Collegati con noi

Politica

Da Berlusconi a Conte, tutte le crisi in Parlamento

Pubblicato

del

Nonostante il nostro sistema istituzionale sia una democrazia parlamentare, cioe’ con governi che devono la propria legittimita’ alla fiducia ottenuta o tolta dalle Camere, la parlamentarizzazione delle crisi di governo e’ una prassi nata nella Seconda Repubblica, mentre nella Prima i Presidenti del Consiglio si dimettevano dal Capo dello Stato non appena capivano di non avere piu’ l’appoggio delle Camere. Una prima forma di parlamentarizzazione della crisi ci fu nel 1994, allorquando in autunno la Lega tolse il proprio appoggio al governo di Silvio Berlusconi, presentando una mozione di sfiducia assieme al Ppi di Rocco Buttiglione. Berlusconi il 22 dicembre ando’ alla Camera ma, al termine del dibattito, si reco’ al Quirinale per dimettersi senza attendere il voto negativo per lui. Dopo quattro anni si registra il primo governo della Repubblica a cadere in Parlamento. Il Prc di Bertinotti tolse l’appoggio al governo di Romano Prodi che il 9 ottobre 1998 si presento’ alle Camere, dopo che meta’ dei deputati di Prc avevano lasciato Bertinotti per seguire Cossutta nel Pdci. Prodi cadde per un voto (313 a 312) a causa di due deputati di Ri: Silvio Liotta che voto’ contro e Irene Pivetti che non si presento’ in Aula. Dopo dieci anni cadde nuovamente in Parlamento il governo Prodi II, questa volta al Senato, dopo che a negare il sostegno all’esecutivo era stato l’Udeur di Mastella. Il 23 gennaio 2008 a votare la fiducia sono in 156, contro i 161 no. Al termine il Professore annuncio’ che avrebbe lasciato la politica per andare “a fare il nonno”. Un’altra crisi parlamentarizzata e’ stata quella del 2010. Il nuovo partito di Gianfranco Fini, Fli, aveva presentato una mozione di sfiducia al governo Berlusconi che il 14 dicembre si presento’ nell’Aula di Montecitorio, dopo alcune settimane in cui aveva persuaso diversi deputati a cambiare posizione. La sfiducia non passa (311 si’ contro 314 no) grazie ai “Responsabili” (Scilipoti e Razzi) e a tre deputati di Fli. Dopo un anno sara’ lo spread a indurre Berlusconi alle dimissioni senza passaggi parlamentari. A tentare di far cadere un governo nell’autunno 2013 e’ stato Berlusconi, che tolse la fiducia al governo di larghe intese di Enrico Letta (con Angelino Alfano suo vice) nato a fine aprile. Il premier lo sfido’ presentandosi l’11 dicembre in Senato, dove pero’ 24 senatori di Fi non obbedirono al Cavaliere e annunciarono il si’ alla fiducia. Repentino dietrofront di Berlusconi che fece votare si’ al suo partito (alla fine 173 voti per letta e 127 contrari), salvo poi uscire dal governo dopo la scissione del gruppo di Alfano. Dopo pochi mesi, il 13 febbraio 2014, a scaricare Letta e’ il suo stesso partito, il Pd, con un voto della Direzione nazionale. Quel giorno Letta penso’ di parlamentarizzare la crisi, come chiedevano le opposizioni, ma poi il giorno seguente sali’ al Quirinale e si dimise per lealta’ al proprio partito, aprendo le porte di Palazzo Chigi a Matteo Renzi. L’ultima parlamentarizzazione, seppur senza voto, di una crisi e’ quella del 2019. Dopo che Salvini al Papete aveva preannunciato l’intenzione di chiedere le urne, Conte il 20 agosto si presento’ in Senato dove, prima di salire al Quirinale,fece un intervento molto duro contro il suo vicepremier.

