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Il 2020 del Papa, dal Covid il dovere della fraternità

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Il Papa da solo, nella sua talare bianca sotto la pioggia di una Piazza San Pietro completamente vuota, risale con passo lento i gradini del sagrato della Basilica. Sulle spalle, mentre il crepuscolo avanza su Roma e il Vaticano, sembra portare il peso del mondo piegato dalla sofferenza. E’ il 27 marzo di quest’anno, Venerdi’ di Quaresima, e Francesco – nel suo momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia – sembra catalizzare su di se’ le paure e lo smarrimento diffusi come non mai, avvertendo tutti che “non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”, e indicando una strada “necessaria per far fronte all’avversita’”, “quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli”. E’ un’immagine di una potenza unica, che restera’ scolpita nella Storia, quella di Francesco in preghiera davanti alla frattura epocale che la pandemia ha portato nel corso degli eventi e nella vita di ciascuno. Ed e’ l’immagine che racchiude in se’ questo 2020 di papa Bergoglio, che nell’ottavo anno del suo pontificato si e’ immerso totalmente e in prima persona nella trincea globale del Covid-19. Una partecipazione intima e personale, quella del Pontefice argentino, alle sofferenze dei malati, delle famiglie delle vittime, agli sforzi degli operatori sanitari, perfino alle difficolta’ dei governi nel fare fronte al diffondersi dei contagi. Praticamente dal marzo in poi, dai momenti del primo lockdown, ogni discorso, ogni appello, ogni catechesi, ogni omelia di Francesco – tra cui quelle delle messe celebrate ogni mattina a Santa Marta in streaming per stare vicino ai fedeli privati delle celebrazioni -, pur senza la partecipazione dei fedeli per rispettare le norme anti-contagio, si puo’ dire contenga riferimenti al grave momento per l’umanita’, con lo sguardo rivolto in particolare ai piu’ fragili e bisognosi, la coscienza che molto dipende anche dai pesanti danni inferti al Pianeta, e la certezza interiore che “nessuno si salva da solo”. Soprattutto con la volonta’ che dalla crisi si debba “uscire migliori”, in un mondo che guarisca non solo dal Covid ma anche dalle tante piaghe della poverta’, dell’esclusione, della mancanza di solidarieta’. Un messaggio che, nel magistero di Francesco, viene da lontano e percorre l’intero pontificato, ma che prende corpo in forma organica il 3 ottobre di quest’anno nell’enciclica “Fratelli tutti”, che il Papa va a firmare ad Assisi, la citta’ del santo da cui ha preso il nome. Un testo-chiave, la terza enciclica di Bergoglio, in cui la fraternita’ universale viene prospettata, in una forma quasi profetica, come l’unica via di salvezza non solo nei rapporti tra le religioni (e qui si evidenzia la discendenza dal Documento sulla Fratellanza umana formato dal Papa nel febbraio 2019 ad Abu Dhabi col grande imam di Al-Azhar), ma anche tra i popoli, le nazioni, i singoli individui. E’ stato questo un anno in cui il Papa ha dovuto sospendere anche i viaggi: del tutto quelli internazionali, mentre in Italia, oltre ad Assisi, e’ stato in visita il 23 febbraio a Bari – subito prima dell’avvento planetario del Coronavirus – per l’incontro per la pace promosso dalla Cei con tutti i vescovi del Mediterraneo. Erano i giorni di un altro testo cruciale per Francesco, ‘Querida Amazonia’, l’esortazione post-sinodale sul polmone del Pianeta. Ma di viaggi Francesco ne ha annunciato gia’ uno per i primi mesi del nuovo anno, quando forse le campagne di vaccinazione cominceranno a far intravedere la luce in fondo al tunnel: dal 5 all’8 marzo 2021 in Iraq, nelle terre dell’ex Stato islamico e tra i cristiani assoggettati ad anni di soprusi e persecuzioni. E mentre la riforma della Curia procede con l’esame in bozza della nuova costituzione apostolica, la ‘Praedicate evangelium’, mentre altri momenti fondamentali del 2020 sono stati la pubblicazione del Rapporto sulle malefatte sessuali dell’ex cardinale di Washington Theodore McCarrick, la nomina 13 nuovi cardinali, di cui nove ‘elettori’, nel Concistoro del 28 novembre, il rinnovo dell’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi, altre rilevanti riforme vengono apportate dal Papa nel campo della trasparenza degli appalti vaticani e delle competenze in materia economico-finanziaria: in particolare togliendo alla Segreteria di Stato la gestione di fondi e immobili e trasferendola all’Apsa, sotto il controllo della Segreteria per l’Economia. Una scelta, quest’ultima, dettata degli scandali e dalle inchieste giudiziarie proprio sull’uso di tali fondi – come per l'”opaca” acquisizione dell’immobile in Sloane Avenue a Londra – che tra le conseguenze hanno avuto anche l’amara decisione del Papa, in una drammatica udienza il 24 settembre scorso, di privare drasticamente uno dei suoi piu’ stretti collaboratori, l’ex sostituto e prefetto per le Cause dei santi Angelo Becciu, dell’incarico in Curia e dei diritti e delle prerogative del cardinalato.

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Esteri

‘Chora è una moschea’, scintille Erdogan-Mitsotakis

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La moschea di Kariye a Istanbul, un tempo chiesa ortodossa di San Salvatore in Chora e tesoro del patrimonio bizantino, diventa tempio della discordia tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier greco Kyriakos Mitsotakis, nel giorno della visita del leader ellenico ad Ankara proprio per confermare la stagione di buon vicinato tra i due Paesi dopo decenni di tensioni. Le divergenze sulla moschea si sono riaccese nei giorni scorsi, dopo che il 6 maggio scorso San Salvatore in Chora, chiesa risalente al V secolo e tra i più importanti esempi dell’architettura bizantina di Istanbul, è stata riaperta dopo lavori di restauro durati quattro anni.

Convertita in moschea mezzo secolo dopo la conquista di Costantinopoli da parte dei turchi ottomani del 1453, Chora è stata trasformata in un museo dopo la Seconda guerra mondiale, quando la Turchia cercò di creare una repubblica laica dalle ceneri dell’Impero Ottomano. Ma nel 2020 è nuovamente diventata una moschea su impulso di Erdogan, poco dopo la decisione del presidente di riconvertire in moschea anche Santa Sofia, che come Chora era stata trasformata in un museo. La riapertura aveva suscitato malcontento ad Atene, con Mitsotakis che aveva definito la conversione della chiesa come “un messaggio negativo” e promesso alla vigilia del suo viaggio ad Ankara di chiedere a Erdogan di tornare sui suoi passi in merito. Una richiesta respinta al mittente: “La moschea Kariye nella sua nuova identità resta aperta a tutti”, ha confermato Erdogan in conferenza stampa accanto a Mitsotakis.

“Come ho detto al premier greco, abbiamo aperto al culto e alle visite la nostra moschea dopo un attento lavoro di restauro in conformità con la decisione che abbiamo preso nel 2020”, ha sottolineato. “Ho discusso con Erdogan della conversione della chiesa di San Salvatore in Chora e gli ho espresso la mia insoddisfazione”, ha indicato in risposta il leader greco, aggiungendo che questo “tesoro culturale” deve “rimanere accessibile a tutti i visitatori”. Nulla di fatto dunque sul tentativo di Atene di riscrivere il destino del luogo di culto. Ma nonostante le divergenze in merito, la visita di Mitsotakis ad Ankara segna un nuovo passo nel cammino di normalizzazione intrapreso dai due Paesi, contrapposti sulla questione cipriota e rivali nel Mediterraneo orientale. A dicembre i due leader hanno firmato una dichiarazione di “buon vicinato” per sancire una fase di calma nei rapporti iniziata dopo il terremoto che ha ucciso più di 50.000 persone nel sud-est della Turchia, all’inizio del 2023. “Oggi abbiamo dimostrato che accanto ai nostri disaccordi possiamo scrivere una pagina parallela su ciò che ci trova d’accordo”, ha sottolineato Mitsotakis accanto a Erdogan, confermando la volontà di “intensificare i contatti bilaterali”. Perché “l’oggi non deve rimanere prigioniero del passato”.

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Un video per raccontare la lotta al tumore ovarico

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Le donne colpite dal tumore ovarico raccontano, condividono le loro paure, le loro speranza e allo stesso tempo chiedono maggiore attenzione verso questa grave patologia. L’iniziativa è realizzata dalle donne dell’associazione ALTo attraverso un video che da oggi, in occasione della Giornata mondiale contro il tumore ovarico, è disponibile su You Tube.

Il tumore ovarico è il settimo tumore più comune tra le donne a livello mondiale e costituisce l’ottava causa di morte per cancro femminile. Solo in Italia sono circa 6mila le donne che ogni anno ricevono una diagnosi di tumore ovarico. “Ogni donna che combatte contro il cancro ovarico ha una storia unica da raccontare e attraverso questo video vogliamo dare loro voce – spiega Maria Teresa Cafasso, presidente dell’Associazione ALTo – vogliamo mostrare al mondo intero la loro forza e determinazione e allo stesso tempo sensibilizzare sull’importanza della conoscenza precoce, dell’accesso ai trattamenti e della necessità di approvare nuovi farmaci per la cura delle frequenti recidive che spesso colpiscono le donne affette da questa malattia”.

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Nell’inchiesta su Toti l’ombra di una talpa

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Nell’inchiesta sul presunto comitato d’affari e corruzione che ha portato all’arresto (ai domiciliari) del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti spunta l’ombra di una talpa. E’ un aspetto su cui lavorano gli investigatori della guardia di finanza, coordinati dai pm Federico Manotti e Luca Monteverde, alla luce di quanto emerso dalle intercettazioni ambientali.

E’ il 30 settembre 2020. I fratelli Arturo Angelo Testa e Italo Maurizio Testa, iscritti a Forza Italia in Lombardia e da ieri sospesi dal partito, vengono a Genova per incontrarsi con alcune persone della comunità riesina. A quell’incontro si avvicina un uomo con la felpa e il cappellino.

“Viene riconosciuto in Umberto Lo Grasso (consigliere comunale totiano). Che dice a Italo Testa: “Vedi che stanno indagando, non fate nomi e non parlate al telefono …. Stanno indagando”. In tutta risposta Italo Maurizio Testa afferma: “si lo so, non ti preoccupare …. L’ho stutato (“spento” in dialetto siciliano, ndr)”. Questa condotta, scrive il giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, “appare in tal modo integrare il delitto di favoreggiamento personale, avendo il predetto – avvisando i fratelli Testa a non parlare al telefono essendo in corso indagini (“stanno indagando”) – fornito un aiuto in favore dei predetti ad eludere le investigazioni a loro carico”.

Ma chi ha avvisato Lo Grasso? Una ipotesi è che vi sia appunto una talpa visto che Stefano Anzalone, totiano anche lui e indagato nell’inchiesta, è un ex poliziotto che ha dunque agganci tra le forze dell’ordine. L’altra ipotesi è che si possa trattare di una sorta di millanteria dello stesso Anzalone che dopo le elezioni voleva togliersi di torno i fratelli Testa e non onorare le promesse fatte in cambio dei voti.

Tutti gli indagati citati in questo articolo sono da considerare presunti innocenti.

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