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Cronache

Lite in strada poi vengono travolti, morti 2 giovani

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Il dramma si e’ consumato pochi minuti prima delle 2 della scorsa notte, a Paladina lungo l’ex statale Dalmine-Villa d’Alme’, una delle piu’ trafficate arterie della Bergamasca: due ragazzi di 21 e 24 anni, entrambi di origine marocchina, sono stati investiti da un’auto, il cui conducente, sotto choc, si e’ poi allontanato e ha fatto ritorno sul posto 45 minuti piu’ tardi. A quel punto i soccorsi erano gia’ scattati, ma ogni tentativo di salvare i due giovani da parte del personale del 118 – intervenuto con due ambulanze e l’automedica, assieme ai vigili del fuoco del comando provinciale di Bergamo – si e’ rivelato vano: uno dei due era morto sul colpo, mentre per l’altro e’ stato tentato, inutilmente, un tentativo di rianimazione. I due ragazzi si chiamavano Brahim Amine Ben Faresse, di 24 anni, e Driss Ouaissa, di 21: entrambi vivevano a Bergamo, non lontano uno dall’altro. Il ventiquattrenne era nato in Marocco, il piu’ giovane a Bergamo da una famiglia giunta in Italia da tempo. Da quanto ricostruito dalla polizia stradale di Bergamo sulla base di alcune testimonianze, pare che i due, al momento dell’investimento si trovassero in realta’ gia’ sdraiati a terra, dov’erano finiti per una lite scoppiata ancora prima che entrassero in un vicino locale notturno, l’Evolution Cafe’, al confine con Alme’. Il sostituto procuratore di turno in Procura a Bergamo, Emanuele Marchisio, ha disposto l’autopsia su entrambi i corpi, che sono stati trasferiti alla camera mortuaria dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo al termine dei rilievi eseguiti dagli agenti della polizia stradale. L’automobilista, 61 anni, dopo essere tornato sul luogo dell’incidente tre quarti d’ora piu’ tardi, e’ stato identificato dagli stessi agenti e denunciato a piede libero per due reati: omicidio stradale e fuga. Sottoposto, come da prassi, all’alcoltest, e’ risultato avere un tasso alcolemico inferiore a 0,5 grammi per litro, al di sotto dunque del limite di tolleranza consentito dal Codice della strada. Stava tornando a casa dopo aver partecipato a una cena aziendale. La sua Golf e’ stata posta sotto sequestro per eventuali ulteriori accertamenti: dai primi rilievi, l’auto e’ risultata danneggiata nella parte sottostante e non sul parabrezza e sulla carrozzeria anteriore, come avviene quando ci sono investimenti di questo genere. Dettagli che confermano il racconto dei testimoni, ovvero che i due investiti erano a terra e di fatto la Golf gli e’ passata sopra. Il tratto dell’ex statale e’ scarsamente illuminato e in zona si erano gia’ verificati, in passato, altri incidenti. Inoltre, alcuni anni fa un anziano era caduto in una roggia dove non era presente un parapetto pedonale. L’ex statale non presenta attraversamenti pedonali nel punto in cui sono invece stati investiti la scorsa notte Brahim e Driss. La strada e’ oggetto da ormai diversi anni di un intervento di riqualificazione, che interessa pero’ un tratto piu’ a valle del tracciato, dove sono in corso i lavori di ampliamento.

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Cronache

Napoli, sequestrata nave turca con grano ucraino: conteneva sigarette di contrabbando

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Nave carica di mais e grano ucraino e sigarette di contrabbando. Carabinieri arrestano 4 persone, anche il comandante del cargo

Si tratta di una nave turca, battente bandiera panamense, dove i carabinieri della sezione operativa e radiomobile di Castellammare di Stabia hanno trovato migliaia di pacchetti di sigarette di contrabbando. Proveniente dall’Ucraina con un carico di mais e grano e attraccata nel porto di Torre Annunziata, l’imbarcazione nascondeva nella stiva circa 7000 pacchetti di sigarette di origini serbe ma destinate verosimilmente al mercato nero napoletano.

In manette il comandante della nave, un 39enne siriano di Tartus e 3 oplontini di 68, 57 e 58 anni. Questi ultimi avevano appena prelevato 500 stecche del carico (5000 pacchetti) e li avevano stipati in un’auto. Sono stati arrestati per contrabbando di tabacchi esteri.

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Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

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Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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