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Cronache

Inchiesta Università, candidato si diede punteggio

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Punteggi auto-attribuiti dal candidato favorito e criteri di valutazione ritagliati su misura per colui che era stato prescelto. Sono alcuni dei presunti “schemi di condizionamento” dei concorsi universitari che spuntano in una serie di telefonate intercettate nell’inchiesta della Procura milanese su sospette assunzioni pilotate nel mondo accademico. Inchiesta che vede tra i 33 indagati, 24 docenti, quasi tutti della facolta’ di medicina della Statale di Milano, tra i quali gli infettivologi in prima linea durante l’emergenza Covid come i professori Massimo Galli e Massimo Adreoni. Mentre oggi i carabinieri del Nas hanno cominciato ad analizzare la mole di materiale raccolta ieri durante le perquisizioni e le acquisizioni, i pm Luigi Furno e Carlo Scalas, titolari dell’inchiesta assieme all’aggiunto Maurizio Romanelli, hanno convocato alcuni testimoni: Massimo Puoti, direttore del reparto Malattie infettive del Niguarda e ritenuto danneggiato in una delle 13 procedure finita sotto la lente degli inquirenti e Maria Rita Gismondo, anche lei nota virologa del Sacco, sull’assunzione a tempo determinato di 4 dirigenti biologici da assegnare all”Unita’ Operativa Complessa Malattie infettive 3′ quella universitaria guidata da Galli. Puoti, per circa tre ore, e’ stato sentito sul concorso che e’ costato l’iscrizione nel registro degli indagati anche del candidato vincente Agostino Riva, della segretaria di Galli e di due componenti della commissione giudicatrice, il professore alla Sapienza di Roma, Claudio Maria Mastroianni, e la professoressa dell’Universita’ di Palermo, Claudia Colomba. I due, assieme a Galli, avrebbero attestato, e’ l’ipotesi, che il “prospetto contenente i punteggi attribuiti fosse il risultato del lavoro collegiale della commissione e che fosse stato predisposto nel corso della riunione telematica” del 14 febbraio 2020. Secondo gli accertamenti finora svolti, invece tale documento “veniva concordato solo successivamente da Riva e Galli”. Il medico, prima di lasciare la Procura, ha rinnovato la sua stima per Galli. Dopo di che e’ stata la volta di Maria Rita Gismondo, a cui sarebbe toccato ripercorrere davanti ai pm quei giorni dell’aprile 2020, in piena pandemia, quando il direttore generale dell’Asst a cui fa capo il Sacco, Alessandro Visconti – pure lui tra gli indagati – raccomandava a tutti il rispetto della legalita’. Fu lei, responsabile del reparto di microbiologia clinica, virologia e diagnostica bioemergenze, ad essersi impuntata, minacciando anche di sporgere denuncia, ritenendo che, visto il carico di lavoro dovuto alla mole di referti, almeno due di quei 4 dirigenti al centro del concorso per cui Galli risponde di turbata liberta’ degli incanti, dovessero essere destinati alla struttura che dirige. Dopo di che si sarebbe disinteressata della questione, convinta che tutto si sarebbe svolto in modo corretto. In quei giorni in piena pandemia i turni erano massacranti, e come accadde, alla fine arrivarono due biologi di rinforzo. “Non voglio dire nulla – ha detto prima di rendere testimonianza- aspetto che la giustizia faccia il suo corso”. Intanto tra gli atti dell’indagine, – che si e’ sviluppata dopo la denuncia di alcuni studenti della facolta’ di via Festa del Perdono che nel 2018 erano stati avvicinati da un ‘millantatore’ che aveva chiesto soldi in cambio dall’ammissione – spuntano alcune telefonate tra il virologo milanese e Riva. Conversazioni, a riscontro delle accuse, in cui quest’ultimo avrebbe indicato a Galli i “punteggi” che doveva attribuirgli la commissione che lo ha giudicato e anche quali “sub criteri” dovevano essere messi nel bando per il ruolo di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell’apparato digerente. Galli oggi si e’ recato dal suo legale, l’avvocato Ilaria Li Vigni, che si e’ limitata ad affermare: “Per ora e’ prematuro dire qualcosa in quanto conosciamo solo le contestazioni sommarie contenute nell’informazione di garanzia e non le fonti di prova sui cui si basano i capi di imputazione”.

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Cronache

Tragedia ad Anzola Emilia: uccisa l’ex vigilessa Sofia Stefani, interrogato ex comandante

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Un tragico evento ha scosso la comunità di Anzola Emilia, in provincia di Bologna. Sofia Stefani, 33 anni, ex vigilessa, è stata uccisa da un colpo di pistola alla testa all’interno della sede del Comando della polizia locale, conosciuta come la ‘Casa Gialla’. Il presunto responsabile del delitto è Giampiero Gualandi, ex comandante dei vigili di Anzola, attualmente sotto inchiesta.

L’incidente è avvenuto poco prima delle 16, in una stanza del comando della polizia locale dove Sofia Stefani e Giampiero Gualandi si erano incontrati. Al momento della tragedia, i due si trovavano soli nella stanza, sebbene nell’edificio fossero presenti altre persone. Le forze dell’ordine stanno conducendo un sopralluogo accurato alla ‘Casa Gialla’ e interrogando i testimoni per ricostruire esattamente quanto accaduto e comprendere la natura del rapporto tra la vittima e il sospettato.

Giampiero Gualandi, ancora in servizio presso il comando di Anzola Emilia, sarà interrogato con l’assistenza di un difensore. Le autorità stanno cercando di chiarire se il colpo di pistola sia stato un tragico incidente o se ci sia stato un movente dietro l’omicidio. Non è ancora chiaro quale fosse la relazione tra Gualandi e Stefani, ma i carabinieri stanno esplorando tutte le possibili piste, inclusa quella di un conflitto personale o professionale.

La notizia ha profondamente colpito la comunità locale, che conosceva bene Sofia Stefani per il suo lavoro come vigilessa. I colleghi della polizia locale e i residenti di Anzola Emilia sono in stato di shock, in attesa di ulteriori sviluppi dalle indagini. Il municipio, situato a pochi passi dal luogo del delitto, è diventato un punto di raccolta per coloro che vogliono esprimere il loro cordoglio e la loro solidarietà alla famiglia della vittima.

La morte di Sofia Stefani rappresenta una tragica perdita e pone interrogativi inquietanti sulla sicurezza e sulle dinamiche interne al comando della polizia locale di Anzola Emilia. Mentre le indagini proseguono, la comunità spera che venga fatta piena luce su quanto accaduto.

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Inchiesta a Genova, interrogatorio Spinelli: gli intricati legami di potere e le promesse mancate

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L’indagine per corruzione che coinvolge importanti figure della politica e dell’economia ligure continua a rivelare dettagli e complicazioni. Durante l’interrogatorio di garanzia, l’imprenditore Aldo Spinelli, posto ai domiciliari insieme al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, ha offerto uno spaccato dettagliato delle sue interazioni con le autorità per ottenere favori legati alla proroga trentennale del Terminal Rinfuse.

Spinelli, durante l’interrogatorio guidato dal giudice Paola Faggioni, ha descritto come ha cercato di influenzare le decisioni a suo vantaggio, sottolineando contatti e telefonate con Toti, a cui si rivolgeva per risolvere problemi analogamente a quanto faceva con predecessori come Burlando. L’imprenditore ha ammesso di aver bonificato 40 mila euro al Comitato Toti come riconoscimento per l’interessamento del presidente, anche se sostiene che non ne sia conseguito alcun vantaggio diretto.

La conversazione ha toccato anche la situazione di Paolo Emilio Signorini, presidente dell’Autorità portuale, a cui Spinelli prometteva un posto di lavoro a Roma da 300 mila euro, illustrando così la rete di promesse e favori che caratterizzano il settore. L’interrogatorio ha anche evidenziato l’accusa verso altri membri influenti dell’autorità portuale, tra cui Rino Canavese, l’unico a votare contro la proroga della concessione, criticato duramente da Spinelli per le sue posizioni.

Le dichiarazioni di Spinelli hanno aperto uno squarcio su una realtà di gestione dei pubblici poteri in cui gli interessi personali e quelli economici sembrano intrecciarsi a discapito della trasparenza e dell’equità. La questione della spiaggia dell’Olmo, che Spinelli sperava di trasformare da libera a privata, è solo un esempio delle molteplici richieste fatte a Toti, tutte rimaste inevasive secondo l’imprenditore.

Questo scenario complesso mostra quanto possano essere intricate le relazioni tra politica, economia e gestione del territorio, soprattutto in contesti dove le risorse economiche si mescolano con le carriere politiche. L’inchiesta, quindi, non solo cerca di fare luce su specifiche accuse di corruzione, ma sottolinea anche la necessità di una maggiore trasparenza e integrità nelle interazioni tra imprenditori e pubblici ufficiali.

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Cronache

Richiesta urgente di intervento al Ministro della Giustizia per risolvere le disfunzioni del processo telematico a Nola

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Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Nola ha trasmesso un appello urgente al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, evidenziando gravi disfunzioni nel sistema di processo telematico (PST) utilizzato dai Giudici di Pace nel circondario del Tribunale di Nola. Questa problematica sta impattando negativamente sul regolare svolgimento delle udienze e, di conseguenza, sul diritto di difesa dei cittadini.

La delibera, esecutiva immediata dal 10 maggio, è stata inviata anche a figure chiave nel sistema giudiziario, tra cui il Dirigente CISIA di Napoli, Giovanni Malesci, la Presidente della Corte di Appello di Napoli, Maria Rosaria Covelli, e la Presidente del Tribunale di Nola, Paola Del Giudice. La comunicazione segnala la costante e quotidiana inefficienza del sistema, che sta causando notevoli ritardi nelle procedure giudiziarie e aumentando gli arretrati a causa dei continui rinvii d’ufficio.

Il documento illustra una serie di incidenti, tra cui verbali d’udienza irreperibili o caricati solo parzialmente nel sistema, testimonianze non registrate a causa di problemi di connettività, e documenti misallocati nei fascicoli telematici. Tali disfunzioni contrastano con l’obiettivo della riforma “Cartabia” di accelerare i processi e ridurre gli arretrati, rendendo il sistema attuale un ostacolo piuttosto che un facilitatore.

Il Consiglio ha richiesto la formazione di un tavolo tecnico urgente che coinvolga tutti gli operatori del settore giudiziario per formulare un piano d’intervento. Nel frattempo, ha proposto un provvedimento provvisorio che permetta ai Giudici di Pace di gestire le udienze attraverso la verbalizzazione cartacea, come soluzione temporanea al doppio binario, fino a quando le disfunzioni del sistema PST non saranno risolte.

Questo appello sottolinea la necessità di un’immediata revisione delle infrastrutture informatiche nel settore giustizia, per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il rispetto dei diritti dei cittadini.

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