Collegati con noi

Politica

Crimi non è il capo del M5s, lo dice un giudice

Respinto il ricorso a Cagliari La soddisfazione di Casaleggio Per Conte è un nuovo ostacolo

Pubblicato

del

La sentenza della Corte di Appello di Cagliari, che ha respinto il ricorso di Vito Crimi contro la nomina di un curatore speciale nella causa intentata dalla consigliera regionale sarda Carla Cuccu, consegna di fatto il Movimento Cinquestelle all’instabilità. Il percorso rifondativo di Conte si ferma. Per tutto il giorno quelli che sono rimasti nel M5S hanno provato ad immaginare una soluzione. Contatti continui a tutti i livelli. Tutti, da Giuseppe Conte a Beppe Grillo, da Luigi Di Maio a Vito Crimi, persino Bonafede, hanno provato a trovare una soluzione. La Procura con tutta probabilità chiederà di votare il comitato direttivo, rimettendo in corsa (e in competizione) diversi big storici: da Di Maio a Virginia Raggi, da Lucia Azzolina a Danilo Toninelli. Con esiti politici e equilibri futuri assolutamente imprevedibili.


Il tribunale, infatti, ha confermato che Crimi non è il legale rappresentante del Movimento. Per capirci, Crimi può anche andare in Tv e impegnare il M5S con le sue interviste, ma per il Tribunale di Cagliari, lui non è il capo del Movimento, è un abusivo. La notizia ha fatto scoppiare la guerriglia interna. Diversi parlamentari hanno chiesto le dimissioni dell’ex reggente dal comitato di garanzia. Francesco Berti lo ha fatto apertamente con un tweet, Vincenzo Spadafora in un’intervista all’ Huffington Post ha detto che “non basta” un passo indietro del senatore lombardo per risollevare il Movimento, Stefano Buffagni ha citato Napoleone: “Non ci sono cattivi reggimenti, ma solo colonnelli incapaci”. Mentre il gruppo parlamentare chiede un cambio, gli espulsi per il no al governo Draghi – sulla scorta della causa sarda – si preparano a una babele di battaglie legali (che potrebbero essere ipoteticamente tutte in sedi giudiziarie differenti). Barbara Lezzi ha già presentato ricorso contro la sospensione e l’espulsione.
Molti parlamentari cacciati sono pronti a chiedere il conto dei danni, ma i Cinque Stelle a Montecitorio e a Palazzo Madama fanno sapere che non intendono scucire denaro per danni “provocati da altri”. Crimi è solo. Non rappresenta nulla, non rappresenta nessuno, molti dei suoi gli chiedono di levare il disturbo.

Davide Casaleggio

Come se non bastasse c’è l’attacco durissimo di Davide Casaleggio. L’Associazione Rousseau spiega con un lungo post la sua versione degli avvenimenti: dichiara il M5S privo di un “capo politico”, si schiera dalla parte dei fuoriusciti (“le espulsioni potrebbero essere annullate”) e ipotizza come soluzione il voto del comitato direttivo (su Rousseau). Un voto che ostacola la svolta: Conte secondo le regole M5S non potrebbe candidarsi. “Il Movimento 5 Stelle a oggi non è in grado di esprimere alcuna volontà e chiunque decida di impegnare il Movimento rispetto a qualunque atto di ordinaria o straordinaria amministrazione, parla a titolo personale”, si legge nel post. Rousseau mette il Movimento spalle al muro.


In effetti, le poche possibilità di una via d’ uscita da una situazione kafkiana passano (anche) da un accordo con Davide Casaleggio, che al momento si è rifiutato di consegnare i dati degli iscritti a Crimi, in quanto non lo riconosce come rappresentante legale. Ora la sentenza sarda sembra giocare a favore dell’imprenditore. Per capirci Conte può diventare Capo del M5S ma non senza essere stato votato dagli iscritti. L’elenco degli iscritti ce l’ha Casaleggio che non lo dà a nessuno ma solo al capo del M5S che allo Stato non c’è. Siamo al grottesco. Una parabola grottesca di un Movimento che aveva raccolto quasi un terzo dei voti degli italiani. E Conte? Il salvatore della Patria che cosa fa? Conte avrebbe pronte due carte: ha preparato un ricorso al garante della privacy per ottenere i dati degli iscritti. Strada non  semplice. Oltretutto lo stesso garante, che secondo i vertici M5S potrebbe affidare i dati ai Cinque Stelle, è impegnato a risolvere un’altra questione: i rilievi mossi proprio al Movimento per questioni di privacy e sicurezza agli Stati generali. Insomma, un altro cortocircuito. Ecco allora la terza via: strappare con il passato. Una soluzione che, però, non piace a Grillo. Come dichiarato dall’ex premier, statuto e carta dei valori sono pronti e da settimane è stata individuata una piattaforma alternativa per l’e-voting . Forse per costruire il futuro il M5S dovrà partirà da zero (e senza gli iscritti storici).

