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Politica

Casaleggio dichiara guerra a Conte, il M5s ostaggio delle sue astruse regole

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C’e’ un nuovo ostacolo che frena la corsa di Giuseppe Conte verso la leadership del M5s: la Corte di Appello di Cagliari ha infatti stabilito che i 5 stelle sono attualmente privi di una rappresentanza legale in grado, quindi, di legittimare i prossimi passi necessari all’avvio della nuova stagione del Movimento guidato dall’avvocato di Volturara Appula. E non e’ tanto la sentenza, che infatti il Movimento si e’ affrettato a derubricare come un atto da iscrivere solo nell’ambito del processo da cui e’ nata: la decisione, commentano infatti gli avvocati M5s, “ha una portata limitata e ben circoscritta” e dunque non c’e’ “nessun accertamento in via assoluta e definitiva circa la carenza di un rappresentante legale del Movimento”. Sono le conseguenze che questo atteso verdetto ha scatenato nel Movimento. Davide Casaleggio, che guida l’opposizione al progetto rifondativo di Giuseppe Conte, ha infatti lanciato l’offensiva. Con un lungo post sul blog delle Stelle, ormai organo ufficiale di Rousseau, il presidente dell’associazione ha nell’ordine dichiarato il M5s privo di “un capo politico”, si e’ schierato per la nomina di una governance collegiale, ha intimato “chiunque decida di impegnare il Movimento rispetto a qualunque atto di ordinaria o straordinaria amministrazione” a parlare “a titolo personale”, ha evocato la “responsabilita’ personale” di Vito Crimi e dei capigruppo di Camera e Senato a “rispondere” delle espulsioni decise nei confronti dei parlamentari che non hanno votato la fiducia a Draghi, dichiarato “illegittimo” sia il nuovo e contestassimo regolamento economico per i parlamentari, sia il Comitato di Garanzia del M5s. Una vera e propria dichiarazione di guerra che mette in fila sul tavolo di Conte un’enormita’ di ostacoli da superare. Insomma, a meno che Conte non decida di rifondare dal nulla il Movimento, Casaleggio opporra’ fino all’ultimo ogni arma in suo possesso: quella della lista degli iscritti al M5s che si rifiuta di consegnare se non nelle mani di un “capo politico” che, dice, “ora non c’e'”, e che Rousseau ritiene debba essere solo quel Comitato direttivo deciso dagli Stati Generali. E quella dell’uso della piattaforma Rousseau per il voto: Casaleggio ha infatti ribadito che allo stato, considerati i mancati pagamenti, non ci sono i soldi per fare votazioni. A questo si aggiungono i rischi di nuove sentenze di annullamento delle espulsioni, come quella decisa a Cagliari nei confronti della consigliera regionale Carla Cuccu che ha dato origine alla nomina di un curatore legale in rappresentanza del Movimento e all’odierno rigetto del ricorso contro questa decisione fatto dal M5s. Il curatore, l’avvocato sardo Silvio Demurtas, si ritiene il nuovo rappresentante del Movimento “a tutti gli effetti”, almeno fino a che non verra’ eletto un vero rappresentante. All’orizzonte, presumibilmente a giugno, ci sara’ anche il pronunciamento del Tribunale di Roma sulla “class action” presentata da 11 parlamentari ( ma se ne aggiungeranno altri) contro la loro espulsione. E loro hanno gia’ messo nero su bianco nel loro ricorso che si attendono un risarcimento danni da parte del “rappresentante pro tempore” del M5s, vale a dire da Vito Crimi.

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Fitto: dal 2020 sprecati 300 miliardi in bonus e superbonus

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“Cosa è stato fatto dal 2020 ad oggi con la sospensione del patto di stabilità?” che ha permesso di aumentare la spesa pubblica. Nel 2019 l’Italia ha speso 810 miliardi, nel 2022, fuori dal Patto di stabilità ne ha spesi 1.084 miliardi. “Sono circa 300 miliardi di euro in più. Dove sono andati? Cosa è stato fatto? Si sono fatti investimenti strutturali? Intelligenti? Che hanno cambiato la prospettiva del nostro Paese?. No sono andati tutti in bonus e superbonus che hanno aumentato il debito e che non hanno inciso in nessun modo sullo sviluppo e la crescita del Paese”. Lo ha detto il Ministro degli Affari Europei, del Sud, della Coesione e del Pnrr Raffaele Fitto alla Conferenza Programmatica di Fdi a Pescara.

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Politica

Unirai, anche oggi circo mediatico-politico-sindacale

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”Pochi giorni fa qualcuno si stracciava le vesti rilanciando le fake news sull’imminente addio alla Rai da parte di Ranucci e Sciarelli per essere clamorosamente smentito dopo meno 24 ore. A seguire la “bufera” sulla presunta censura a Scurati, smontata anche quella come emerge oggi su alcuni quotidiani di opposti orientamenti. Poi la democrazia in pericolo e l’allarme fascismo, liquidato ieri con poche parole dal portavoce Ue Christian Wigand”.

