anche se si registrano alcune segnalazioni di Tbc tra i rifugiati in Puglia ed Emilia Romagna”. In particolare, rileva Fiaso, all’ospedale Giovanni XXIII di Bari sono ricoverati una mamma 21enne e i due bambini di 2 e 3 anni, risultati positivi, oltre che al Covid, alla Tbc. I medici stanno somministrando loro una terapia di 5 farmaci contro un batterio particolarmente resistente e aggressivo. I tre sono ricoverati da una settimana. In ER invece, all’ospedale Sant’Orsola di Bologna, sono almeno due i pazienti positivi transitati dal Pronto soccorso. Alla luce dell’inserimento dell’Ucraina tra i paesi a elevata endemia di Tbc da parte dell’Oms, l’Istituto Spallanzani di Roma ha inoltre attivato un ambulatorio per la sorveglianza della Tbc nei migranti. Globalmente, ricorda l’Oms in vista della Giornata mondiale contro la Tbc che si celebra il 24 marzo, a partire dal 2000 circa 66 milioni di vite sono state salvate ma la pandemia ha “annullato anni di progressi” e, per la prima volta in un decennio, i decessi per Tbc sono aumentati nel 2020 arrivando a 1,5 milioni.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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Cadavere nel lago, è un 51enne morto forse per un malore

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E’ un 51enne di Calvizzano (Napoli) l’uomo trovato senza vita nel lago di Lucrino a Pozzuoli. La salma è stata sequestrata per esami autoptici. Tra le ipotesi più accreditate c’è quella di un malore.

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Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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