Advertisement

Politica

Il giorno dopo di Vannacci, Salvini lo blinda

Pubblicato

del

Roberto Vannacci continua a far parlare di sé. Il segretario leghista Matteo Salvini lo blinda, annunciando che lo avrà al suo fianco a Roma, all’uscita ufficiale del libro ‘Controvento’. Da quando è stata ufficializzata la sua candidatura, il generale è rimasto nell’agone politico. Prima la bagarre sulla giornata scelta per l’annuncio, il 25 aprile, seguita dalla diatriba interna al partito, ancora in corso. Poi le frasi infelici di Vannacci a La Stampa, sulle classi separate per i disabili e quel Benito Mussolini “statista”, che hanno scatenato anche la ferma presa di distanza dei ministri leghisti. Dal canto suo Vannacci ha derubricato tutto a ‘beghe’ nella Lega. “Giorgetti? Diatribe interne al partito che reputo più che legittime ma che non mi interessano. Lasciamo che si esprimano i cittadini, quello conta”, la risposta ad Affari Italiani. Il generale, ormai incensato come candidato indipendente dal Capitano, si aspetta la vera legittimazione alle urne.

“E’ normale che chi ha militato per tanti anni in un partito veda con scetticismo una persona che, dall’oggi al domani, entra a farne parte anche con tanti consensi e ‘viene vista come usurpatrice’, ha affermato sul canale Youtube di Hoara Borselli, ribadendo che alla fine saranno “gli elettori a scrivere il nome sulla scheda a stabilire chi aveva ragione”. Così Vannacci tira dritto attraverso la bufera che ha scosso la Lega e il centrodestra. Tra gli alleati ci sono stati momenti di imbarazzo. Ed è dal palco di Pescara – alla kermesse di FdI ‘snobbata’ da Salvini – che è arrivata una stoccata dalla seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa: “Buon per lui che non ha un bambino portatore di handicap, altrimenti capirebbe di aver detto una sciocchezza”. Forti applausi del pubblico.

Il forzista e vice presidente della Camera Giorgio Mulè ha rincarato la dose: “Il generale Vannacci ha detto una solenne fesseria, per giunta gravemente offensiva”, ha detto Mulè, paragonando le frasi a quelle del partito di estrema destra tedesco Afd sui disabili a scuola, “del tutto sovrapponibili a quelle di Vannacci”. Vannacci non viene risparmiato nemmeno dall’uscente eurodeputata – compagna di lista – Susanna Ceccardi, in totale disaccordo con lui. O dalla Lega del Friuli Venezia Giulia e da quella del Veneto, che si uniscono al coro di chi non “voterà” il candidato scelto da Salvini. Vannacci, così come il segretario, non si curano delle critiche. E guardano a martedì, quando saranno a Roma, l’uno accanto all’altro, per l’uscita del libro di Salvini, “Controvento”. Intanto il generale traccia la linea della sua corsa, contro l’imposizione di “un pensiero unico” e promuovendo il “sogno italiano invece che quello americano”.

Continua a leggere

Politica

Schlein attacca Meloni: ha perso il contatto con la realtà

Pubblicato

del

Sarà che l’annuncio non era inaspettato, sarà la vasta eco mediatica del discorso della premier Giorgia Meloni, ma le critiche dell’opposizione alla “discesa in campo” arrivano in tempi record. “La presidente del Consiglio si divide tra palazzo Chigi e la propaganda di TeleMeloni e ha perso il contatto con la realtà”, punta il dito immediatamente la segretaria del Pd Elly Schlein. Meloni l’ha tirata in causa varie volte nel corso dei suoi 73 minuti di intervento alla kermesse di Pescara. Quasi a pregustare una sfida a due sul campo delle europee.

E il leader di Azione, Carlo Calenda, scioglie le riserve e poco dopo annuncia anche la sua corsa per l’Europarlamento, in tandem con Elena Bonetti. Schlein incassa l’affondo ironico della premier sullo scarso supporto del Pd alla sua leadership (“Siccome non sono la segretaria del Pd,sono sicura che il partito mi darà una mano”) e rilancia sui contenuti. Cita “la sanità pubblica e le infinite liste d’attesa che si allungano per i suoi tagli”, i “salari bassi, la precarietà, la sicurezza sul lavoro di fronte a 1041 morti nel 2023” e fotografa una premier “nel paese delle meraviglie” che “seppellisce i problemi sotto un fiume di retorica”. ‘L’Italia è cambiata’, dice lei. Purtroppo sì, ma in peggio”.