Lo afferma in una nota il sindacato Unirai, liberi giornalisti Rai. ”Nel menù di oggi dell’ormai ben noto e sempre meno credibile circo mediatico-politico-sindacale spunta il premio di risultato per i giornalisti Rai cancellato e il martire sindacalista e dirigente reo di aver fatto solo delle ironie via social, il tutto condito da una spruzzata di dichiarazioni nel tentativo ridicolo di delegittimare una nuova voce libera presente dentro la Rai. Avviso ai naviganti: Unirai ha tutte le carte in regola per far sentire la sua voce e il suo peso. È stato riconosciuto dall’azienda – ripetiamo – come sindacato significativamente rappresentativo a livello nazionale dei giornalisti Rai. Leggere, studiare, documentarsi. Fare un respiro profondo.

Accettare la realtà. Si fa anche una figura più dignitosa. Per quanto riguarda il premio di risultato l’azienda ha disdetto un accordo siglato nel 1993 con l’intento di sostituirlo con strumenti più vantaggiosi, come già fatto per tutti gli altri dipendenti, sul piano della tassazione. Come abbiamo già detto – concludono – vigileremo perché nessuno sia penalizzato dal nuovo accordo, ma certamente non ci metteremo su questo a fare terrorismo. Sulla questione relativa all’utilizzo dei social, e al rispetto che bisogna avere tra colleghi, infine invitiamo alla lettura della legge sulla professione, del codice etico e del regolamento di disciplina aziendale”.

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Superbonus, detrazione in 10 anni e controlli ai Comuni

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Estendere la detrazione del Superbonus da 4 a 10, o anche 15 anni. Coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri, con in cambio un ‘premio’ pari al 50% dei maggiori incassi. Poter usare il credito della detrazione per pagare le tasse. Ed estendere le deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura anche ad altre aree colpite da eventi sismici, o alluvionali. Sono alcune delle principali richieste con cui è partito l’assalto dei partiti al decreto Superbonus. Ma dopo gli allarmi piovuti da più parti sull’impatto sul debito della spesa ormai abnorme per il maxi incentivo e sui rischi di un nuovo allentamento, si restringono gli spazi per eventuali modifiche. Su una cosa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è già detto favorevole: l’ipotesi di spalmare le detrazioni sul Superbonus su 10 anni, anziché i 4 attuali.

E proprio in questa direzione vanno diversi emendamenti, anche bipartisan, presentati alla commissione Finanze del Senato, in cui figura anche l’ipotesi di allungare i tempi a 10 o anche a 15 anni. In particolare, alcune proposte avanzate da Fi, Lega, Iv e M5s, riguardano le detrazioni, prevedendo, per le spese sostenute nel 2023, la possibilità di ripartirle in “dieci quote annuali di pari importo”. Opzione possibile attraverso la dichiarazione dei redditi di quest’anno. L’altra strada proroga uno strumento già previsto per le spese del 2022 nel dl Aiuti quater, che agiva sul fronte dei crediti di imposta: gli emendamenti prevedono la possibilità di usarlo anche per i crediti comunicati entro il “4 aprile 2024”, spalmandone così l’utilizzo su dieci anni, anziché sui quattro ordinari. Se la prima strada consentirebbe un ampliamento della platea dei beneficiari, la seconda avrebbe invece un impatto positivo sul debito.

Che, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, resterebbe abbondantemente sotto quota 140%. Riguarda le detrazioni anche la proposta, in due emendamenti uguali di Fi e Iv, di poter trasformare l’importo della detrazione per gli interventi con i bonus edilizi in credito d’imposta: questo permetterebbe al contribuente di usare il credito per pagare non solo l’Irpef ma anche l’Iva, le ritenute, l’Imu, la cedolare secca; salvando così l’ammontare eccedente i limiti dell’imposta (Irpef o Ires) con cui la detrazione è oggi ammessa in dichiarazione. Ma le richieste dei partiti si concentrano anche sull’estensione delle deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura, che il decreto limita alle zone colpite dal sisma del 6 aprile 2009 e 24 agosto 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Una proposta bipartisan chiede di estendere (ma con un tetto alla deroga di 100 milioni per il 2024) la deroga anche alle aree – per cui sia stato dichiarato lo stato d’emergenza – colpite dagli eventi sismici verificatisi dal primo aprile 2009 e dagli alluvioni del 2022 nelle Marche.

Ma le richieste di deroga sono molte e interessano diversi territori colpiti da eventi sismici o alluvionali, dall’Emilia Romagna a Ischia, dal Molise a Calabria e Basilicata, dai Campi Flegrei all’area etnea. E’ firmata dalla Lega, ma nasce da un’idea della commissione, infine, la proposta di coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus. L’emendamento, del presidente della Finanze Massimo Garavaglia, ha l’obiettivo di “potenziare” il contrasto alle frodi e prevede per i Comuni un incentivo pari al 50% delle somme e sanzioni eventualmente incassate. In attesa della scrematura dei 355 emendamenti depositati in commissione, l’esame riprenderà martedì 30 aprile: si partirà dall’emendamento del governo che proroga di 2 mesi (dal 30 aprile al 30 giugno) il termine per i Comuni per approvare i piani finanziari e le tariffe relativi alla Tari. Insieme al subemendamento del Pd che – spiega la senatrice Cristina Tajani, che lo firma – punta a “far salve le delibere già adottate tra maggio 2024 e la data di entrata in vigore del decreto”.

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