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Effetti del Covid, secondo uno studio l’82% delle persone ospedalizzate sviluppa problemi neurologici

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I pazienti ospedalizzati per Covid-19, cui sono stati diagnosticati sintomi neurologici collegati alla malattia, hanno sei volte più probabilità di morire in ospedale rispetto a quelli senza complicazioni neurologiche. Questa la principale evidenza di uno studio su scala globale del Global Consortium Study of Neurologic Dysfunction in Covid-19 (Gcs-NeuroCovid) per raccogliere e analizzare dati sull’incidenza, la gravità e gli esiti delle manifestazioni neurologiche del Covid-19. A capo dello studio Sherry Chou, M.D., M.Sc., professore associato di medicina di terapia intensiva, neurologia e neurochirurgia presso l’università di Pittsburgh School of Medicine e Upmc, che spiega: “Sin dall’inizio della pandemia, è parso evidente che un buon numero di persone con sintomi abbastanza gravi da dover essere ospedalizzate hanno sviluppato anche problemi neurologici. A un anno di distanza, stiamo ancora combattendo contro un nemico invisibile e che conosciamo poco. Come in ogni battaglia, le informazioni sono importantissime: dobbiamo imparare il più possibile sugli impatti neurologici del Covid-19”. Con dati raccolti in 133 luoghi abbracciando tutti i continenti a esclusione dell’Antartide, il Gcs-NeuroCovid è ad oggi un grande studio sul collegamento tra danni neurologici e Covid-19. Su un gruppo di 3.744 pazienti adulti ospedalizzati per Covid-19, l’82% presenta sintomi neurologici. Quasi 4 pazienti su 10 hanno riferito di avere mal di testa, e circa 3 su 10 hanno detto di aver perso l’olfatto o il gusto. Delle sindromi diagnosticate clinicamente, la più diffusa risulta essere l’encefalopatia acuta (ha colpito quasi la metà dei pazienti), seguita da coma (17%) e ictus (6%).

“L’encefalopatia acuta è di gran lunga il sintomo più comune che vediamo in ospedale”, ha detto Chou, anche direttore associato del Pitt Safar Center for Resuscitation Research, “questi pazienti possono essere in uno stato sensoriale alterato o avere una coscienza compromessa, o agiscono in maniera confusa, delirante o comunque agitata”. Più rari, nonostante le preoccupazioni iniziali circa la capacità del coronavirus di attaccare direttamente il cervello e causare gonfiore e infiammazione del cervello, sono risultati essere meningite ed encefalite, verificatisi in meno dell’1% dei pazienti ricoverati.

Lo studio ha stabilito che chi ha una condizione neurologica preesistente di qualsiasi tipo – ad esempio, malattie del cervello, del midollo spinale e dei nervi; emicranie croniche, demenza o malattia di Alzheimer – ha il doppio delle probabilità di sviluppare complicazioni neurologiche legate al Covid-19. Qualsiasi sintomo neurologico legato al Covid-19 – da qualcosa di apparentemente innocuo come la perdita dell’olfatto a eventi importanti come gli ictus – è associato a un rischio sei volte maggiore di morire. Dallo studio emerge, inoltre, che anche per chi guarisce, le prospettive di salute a lungo termine rimangono incerte. “Anche quando la pandemia sarà completamente sradicata, milioni di sopravvissuti avranno bisogno del nostro aiuto”, spiega Chou, “è importante scoprire quali sintomi e problemi di salute stanno affrontando questi pazienti, e abbiamo ancora molto lavoro da fare”.I ricercatori hanno analizzato i dati di tre diversi tipologie di pazienti: il primo gruppo comprende tutti i 3.055 pazienti ospedalizzati per Covid-19, indipendentemente dal loro stato neurologico; il secondo gruppo comprende 475 pazienti ospedalizzati con sintomi neurologici clinicamente confermati compilati dal Gcs-NeuroCovid Consortium; il terzo gruppo comprende 214 pazienti ospedalizzati che hanno richiesto una valutazione da parte di un neurologo e hanno fornito il consenso a partecipare al Registro Neuro-Covid della European Academy of Neurology (Energy), partner del Consorzio Gcs-NeuroCovid.

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Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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