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Recovery Fund, la protesta del Sud: a noi 7 miliardi in meno

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Mancano sette miliardi di euro di fondi del Pnrr destinati alla regioni meridionali e governatori e sindaci, fatti un po’ di approfondimenti con le ragionerie, si sono resi conto che, per la scarsa capacita’ di progettazione tramite cofinanziamenti delle loro amministrazioni, gli arriveranno 82 miliardi di euro anziche’ 89, come si attendevano in base alle indicazioni per cui il 40% delle risorse per l’Italia doveva andare a colmare il gap nord-sud. E’ come se il 40% destinato al Mezzogiorno fosse calcolato solo su 206 miliardi di euro e non su tutti i 222 miliardi di fondi a disposizione. “Come temevamo, il Piano nazionale di ripresa e resilienza rischia di diventare la grande occasione mancata per il Sud”, denuncia ‘Recovery Sud’, la rete di oltre 500 sindaci che da tempo protesta “contro l’iniqua distribuzione dei fondi” e “sostiene la battaglia di Michele Emiliano, Vincenzo De Luca e degli altri governatori del Meridione perche’ siano rispettati almeno gli accordi sottoscritti a Roma con Ursula von der Leyen che prevedono il 40% al Sud”. “Soprattutto – sottolinea Recovery Sud – gli amministratori chiedono che i Comuni vengano messi realmente in condizione di intercettare i fondi che saranno messi a bando, scongiurando il rischio di una forte penalizzazione che colpisca proprio i municipi meridionali, spesso in difficolta’ nel reperire i fondi per i cofinanziamenti e per le progettazioni esecutive”. Piu’ che dalla percentuale di fondi del Pnrr che verra’ assegnata al Sud, il neo sindaco di Napoli Gaetano Manfredi e’ infatti preoccupato per la capacita’ dei comuni di spendere le risorse. “Sulla percentuale credo si possa lavorare – spiega a Sky Tg 24 – ma la cosa che mi preoccupa di piu’ non e’ tanto l’assegnazione dei fondi quanto la capacita’ di spendere. Con Draghi, il governo e il presidente della Regione, dobbiamo fare in modo che chi spende sia in grado di farlo. Spesso le strutture amministrative non sono all’altezza della sfida”. “Le regole sono complicate, credo che un investimento sulla macchina amministrativa sia indispensabile. I consulenti aiutano, ma il Paese – prosegue Manfredi – ha bisogno di una pubblica amministrazione strutturalmente efficiente. Di mettere persone giuste nei posti chiave scegliendo in maniera trasparente, dando piu’ potere ai sindaci e consentendo la spesa corrente”. Non e’ sorpresa la ministra per il Sud e la coesione Mara Carfagna. “Negli atti ufficiali del Governo validati dalla Commissione europea e’ scritto quello che ho ribadito infinite volte. Basterebbe quanto meno leggere le carte. In quelle carte – rileva la ministra – c’e’ scritto che il 40% del Pnrr viene calcolato sulla quota territorializzabile delle risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza e il 40% delle risorse territorializzabili risponde a 82 miliardi. Quindi e’ la scoperta dell’acqua calda, e’ una cosa che noi diciamo ormai da tanti mesi”. “Il problema non sono tanto le risorse che oggi ci sono – ha aggiunto Carfagna – : gli 82 miliardi si sommano agli 84 miliardi circa di fondi strutturali europei, a 73 miliardi del fondo nazionale di sviluppo e coesione, ai 13 miliardi e mezzo del programma europeo React Eu. In questa stagione le risorse ci sono. Credo che dovremmo preoccuparci di come spendere queste risorse e soprattutto di spenderle bene e nei tempi prestabiliti”. A cercare di placare i malumori interviene anche la ministra per le Pari Opportunita’ e la Famiglia, Elena Bonetti. “Mi sento di confermare non solo la volonta’ ma una progettualita’ che e’ scritta nero su bianco: la questione del sud, di riparare le disuguaglianze territoriali, e’ insieme al tema delle disuguaglianze di genere e generazionali uno dei tre assi strategici del Pnrr. Non e’ nelle cose che al Sud vadano meno investimenti di quanto siano previsti per il raggiungimento degli obiettivi”. Il tema della “discriminazione” nell’assegnazione al Sud dei fondi e’ stato affrontato a settembre dall’europarlamentare M5s Piernicola Pedicini con una interrogazione nella quale ha rilevato che i fondi “che, attraverso il piano nazionale per la ripresa e la resilienza, dovevano essere destinati alle aree svantaggiate” del Meridione “per ristrutturare, mettere in sicurezza o ricostruire asili nido e scuole per l’infanzia, sono stati agganciati al decreto del 30.12.2020 il quale prevede, fra i diversi criteri per l’aggiudicazione delle risorse, quello del ‘cofinanziamento’ del progetto”. ” La conseguenza di cio’ e’ stata che in diversi casi, comuni che insistono in aree nettamente piu’ sviluppate del Nord Italia, godendo quindi di un bilancio pubblico piu’ sano, hanno potuto cofinanziare la spesa del progetto anche per oltre il 50 % dell’importo, ottenendo cosi’ – ha detto Pedicini – un bonus di punteggio spropositato. Cio’ ha permesso che alcuni comuni piu’ ricchi si siano aggiudicati i finanziamenti per i progetti a detrimento di altri enti del Sud Italia i quali, non avendo un bilancio paragonabile per il cofinanziamento, si sono visti scivolare in basso nella classifica di valutazione, perdendo i fondi”. Per questo Pedicini ha chiesto alla commissione Ue se “il criterio del ‘cofinanziamento’, cosi’ come inserito nel decreto in oggetto, sia iniquo e contrario alla persecuzione dell’obiettivo trasversale di recupero del gap economico-sociale tra le aree piu’ e meno depresse d’Italia”.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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