Advertisement

Politica

Rackete-Salvini,questa volta è duello elettorale

Pubblicato

del

Con l’avvicinarsi delle europee, si riaccendono vecchi conflitti. E’ il caso della ex comandante della Sea Watch Carola Rackete e del vicepremier Matteo Salvini: lei – durante un incontro pubblico per la candidatura di Ilaria Salis con Avs – ha accusato il leader della Lega di “incentivare” con le sue parole “i crimini d’odio”; lui – di rimando – l’ha definita ironicamente “la speronatrice”. Rackete, che senza permesso attraccò per far scendere migranti salvati in mare a Lampedusa nel 2019, ora è in corsa alle europee in Germania con Die Linke. Da quando Rackete, cinque anni fa, forzò il blocco a Lampedusa imposto proprio da Salvini. tra i due è partito un lungo braccio di ferro fatto anche di scontri verbali, culminati in un’accusa di diffamazione aggravata per Salvini ai danni di Rackete (per cui il Senato negò l’autorizzazione a procedere). Oggi è ‘la capitana’ ad attaccare: “Penso che le parole” di Matteo Salvini “continuino ad infiammare l’estrema destra, incentivando i crimini d’odio e polarizzano la società al posto di creare unità e giustizia sociale – afferma l’attivista -. Noi a sinistra siamo per i diritti umani, dignità e rispetto della vita e per un’equa transizione ecologica che ci garantisca un futuro sicuro su questo pianeta”.

Il capo della Lega le risponde a tono dopo qualche ora: “Io incentiverei i ‘crimini d’odio’ dice la speronatrice… E che bella coppia con la Salis! Il miglior antidoto a questi sinistri personaggi è un voto massiccio alla Lega”. Nel frattempo, la campagna elettorale mette pepe anche nei rapporti tra gli alleati di governo. A generare fibrillazioni tra Forza Italia e Lega è il decreto Salva-Casa, il provvedimento fortemente voluto da Salvini e atteso a giorni in Consiglio dei ministri. Pochi giorni fa, il ministro delle Infrastrutture e il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, si erano sentiti per parlare del destino di alcuni grattacieli al centro di un intervento della Procura. E l’idea del vicepremier era di lavorare a una norma bipartisan da inserire in fase di conversione del decreto in questione.

“Non consentiremo l’abusivismo del Pd – fa sapere il capogruppo forzista al Senato, Maurizio Gasparri -. Siamo contrari ai condoni che la sinistra vorrebbe per i grattacieli di Milano. Io starò molto attento perché il condono che vorrebbe Sala mi inquieta” e “sono certo che il Capo dello Stato non firmerà le sanatorie”. “Una volta c’era Berlusconi che difendeva la casa come bene fondamentale degli italiani, ora c’è la Lega che porta avanti una norma di buonsenso”, attacca la deputata del partito di via Bellerio Giovanna Miele. E lo stesso Salvini rilancia: “Sanatoria’? Non è una brutta parola, come vorrebbe qualcuno, se significa semplicemente regolarizzare piccole anomalie, liberando oltretutto gli uffici comunali dalle troppe pratiche bloccate”

Continua a leggere

Politica

Schifani: Lavorare a un campo largo con altre forze moderate

Pubblicato

del

“Bisogna lavorare a un campo largo nel centrodestra con il coinvolgimento di altre forze moderate. La coalizione che appoggia il candidato sindaco di Gela ne è un esempio”. Lo ha detto il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, intervenendo a Gela alla manifestazione elettorale a sostegno della candidata Grazia Cosentino, appoggiata dalla quasi totalità del centrodestra – a eccezione del Mpa – e da Italia Viva, presente nella città nissena con il capogruppo alla Camera Davide Faraone. “Le esperienze del campo largo nel centrosinistra – ha aggiunto Schifani – sono destinate a fallire perché sono solamente alleanze elettorali, che si sciolgono immediatamente dopo il voto perché non c’è intesa sui principali temi. A differenza di quanto avviene, invece, nel centrodestra, dove c’è una sintonia maggiore e più coesa tra le forze moderate”.

Continua a leggere

Politica

Schlein: Meloni affossa le libertà, noi unica alternativa

Pubblicato

del

“Da Madrid Giorgia Meloni, in mezzo a nazionalisti, franchisti, amici di Trump ci attacca dicendo che la sinistra cancella l’identità, intanto lei in questo anno e mezzo di governo sta cancellando la libertà degli italiani. Perché se hai un salario da fame non hai più libertà, mentre lei affossa il salario minimo. Perché se non ti puoi curare perché la prima visita la prenoti tra un anno, non hai libertà. Meloni si rassegni, noi continueremo a mettere in piedi un’alternativa che metta al centro la questione sociale”. Così la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein ad Alghero per la campagna elettorale per le Comunali e le Europee.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto