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La Galleria della Vittoria riapre alle auto, è la fine di un incubo e di una vergogna tutta napoletana

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La Galleria Vittoria riapre al traffico 450 giorni dopo la chiusura per pericolo crolli. Poteva accadere un mese prima, ma qualcuno ha rubato i cavi di rame dell’impianto di aerazione ed ha ritardato anche le attività di collaudo dell’opera. Ora dovrebbe essere tutto ok. Pare siano stati eliminati i pericoli strutturali. E nientedimeno che c’è persino il via libera della Procura di Napoli che garantisce tutti. Quale sia la competenza nella riapertura di una Galleria nessuno lo sa, ma pare serva anche questo placet. E amen.

Per capirci: ci sono voluti 450 giorni, quasi un anno e mezzo per rimettere in sesto il tunnel della Vittoria, non il Traforo del Monte Bianco. E in questo anno e mezzo Napoli è stata messa in ridicolo come metropoli da una burocrazia incapace, mancanza di soldi ed altri episodi poco commendevoli di assenza di aiuto e assistenza tra enti pubblici.

L’apertura, ovviamente graduale, poteva e doveva essere qualcosa di discreto, senza fronzoli. Invece si è scelta una “mezza” pompa magna, qualche taglietto di nastri, le foto e i video. A Napoli oggi sembrerà di aver realizzato la Galleria della Vittoria e di averla consegnata alla città. Forse perchè qualcuno ha dimenticato che la Galleria fu realizzata a fine anni Venti dal regime fascista, in 3/4 anni, quasi il doppio del tempo che hanno impiegato per ripristinarla. Comunque sia a partire da oggi per i napoletani che l’hanno dimenticato in questi 450 giorni di chiusura della Galleria, il collegamento  inverte il senso di via Arcoleo (che potrà essere percorsa solo nella direzione Galleria) e di via Chiatamone (solo verso Santa Lucia). Così si potrà ripristinare anche la corsia della Galleria in direzione via Acton.

Mentre riapre la Galleria, succede forse una cosa altrettanto o più importante: via Partenope torna a essere isola pedonale. Pare che il nuovo sindaco, Gaetano Manfredi, voglia tenere chiuso al traffico il Lungomare solo durante le festività. Pare che voglia disporre aperture e chiusure del Lungomare anche sulla base di un presunto piano “intelligente” a fisarmonica di apertura e chiusura di via Partenope in base alle esigenze. Per ora non c’è nulla di ufficiale. Quel che si sa è che avrebbe incaricato degli esperti per studiare orari, volumi di traffico, giornate di traffico ed altre variabili. A Napoli, poi!. Poi sulla base di questi studi dovrebbe decidere. Nel frattempo dovrebbero anche essere sistemate le questioni relative alla procedura di progettazione e appalto dei lavori per la pedonalizzazione del lungomare di Napoli. C’è il progetto. Ci sono i soldi. E c’era, con Luigi de Magistris sindaco, anche la volontà politica di rendere il lungomare di Napoli pedonale per sempre. Il nuovo sindaco vuole forse “cassare” questa decisione? La vuole emendare, modificare? Occorrerà aspettare per capire. I napoletani hanno scelto Gaetano Manfredi come sindaco e lui prima di decidere vuole studiare.

In ultimo, ma non per ultimo, quanto sono costati i lavori per “sistemare” la Galleria della Vittoria? I lavori li ha eseguiti a perfetta regola d’arte l’Anas. La spesa complessiva è stata di 2 milioni di euro. A pagare è stata Rfi (Rete ferroviaria italiana). Da qualche parte Rfi doveva al comune di Napoli dei soldi, risorse che all’epoca de Magistris ha dirottato verso la riapertura della Galleria. Eh sì, il buon de Magistris per dieci anni ha governato Napoli con oltre un miliardo di euro in meno arrivati da Roma (tagli di trasferimenti) e soprattutto senza alcuna attenzione da parte dei salotti romani della politica che l’hanno avversato facendo però molto male alla città. Oggi il neo insediato sindaco Gaetano Manfredi potrà ripartire con la promessa del Governo Draghi di avere 1,3 miliardi in cassa di aiuti che impedirà il fallimento di Palazzo San Giacomo ma obbligherà la politica ad alzare il livello e la qualità dei servizi ai cittadini. Poi c’è il capitolo tasse locali. Manfredi avrà un compito che a molti napoletani evasori incalliti non piacerà: occorre dimezzare il livello di evasione patologico dei napoletani. E qui occorre dire a Manfredi “buona fortuna”.

Ultima noticina per restituire il livello di consapevolezza della vergogna di questo capitolo della Galleria della Vittoria. Alla riapertura della Galleria mancheranno alcuni cacicchi locali della politica offesi perchè il sindaco Manfredi e i suoi uffici si sono dimenticati di avvisarli. E allora faranno mancare la loro presenza ad un taglio del nastro che forse sarebbe stato meglio evitare del tutto.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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Nei campi 200 milioni di danni, razzia cinghiali

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Vigneti e uliveti, ma anche pascoli e prati, campi di mais e cereali, coltivazioni di girasole, ortaggi: è lunga la lista della razzia compiuta dalla fauna selvatica “incontrollata” dove i cinghiali, con una popolazione che ha raggiunto i 2,3 milioni di esemplari sul territorio nazionale, costituiscono il pericolo maggiore. La conseguenza sono 200 milioni di euro di danni solo nell’ultimo anno all’agricoltura italiana. La Puglia, con oltre 30 milioni di euro e 250mila cinghiali, e la Toscana con oltre 20 milioni di cui l’80% a causa dei 200mila cinghiali, sono le regioni che hanno pagato di più. Questa la fotografia scattata dalla Coldiretti in occasione delle 96 Assemblee organizzate in contemporanea su tutto il territorio nazionale, con la partecipazione di oltre 50mila agricoltori, per celebrare dai territori gli 80 anni dell’associazione agricola.

In particolare, secondo la mappa realizzata da Coldiretti, nel Lazio i danni stimati dai soli cinghiali (100mila esemplari) superano i 10 milioni di euro e in alcuni casi riguardano anche l’80% del raccolto. Oltre 10 milioni di euro i danni stimati in Calabria. Un fenomeno che si sta espandendo anche ad aree prima meno frequentate come quelle del Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia (20mila esemplari) e in Valle d’Aosta dove i cinghiali si sono spinti fino a quote che superano i 2mila metri. Pesante la situazione in Emilia Romagna dove solo nel Reggiano si stimano almeno 50mila esemplari; “dramma” sul fronte seminativi (specie per mais e girasole) in Umbria con una popolazione stimata di circa 150mila cinghiali. Sei milioni di euro i danni in Basilicata e 5 in Piemonte.

Qui la superficie danneggiata nel 2023 è stata di 34.432 ettari. Colpiti anche l’Abruzzo (i capi superano ampiamente le 100mila unità) con 4,5 milioni di euro di risarcimenti richiesti nel 2022, il Molise (40mila cinghiali) e la Campania (stimati danni per circa oltre 4 milioni di euro). Critica la situazione in Sardegna soprattutto a ridosso delle aree protette mentre in Sicilia non ci sono territori immuni e salgono i costi per la difesa, come i recinti elettrici. In Liguria da tempo i cinghiali si sono spinti fino alla costa e tanti i danni non solo alle colture ma anche ai tipici muretti a secco. Nelle Marche il 75% dei danni in agricoltura da fauna selvatica è causato dai cinghiali. Tra risarcimenti alle aziende agricole e da incidenti stradali la Regione spende circa 2 milioni di euro all’anno.

Risarcimenti, lamentano gli agricoltori, che arrivano spesso dopo molti anni e solo in minima parte. “Non coprono mai il valore reale del prodotto distrutto, con la conseguenza – rileva Coldiretti – che molti rinunciano a denunciare”. Cinghiali e fauna selvativa anche causa di incidenti, 170 nel 2023, ricorda l’associazione agricola, secondo l’analisi su dati Asaps, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. A questo si aggiunge l’allarme della peste suina africana, non trasmissibile all’uomo, che i cinghiali, ricorda Coldiretti, rischiano di diffondere nelle campagne mettendo in pericolo gli allevamenti suinicoli e con essi un settore che, tra produzione e indotto, vale circa 20 miliardi di euro e dà lavoro a centomila persone. Da qui la richiesta dalle Assemblee Coldiretti “di mettere un freno immediato alla proliferazione dei selvatici, dando la possibilità agli agricoltori di difendere le proprie terre. Mancano, infatti, i piani regionali straordinari di contenimento”.

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Vino nel biberon per errore, bimbo 4 mesi in rianimazione

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Vino bianco al posto dell’acqua per preparare il latte in polvere a suo figlio di quatto mesi. Un errore, è l’ipotesi degli investigatori, commessa da una donna di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, che ha fatto finire il piccolo in coma etilico. Ricoverato in rianimazione all’ospedale pediatrico di Bari, le sue condizioni sono in lieve miglioramento. A fare insospettire la donna è stato il rifiuto del piccolo che dopo i primi sorsi avrebbe smesso di bere respingendo il biberon. A quel punto la sua mamma si sarebbe accorta di non aver mescolato il latte in polvere con l’acqua.

A farla sbagliare sarebbe stato il colore scuro della bottiglia in cui era contenuto il vino. Subito dopo aver compreso l’errore, la donna ha portato il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale Perrino di Brindisi dove il piccolo è arrivato già in coma etilico. Sottoposto a una lavanda gastrica, è stato intubato e trasferito d’urgenza all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari dove è stato ricoverato nel reparto di rianimazione.

La procura di Brindisi ha avviato un’indagine, ma al momento l’ipotesi prevalente dei carabinieri della compagnia di Francavilla Fontana è che sia stato un incidente domestico. Dai riscontri dei militari non sono emersi altri elementi. L’affanno dovuto alle incombenze quotidiane, la necessità di preparare in fretta il biberon per il proprio figlio e la bottiglia scura avrebbero portato la donna a sbagliare. E’ stato lo stesso bimbo, rifiutandosi di continuare a bere, a rivelare che quel liquido non era latte. Un segnale subito percepito dalla mamma che si è resa conto in pochi istanti quale fosse il vero contenuto della bottiglia da cui aveva prelevato il liquido credendo fosse acqua.

La corsa in ospedale è stata immediata, dall’abitazione al pronto soccorso del Perrino. Qui il piccolo è stato preso in cura dai medici che con stupore hanno accertato il coma etilico di un bimbo di soli quattro mesi. Un quadro clinico che ha allarmato il personale sanitario e che ha portato al trasferimento del bimbo a Bari dov’è stato sottoposto a specifiche cure. Al momento la prognosi è riservata ma i medici sono fiduciosi perché le condizioni del piccolo migliorano. La notizia ha scatenato tante reazioni anche sui social dove molti manifestano comprensione per “il dispiacere e per quello che sta passando in queste ore la mamma”, auspicando che “il piccolo possa presto riprendersi da questo brutto incidente”.

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