Giuseppe Conte, invece rilancia uno degli slogan della premier, “Con Giorgia L’Italia cambia l’Europa” e commenta sarcastico: “Per una volta la premier ha ragione. Le abbiamo lasciato un’Italia che riportava a casa 209 miliardi del Pnrr per infrastrutture, investimenti, sanità. Nemmeno il tempo di arrivare a Bruxelles da premier, ha dato l’ok a un accordo con tagli da 13 miliardi l’anno che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un’onda di austerità. Da ‘patriota’ a Re Mida al contrario: quel che tocca distrugge. Fermiamola!”. “Il duo sciagura dell’opposizione, ovvero Schlein e Conte, sente avvicinarsi il momento di un’altra sconfitta e anziché chiedersi perché gli elettori guardano al centrodestra, attaccano Giorgia Meloni”, chiosa il capogruppo dei deputati Fdi Tommaso Foti.

Per Calenda “la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario” e impongono di “rispondere a questa sfida mettendosi direttamente in gioco”. “Dopo aver consultato il direttivo del partito, io ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni”, annuncia. Iv punta il dito con Luciano Nobili (“Carlo Calenda non è un candidato, è un pagliaccio”) postando un video in cui il leader di Azione diceva che non si sarebbe presentato per l’Europarlamento. Interviene anche Matteo Renzi: “Giorgia Meloni chiede di votarla per le Europee ma sa perfettamente che non andrà al Parlamento Europeo. A lei non interessa contare davvero in Europa: le serve contarsi in Italia. Non è una statista, è un’influencer”.

“Chi non vuole il progetto dell’Europa delle piccole patrie di Giorgia Meloni ma una grande Patria Europea vota la rivoluzione degli Stati Uniti d’Europa”, gli fa eco il compagno di viaggio Riccardo Magi (Più Europa). Da Avs, Angelo Bonelli pone una tema di copertura mediatica: “Mentre a noi sono riservati pochi secondi, quando capita, alla presidente del consiglio Giorgia Meloni sono consentite dirette TV anche quando parla da leader di Fratelli d’Italia come oggi, e come già successe alla festa di Atreju: alla faccia della par condicio, questa é TeleMeloni. Reclamiamo un intervento dell’Osce durante tutta la campagna elettorale”.

Continua a leggere

Politica

Meloni contro Report, per l’Usigrai è “editto albanese”

Pubblicato

del

“Aiutatemi a mandare a Edi Rama la nostra solidarietà per venire linciati solo per avere tentato di aiutare la nostra nazione”, dice Giorgia Meloni attaccando Report, il programma su Rai3 di Sigfrido Ranucci che è dal giorni al centro di una polemica con il premier albanese. La presidente del consiglio parla dal palco di Fdi di Pescara, spiegando che “addirittura Telemeloni, ce l’avete presente no, Telemeloni? Ha confezionato un servizio sull’Albania in cui si dipingeva come un narcostato”.

Se Ranucci posta subito il suo intervento e replica, Usigrai parla di ”editto albanese”, il presidente Fnsi Vittorio Di Trapani lo difende in nome della libertà di stampa, solidarietà a Report anche dai componenti della Commissione di vigilanza del Pd che scrivono: ”per Meloni ogni voce fuori dalla propaganda di palazzo Chigi è un attacco alla sua leadership. Invece di spiegare agli italiani lo spreco immane di risorse per l’accordo Italia-Albania se la prende con il servizio pubblico”. ”Il presidente Giorgia Meloni dal palco di Fratelli d’Italia a Pescara ha commentato il servizio “(HOT)SPOT albanese di Giorgio Mottola”, scrive Sigfrido Ranucci su Facebook .

”La Meloni – aggiunge – ha invitato a dare solidarietà a Rama. Ma ci sono i sondaggi in Albania che mostrano che il popolo albanese, in percentuali tra il 60% e l’80% crede più a quanto riportato da Report, che alla versione di Rama. Torneremo sul tema questa sera con un servizio che indagherà gli scarsi risultati del decreto Cutro fino ad ora. Con documenti esclusivi racconteremo invece come alcuni esponenti di primo piano del governo abbiano sfruttato a proprio vantaggio i depistaggi sulle ong alla base di alcune inchieste giudiziarie”. ”Altro che difesa dell’informazione di Servizio Pubblico, del giornalismo di inchiesta! Dalle parole che la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dedicato oggi da Pescara al programma di approfondimento giornalistico della Rai è chiaro che questo va fermato. Dopo l’editto Bulgaro siamo ora a quello Albanese”.

Lo scrive l’Usigrai in una nota. ”Il governo della sovranità alimentare, del made in italy e del sovranismo, improvvisamente diventa esterofilo quando si tratta di unirsi al linciaggio del giornalismo d’inchiesta e della libertà di stampa. Io invece sto con la libertà di @reportrai3”,scrive il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani su X. Mentre per il co-portavoce nazionale di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli ”La premier vuole manipolare la realtà attaccando anche il giornalismo d’inchiesta, come nel caso di Report, e dà solidarietà al premier Rama senza rispondere nel merito. Povera democrazia e povera Italia, governata da chi vede il mondo con i paraocchi”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto