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Cronache

Brusca, stop dalla Cassazione ad altri sconti di pena

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Giovanni Brusca, l’ex boss condannato per le stragi di mafia del 1993 ed altri gravi reati, come il fallito attentato all’Olimpico e quelli al ‘pentito’ Salvatore Contorno, non ha ottenuto un ulteriore sconto di pena sulla condanna a 30 anni di reclusione che gia’ beneficia dei vantaggi della collaborazione. Lo ha deciso la Prima sezione penale della Cassazione presieduta da Giuseppe Santalucia con un verdetto depositato oggi e relativo all’udienza a porte chiuse svoltasi lo scorso 23 ottobre. Gli ‘ermellini’ hanno infatti respinto la richiesta di Brusca di detrarre 270 giorni di carcere presofferto dal cumulo della pena. L’ex boss finira’ di scontare i 30 anni nel 2022, e con questo verdetto della Suprema Corte gli e’ preclusa la ‘strada’ di uscire nel 2021. Stando alle dichiarazioni dei suoi avvocati, il fine pena per Brusca e’ previsto nel 2022. “Giovanni Brusca terminera’ di scontare la sua pena in carcere nel 2022, se la Cassazione non accogliera’ la richiesta di collocarlo ai domiciliari, ma potrebbe tornare libero alla fine del 2021 perche’ ha uno ‘sconto’ di 270 giorni come previsto dal regolamento carcerario”, aveva detto nell’ottobre dello scorso anno l’avvocato Antonella Cassandro, uno dei legali che – senza successo – aveva presentato il ricorso di Brusca per ottenere i domiciliari dalla Suprema Corte che pero’ aveva detto ‘no’. Parere favorevole alla detenzione domiciliare era invece stato espresso dal Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, dalla direzione del carcere di Rebibbia, e dalle autorita’ di pubblica sicurezza di Palermo. Brusca dunque continuera’ a rimanere in cella perche’ ad avviso dei supremi giudici i 270 giorni di ‘sconto’ non si possono applicare al suo cumulo di pena in quanto si riferiscono a una condanna a tre anni di reclusione, per il reato di calunnia ai danni di un giudice commesso il 30 luglio 1997 nel processo Andreotti, quando non si era ancora deciso a collaborare e portava avanti un piano di depistaggio. Cosi’ il ricorso del mafioso che ha premuto il timer della strage di Capaci e sciolto nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo, e’ stato dichiarato inammissibile con condanna al pagamento di tremila euro alla Cassa delle Ammende.

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‘Ndrangheta, maxi operazione a Cosenza con 137 indagati

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Maxi operazione interforze contro la ‘ndrangheta a Cosenza ed in altri centri del territorio nazionale: i Carabinieri del Comando Provinciale di Cosenza, la Polizia di Stato, attraverso il personale delle Squadre Mobili di Cosenza e Catanzaro, della SISCO di Catanzaro e dello SCO, i Finanzieri del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Cosenza, con il GICO del Nucleo Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro e lo SCICO di Roma, con il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, hanno dato esecuzione all’ordinanza cautelare, emessa dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, nei confronti di 137 indagati, ed in via di evoluzione , sulla base della ritenuta sussistenza di gravi indizi in ordine ai delitti, a vario titolo ipotizzati, nei loro confronti, tra cui, rispettivamente, associazione di tipo ‘ndranghetistico, associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato dalle modalità e finalità mafiose, nonché in ordine ad altri numerosi delitti, anche aggravati dalle modalità e finalità mafiose.

Il procedimento per le fattispecie di reato ipotizzate è attualmente nella fase delle indagini preliminari. I dettagli saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa

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Cronache

Assolto Fabio Furlan, un verdetto che non chiude il caso: il mistero irrisolto dell’omicidio di Cristofer Oliva

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Dopo quindici lunghi anni di attesa e indagini, il caso di Cristofer Oliva, lo studente scomparso di Chiaiano, continua a essere un enigma irrisolto, segnato da un nuovo capitolo giudiziario che lascia più domande che risposte. Il recente verdetto pronunciato dall’Aula 318 della prima assise d’appello ha visto l’assoluzione di Fabio Furlan, l’unico imputato, per non aver commesso il fatto, un’espressione che sottolinea la mancanza di prove sufficienti per una condanna.

Il giudice Abbamonte, che ha letto il verdetto con visibile esitazione, ha respinto la richiesta di condanna a 22 anni, accogliendo invece le argomentazioni della difesa, rappresentata dagli avvocati Luigi Petrillo e Dario Vannetiello. Questa decisione non solo solleva Furlan da ogni colpa, ma intensifica il dolore di una famiglia che ancora cerca risposte. La famiglia di Cristofer, assistita dagli avvocati Valerio De Maio e Paolo Stravino, continua a chiedere che le indagini proseguano per rompere il “muro di silenzio, reticenza e omertà” che ha sempre circondato questo caso.

Il processo, che si è trascinato per anni tra Napoli e Roma, ha visto momenti di svolta significativi, incluso il ritorno degli atti a Napoli dalla Cassazione, prima per una carenza di gravi indizi e poi per garantire a Furlan la possibilità di difendersi adeguatamente. Nonostante l’assoluzione, Furlan è stato condannato a sei anni per reati legati alla droga, una pena minore rispetto alla possibile condanna a 22 anni per omicidio.

Il cuore del mistero risiede nel giorno della scomparsa di Cristofer, il 17 novembre 2009. L’ultima persona a invitarlo fu proprio Furlan, che usò una cabina telefonica per fissare l’appuntamento. Tuttavia, non ci sono prove concrete che i due si siano effettivamente incontrati quel pomeriggio. Circa un’ora e mezza dopo, Furlan è stato visto in pubblico con l’ex ragazza di Cristofer, suscitando sorpresa tra gli amici per l’apparente inopportunità dell’incontro.

Gli avvocati di Furlan hanno sottolineato l’improbabilità che un ragazzo di 19 anni potesse commettere un omicidio, far sparire il corpo, e poi presentarsi pulito e composto in così breve tempo. Questo punto, insieme ai motivi ipotizzati dell’omicidio – gestione di piantine di canapa e gelosia – rimangono deboli e non sufficienti per attribuire colpe.

Questo verdetto non solo lascia la famiglia Oliva senza giustizia, ma anche senza un luogo di sepoltura per Cristofer, privandoli del conforto di un addio. La loro speranza è che la verità emerga nonostante l’assoluzione, e che nuovi elementi possano finalmente fornire le risposte tanto attese. Mentre la giustizia sembra aver raggiunto un vicolo cieco, la ricerca della verità deve continuare, per Cristofer e per tutti coloro che ancora sperano nella giustizia.

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Berlinguer, atto ignobile sulla tomba di mio padre

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“Un atto vigliacco e ignobile”. Sono le parole della figlia, la giornalista Bianca Berlinguer che sul proprio profilo Instagram ha denunciato gli atti vandalici sulla tomba di suo padre Enrico Berlinguer, nel cimitero Flaminio di Roma. “Nei quarant’anni dalla morte di papà la sua tomba è sempre stata piena di fiori portati da tante persone che si sono fermate per un pensiero e un omaggio. E questo – scrive – sempre stato per noi figli un grande conforto. Nell’ultimo mese la tomba è stata per due volte vandalizzata da qualcuno (una o più persone): vasi distrutti, fiori buttati e aiuole calpestate. Un atto vigliacco e ignobile”.

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